Il progressismo puritano

di Roberto PECCHIOLI

Il progressismo contemporaneo è diventato un pensiero tribale, nel senso che crea ogni giorno nuovi gruppi, minoranze l’una contro l’altra armate alle quali attribuisce lo statuto di vittime per “proteggerle” dalle discriminazioni, creando così- più o meno consapevolmente- ingiustizie di segno nuovo. Pensiero tribale unito a un puritanesimo di fondo sempre più riconoscibile da chi abbia un minimo di dimestichezza con la storia.

Il puritanesimo originario- al di là della banalizzazione del termine – fu un movimento del protestantesimo calvinista sorto allo scopo di “purificare “la Chiesa da ogni elemento non espressamente previsto dalla Scritture. Finì con i patiboli nella Ginevra di Calvino e nell’Inghilterra di Cromwell. Intanto, i più avventurosi si imbarcavano per l’America decisi a realizzare sull’altra sponda dell’Atlantico il loro paradiso in terra. Le tracce del puritanesimo si rintracciano oggi nei movimenti del progressismo “risvegliato” (woke), tesi a cancellare ogni traccia di ciò che detestano, ossia la civiltà europea, occidentale, cristiana e bianca. Non è un caso che la cultura della cancellazione sia sorta ed esplosa negli Stati Uniti.

Altri paragoni rimandano al giacobinismo della rivoluzione francese, volto a distruggere tutto ciò che si opponeva alla sua visione fanatica (“pura”) di liberté, égalité, fraternité. La differenza con il puritanesimo è che forche e mannaie furono sostituite dalla più “igienica” ghigliottina. Più indietro nel tempo ci fu l’eresia catara. I Catari – anche in questo caso il significato è “i puri” – erano convinti che solo l’anima fosse opera di Dio, mentre il corpo è farina del demonio. L’opposizione dualistica tra spirito e materia, l’ascetismo forsennato, il disprezzo per la dimensione fisica dell’uomo li portò persino a suicidi collettivi, oltreché al rifiuto della proprietà privata, retaggio della materia. Forti soprattutto nella Francia meridionale, furono sterminati dalla crociata contro gli albigesi (Albi era la loro capitale) promossa da papa Innocenzo III e realizzata dai feudatari francesi.

La pretesa settaria, allucinata della purezza conduce sempre a drammi, tragedie e massacri, oltreché all’imposizione di forme di totalitarismo. Il politicamente corretto ne è un aspetto particolare, “liquido” e vischioso come il tempo presente. Lo schermo dietro cui si nasconde è l’idea di un mondo senza violenze di alcun genere, a cominciare da quelle morali e verbali, l’orientamento a costruire una cultura di pace in cui nessuno si senta escluso, emarginato, offeso. Totalitarismo mascherato da buone intenzioni, di cui sono piene le fosse. Lo storico Emilio Gentile dà una efficace definizione di totalitarismo ne La via italiana al totalitarismo. Partito e Stato nel Regime fascista. “Un esperimento di dominio politico, messo in pratica da un movimento rivoluzionario (…) che aspira al monopolio del potere e che, dopo averlo conquistato (…) distrugge e trasforma il regime preesistente (…) con l’obiettivo principale di raggiungere la conquista della società, cioè subordinare, integrare e omogeneizzare i suoi governati, secondo il principio della politica integrale dell’esistenza (…) e creare un uomo nuovo (…)”. I “puri” devono quindi politicizzare radicalmente l’esistenza umana.

Nel XX secolo, la politicizzazione implicava la presa del potere e l’imposizione di regimi monopartitici, ora il totalitarismo è liquido, sottile. Spoliticizzata dal trionfo integrale, definitivo del “liberismo reale” globalizzato, la vita è ripoliticizzata attraverso il controllo di un linguaggio moralmente e socialmente “accettabile” imposto nella sfera pubblica. Chi controlla il linguaggio finisce per controllare il pensiero, ossia lo politicizza nella misura in cui indirizza ogni espressione – accademica, artistica, culturale e giornalistica – a uno specifico scopo pseudo-morale. Riduce la ricchezza dell’espressione umana alle esigenze di una morale la cui volontà è che ogni atto produca una trasformazione sociale che smantella gli apparati ideologici e culturali della tradizione occidentale, vista come patriarcale, razzista, sessista, oppressiva.

Anche figure innocue come i protagonisti delle fiabe (la Bella Addormentata, Cappuccetto Rosso) devono essere cancellate, epurate. Le produzioni culturali rivolte ai bambini (giocattoli, film, libri) hanno lo scopo di mostrare e enfatizzare gli stili di vita difesi dal neomarxismo alleato del neocapitalismo (il Gatto e la Volpe), in genere profondamente depravati. Tutto è finalizzato alla distruzione della vecchia società e alla costruzione di quella nuova, compresi elementi francamente ridicoli come il cosiddetto linguaggio inclusivo.

Si tratta di tabù di nuovo conio, i cui trasgressori non sono più dissidenti o liberi pensatori, bensì eretici. Il pensiero, da universale è retrocesso a tribale (la tribù degli omosessuali, quella degli immigrati, quella della femministe eccetera). L’eretico “deve “essere perseguitato in quanto “empio”, immorale. La nostra società può essere definita la casa dell’impiccato, poiché a ogni eretico deve essere applicata una pena “esemplare”, in grado di punire ma anche di dissuadere: il principio maoista di “colpirne uno per educarne cento”. Il problema –enorme- è che nel mondo globalizzato la casa dell’impiccato non ha più muri o porte attraverso cui fuggire, o da richiudere come rifugio estremo di spazi personali, privati, intimi. E’ la maledizione della “trasparenza”, che lascia l’impiccato indifeso dinanzi al boia e ai suoi delatori. Ognuno è un potenziale eretico alla mercé dei puritani postmoderni.

Il potere sa che dorme in ognuno di noi un piccolo censore, portato alla luce da fatti o circostanze particolari: una è la pandemia, con il suo carico di paure alimentate dall’alto, prescrizioni, obblighi, divieti e la nuova moralità “distanziata”. I tabù di ieri attenevano particolarmente alla sfera etica e sessuale: quelli odierni non sono poi tanto diversi, è solo capovolta la “morale” prescritta. In più, il neo puritanesimo progressista ha individuato un bisogno innato nella condizione umana, la sicurezza. Che cosa altro sono, se non ossessioni securitarie declinate in forma nuova, la correttezza politica che impone di non offendere, di non toccare, di non giudicare, ma anche movimenti come il femminismo alla #Metoo e lo stesso Black LIves Matter (le vite nere valgono, sì, ma anche tutte le altre!). La sicurezza è il contrario del desiderio di libertà, ecco perché è stato così facile al Dominio erodere ogni spazio.

Per il puritano progressista la libertà è negativa perché conduce all’abuso strutturale, alla responsabilità personale, alla padronanza della vita. Meglio, molto meglio, la “pappa fatta”, il libretto delle istruzioni aggiornato a date fisse di ciò che è bene e ciò che è male, quello che si può dire e quello che si deve tacere o nascondere. Propongono/impongono di limitare la libertà che temono, sollevando nuovi tabù nei rapporti tra le persone, basati sul colore della pelle, sul sesso, sull’ orientamento”. Ordinano di esprimerci con una cortesia falsa, gelida, con un’attenzione paranoica alle parole, e in cambio offrono eufemismi ridicoli e pistolotti moralistici, manuali di “civiltà” e buone maniere, vigilanza dei costumi, repressione degli istinti. È uno sguardo malato che conduce alla nevrosi, esattamente come nelle “repressive” epoche passate. Gli eretici di ieri scoprono la loro autentica natura di inquisitori accigliati, appena sono investiti di un potere, anche minimo, come quello oscuro del delatore.

La preferenza per la sicurezza allude altresì al mantenimento dell’età infantile: il progressista puritano ci vuole bambini. Infatti tendiamo a non crescere, a non avere figli, all’ orrore della responsabilità e della decisione. Finiamo per accettare lezioni di vita dagli adolescenti, come Greta Thunberg e questo sinistro capovolgimento di ruoli desterebbe lo stupore di tutte le generazioni precedenti. Non è che i giovani siano più morali degli altri: siamo noi ad avere rigettato il ruolo di adulti. I genitori si vantano di essere amiconi dei figli, gli insegnanti dicono di imparare dagli studenti.

Il modello del puritano è Giovanni Calvino, il riformatore religioso che deviò dall’ortodossia senza abbandonare la fede fanatica e, raggiunto il potere a Ginevra, si comportò da inquisitore. Non casualmente, glorificava la ricchezza, segno del favore divino; i puritani progressisti contestano tutto, ribaltano ogni verità, ma tacciono sulle ingiustizie sociali.

Prima spettava al partito unico, ai giacobini o ai puritani del momento definire il bene e il giusto, adesso, in epoca di totalitarismo liquido, tocca ai chierici del politicamente corretto. All’inizio erano accademici stravaganti, desiderosi di “socializzare “le loro ossessioni, compulsioni e complessi psico- sessuali, ora sono i compassati oligarchi di Big Tech, della finanza e dell’industria ad organizzare il consenso neo-puritano attraverso campagne di marketing. I promotori più potenti ed entusiasti del progressismo risvegliato sono le organizzazioni transnazionali come l’ONU e le sue numerose “filiali “(Fao, OMS e simili) oltre alle grandi ONG (organizzazioni non governative), finanziate da super ricchi alla Soros, Bill Gates, Rockefeller, padroni di pressoché l’intera classe politica e intellettuale d’occidente senza distinzioni tra destra e sinistra.

Poi c’è la vasta rete di fondazioni e apparati che controllano il sistema dei “diritti umani”. Un osservatore che tornasse da un viaggio in un lontano pianeta si stupirebbe del ruolo subalterno di agente del neo puritanesimo svolto dalla Chiesa cattolica, in spregio del concetto di verità (che, secondo l’evangelista Giovanni, rende liberi). Mentivano ieri e l’altro ieri o mentono adesso?

L’essenza del totalitarismo – vecchio o nuovo-  fu descritta da George Orwell, e vengono i brividi osservando la perfetta aderenza alla nostra quotidianità. “Raccontare bugie credendo sinceramente in esse, dimenticando ogni fatto che non dovrebbe essere ricordato, e poi, quando necessario di nuovo, rimuoverlo dall’oblio solo per il tempo che ti conviene, negare l’esistenza della realtà oggettiva senza farti sapere per un momento in cui c’è una realtà che viene negata … tutto questo è indispensabile”.

Così, nell’ epoca attuale, la verità non ha importanza, nemmeno la semplice e ovvia verità biologica, ma solo le narrazioni “liberatorie” dei nuovi puri, risvegliati da un sonno millenario. Inoltre, qualsiasi dato oggettivo che minacci la tranquillità o la pace di coscienza di uno qualsiasi dei gruppi presunti oppressi, detentori del “privilegio ermeneutico”, l’interpretazione autentica e indiscutibile di tutto, storia, cronaca, natura, scienza, deve essere represso perché discorso di odio. Tutte le imposizioni saranno considerate oro colato, verità ultime, i Novissimi del neo puritanesimo progressista.

La tradizione cristiana – ma, anche quella liberale classica- accoglie la metafisica classica e l’antropologia di derivazione biblica legata alla legge naturale. Dovrebbe quindi essere agli antipodi di queste manipolazioni.  Se al centro di tutto vi è il logos e una theoria che precede la prassi, essa rivendica una realtà oggettiva, dove un ordine naturale universale è al di sopra di ogni consenso effimero degli uomini e di qualsiasi delirio dei tiranni del momento, l’ opposto al totalitarismo. I primi cristiani rifiutarono di adorare la Dea Roma e l’imperatore perché sapevano che la verità non poteva essere subordinata all’interesse politico. Quei culti erano semplicemente l’affermazione della superiorità della Pax Romana, che pure possedeva la sua nobiltà. Chiunque sia estraneo al liberismo oligarchico del Dominio si trova ora a fare i conti con nuovi culti “imperiali”: l’ecologia, il riscaldamento globale antropico, i “diritti sessuali e riproduttivi”, l’equivalenza generalizzata con l’eccezione del denaro, i comandamenti, le tavole della legge veicolate attraverso il politicamente corretto.

Molti credenti sono sgomenti dinanzi alla gerarchia ecclesiastica agente della Pax Globalistica, che altera, nega e cela la morale rivelata e naturale, degradando o addirittura cancellando i peccati di ieri per crearne di nuovi a misura del Dominio, preferendo la lotta al riscaldamento globale e alle “”discriminazioni” finanche alla salvezza delle anime. Gettano ponti laddove avrebbero dovuto opporre i muri di duemila anni di tradizione e abbracciano con sciocca credulità i nemici di sempre. Non è diverso il destino del pensiero liberale che sta dimenticando le libertà – la sua ragion d’essere – e anche quello degli ideali legati alla lotta contro le diseguaglianze sociali.

Tutto in nome di un feroce odio nei confronti della comune civiltà e della regressione puritana, il cui esito è sempre la repressione dei “non credenti”. La ghigliottina reale non c’è ancora, ma quella civile e culturale lavora a pieno ritmo. Conosciamo troppi esempi per elencarne altri, ma segnaliamo un nuovo, insidiosissimo fronte. Negli Stati Uniti si è diffuso l’inserimento di “clausole morali” nei contratti editoriali, nello stupore dei difensori della libertà e l’impotenza degli autori. Condizioni riservate, vincoli stringenti che consentono agli editori, in caso di “scandalo” o accuse provenienti dalla società, di rescindere i contratti, interrompere la distribuzione e pretendere la restituzione delle somme già versate.

Benvenuti nel mondo dei “risvegliati”, con vista sulla vita altrui per esigere l’espressione esclusiva di pensieri modello di condotta impeccabile, esempio di temperanza, carità, modestia, austerità, naturalmente secondo il canone inverso politicamente corretto. Grazie a #MeToo e ai media sociali, gli scandali includono l’accusa anonima senza prove e la reazione di condanna eterodiretta, in linguaggio giornalistico la “bufera mediatica”. La gamma di condotte e idee private ​​in grado di distruggere la vita è incommensurabile e soggetta ad aggiornamento quotidiano, a insindacabile giudizio del clero secolare neopuritano. Non è totalitarismo? I veri comportamenti criminali diventano indistinguibili da aneddoti e dicerie, Le pattuglie della psicopolizia non separano verità e finzione, speculazione e fatto provato: condannano ed eseguono la sentenza seduta stante.

Zuckerberg, Gates e il resto dei messia secolari di Silicon Valley sono, come gli scienziati del Progetto Manhattan che crearono la bomba atomica, la prova del tragico potere della tecnologia priva di riflessione morale. Hanno accettato di veicolare l’assurdo precetto dell’equivalenza, dell’immoralità di ogni distinzione. Per non ferire le suscettibilità, le differenze diventano incompatibili con la democrazia, ovvero si fuoriesce dalla democrazia per entrare nel territorio del pensiero unico, obbligato quanto preconfezionato.

L’intero fenomeno deriva dall’odiosa corrispondenza tra cultura e razza, o cultura e religione, o cultura e genere, inventata dai nuovi puritani politicamente corretti. Credere che la razza o il sesso/ genere determini la nostra intera sensibilità e visione del mondo e che non possiamo oltrepassare quei confini imparando, leggendo, ascoltando musica, osservando opere d’arte, è profondamente razzista. Eppure si arriva a denunciare l’appropriazione culturale di un cuoco che prepara un piatto messicano, l’assurda imposizione della razza di un traduttore per le poesie di una ragazza nera.

L’ultimo grido del razzismo integrale dei nuovi catari è la scelta del sindaco di Chicago, una signora afroamerica che rifiuta di rispondere alle domande dei giornalisti bianchi. Un apartheid grottesco, ma di inaudita pericolosità, una purissima regressione tribale incompatibile non solo con la libertà o la democrazia, ma anche con l’elementare convivenza. Una società di questo genere, spezzettata, ridotta a mucillagine, non può sopravvivere. Nessuna identità si tutela con la segregazione o la separazione indotta. Se è forte e vitale, resiste, si impone e si trasmette. Se è il simulacro di se stessa, muore senza meritare il cordoglio. Questo vale anche per temi assai dolorosi: affermare, ad esempio, che la disabilità non esiste, è un costrutto sociale, non crea una società migliore, ma, al contrario, impedisce una vera cura per chi ha bisogno di un’attenzione più profonda e soprattutto differenziata.

Il pensiero puritano politicamente corretto separa, non unisce; segrega e non integra. Da un lato, promuove un’uguaglianza fittizia che, anche nel caso di malattia mentale o disabilità, richiede di negare l’esistenza di un problema. Non c’è disabilità, solo “differenza”. Contemporaneamente afferma il contrario: le persone “appartengono” al loro sesso, genere o preferenza sessuale, e questi spezzoni di identità determinano l’intera esperienza umana.

La logica è il peggior avversario della correttezza politica, come la verità e la realtà sono nemiche del neo puritanesimo progressista, pensiero regressivo. Non è una polarizzazione: è una frattura tribale che soffoca la libertà e il pensiero. I tabù che disseminano il percorso sono il sintomo. Siamo sempre più vicini allo scenario di Fahrenheit 451, una società in cui i libri sono banditi e la missione dei vigili del fuoco è bruciare quelli che rimangono. Nel presente, in nome della “purezza”, dell’uguaglianza e dell’equivalenza.

Pochi decidono ciò che i molti possono sapere; ciò che è esistito o non è esistito nella storia. Solo il pazzo o il fanatico sono capaci di ingannare se stessi. Per ora, ci dicono “soltanto” che cosa si può dire, studiare, e quali libri si possono pubblicare. Ma arriverà il momento in cui qualcuno si incaricherà del rogo.

L’ uomo onesto è a disagio nella società del male come una guardia in una banda di ladri. Non ci resta che proclamare quel che scrisse Edmund Burke davanti alle follie della rivoluzione francese: “perché il male trionfi, è sufficiente che gli uomini buoni non facciano nulla”.