IL NUOVO DISORDINE MONDIALE

di Roberto PECCHIOLI

La bellezza salverà il mondo, esclama il principe Myshkin, l’Idiota di Dostoyevskji. L’ Idiota è il romanzo dell’intelligenza, la più alta, la più acuta. La comprensione puntuale e dettagliata di tutte le cose, ciascuna osservata diritta in volto, senza veli. Bellezza e Bene uniti nell’antropologia filosofica del più grande narratore, forse, della letteratura mondiale.  Natura ed Arte sono le figlie predilette della Bellezza.

Chi scrive non sa giudicare se la musica ed i testi di Giuseppe Povia, per il pubblico soltanto Povia, cantautore milanese, siano arte. Tuttavia, sono belle e gradevoli, riscaldano il cuore, aiutano ad orientarsi nel deserto. Il decimo CD del musicista si intitola, significativamente, Nuovo Contrordine Mondiale. Fa riflettere il titolo, non disordine, bensì contrordine. I creativi sanno cogliere nel segno con un tratto, una nota, una pennellata, una parola. Lo scenario del presente, ogni giorno più desolato, non è semplice disordine. E’ davvero, un “contrordine”, ovvero il contrario dell’ordine naturale, per di più diffuso, fatto digerire, imposto come un ordine superiore diramato da una cupola folle di nemici dell’uomo.

Povia non è che un cantante, non pretende di salvare il mondo o di lanciare messaggi decisivi. Ha però il merito di esporsi in prima persona contro la distruzione della famiglia, la follia omosessualista, in definitiva contro il Nuovo Ordine che tanto opportunamente ha rovesciato la natura nel suo contrario. Non a caso, i suoi brani sono autoprodotti, nessuna grande sigla musicale (le majors devote all’universalismo del denaro e della correttezza politica) li pubblica. Eppure, raggiungono un pubblico vastissimo, come dimostrano i numeri eccezionali delle visualizzazioni dei suoi video in rete, e non è certo un autore di secondo piano, vincitore del Festival di Sanremo del 2006, cantante favorito di un eroe nazionalpopolare come Francesco Totti, l’intramontabile calciatore core de Roma.

Ma si sa, le dittature non perdonano, e quella vigente, falsamente morbida, che ostenta l’altrettanto finta virtù della tolleranza, ipocritamente libertaria, ma intransigente con coloro che non si piegano ai suoi contrordini – decreti contro natura e contro verità- distrugge per esclusione, getta fuoristrada, proclama nuovi devianti. La stella gialla, oggi, viene fatta indossare a numerose categorie di eretici del XXI secolo, aperto, progressista ed ultraliberale: i difensori della famiglia naturale, gli avversari dell’omosessualismo e della teoria del gender (che, assicurano loro, “non esiste”), i sostenitori dell’identità dei popoli, delle tradizioni civili e religiose, e in definitiva tutti coloro che non si piegano al dogma postmoderno del Mercato sovrano. TINA, there is no alternative, non c’è alternativa, abbiamo raggiunto il punto più alto della civilizzazione!

Giuseppe Povia è fumo nei loro occhi: credente, militante dichiarato pro vita e pro famiglia, ha persino il barbaro coraggio di ridicolizzare una delle parole chiave della neolingua imposta dalla Crusca postmoderna, la terribile omofobia. Inventata non da un filologo, ma da uno psicologo americano nel 1971, George Weinberg, attivista omosessualista autore di un libro famoso, Society and the Healthy Homosexual, la cui libera traduzione è la società e l’omosessuale salutare, sano, omofobia altro non significa altro che paura dell’uguale. Un neologismo che consegue due obiettivi: tratta come patologia (fobia, paura irrazionale quanto immotivata, roba da Tavor o Prozac) sentimenti radicati nell’immaginario umano da millenni, ed intanto lascia perplessi, evita di spiegare. Di quale “uguale” avremmo paura?

Intanto il diritto penale sta per accogliere un nuovo titolo di reato, l’omofobia, appunto, che colpirà chiunque per il solo fatto di pensare che la sessualità normale non sia quella praticata dai falsi eroi del nostro tempo, i gay e il variegato universo LGBT. E’ proprio vero che ogni periodo storico ha la sua dogmatica e la sua apologetica a difesa della natura indiscutibile e quasi preternaturale delle proprie narrazioni. Maria Stuarda, la regina cattolica cui mosse guerra la casata dei Tudor in nome dell’anglicanesimo, beffardamente, volle cambiare il suo motto personale in La verità è figlia dei tempi, aforisma reso poi famoso da Francesco Bacone.  No, la verità non è figlia del tempo, ma soprattutto troppe credenze provvisorie, ideologiche o ufficiali non possono essere imposte con la violenza dei codici penali.

Negli Stati Uniti una fioraia di religione battista è stata condannata per non aver voluto fornire gli addobbi per un matrimonio tra gay. La Corte Suprema (la tentazione è di usare le minuscole!) dello stato di Washington ha respinto all’unanimità la sua difesa, stabilendo che la condotta della pericolosa criminale settantenne costituisce un “male sociale, contro cui lo Stato ha un interesse imperativo”. Tralasciamo di chiederci se l’imperativo addotto è quello etico kantiano, e prendiamo atto della violenza delle nuove ideologie obbligate. Ciò che non può essere criticato è il nervo scoperto che attiene allo strato profondo del potere. Il fatto è che si sta imponendo un modello inedito di stato etico alla rovescia, un contrordine inderogabile e non discutibile.

Allarma dover citare un brano della Filosofia del diritto di Hegel: “Lo Stato, in quanto spirito di un popolo, è al contempo la legge che penetra tutti i rapporti all’interno dello Stato e al tempo stesso i costumi e la coscienza degli individui.” Se ha ragione il genio di Stoccarda, di cui è debitore la cultura di due secoli, siamo già oltre la linea. Infatti, accettando senza ribellarci al quinto Evangelo, il Contrordine Mondiale di Povia, significa che i nostri Stati moderni, spirito dei popoli occidentali, rappresentano correttamente i principi generali, i costumi o valori (die Sitte, nel lessico hegeliano) e la coscienza degli uomini che li compongono.

Evidentemente abbiamo introiettato la nuova etica statale prescritta (precetto, prescrizione, dunque obbligo!) secondo cui il matrimonio non è (più) l’istituto giuridico di ascendenza naturale in cui si riconosce lo speciale legame tra uomo e donna; i figli non sono frutto di un’unione fisica tra i due sessi, quindi non c’è motivo o evidenza scientifica per preferire che crescano con un padre e una madre; non esistono sessi predefiniti, per cui possedere il pene o la vagina non è elemento decisivo per l’attribuzione , anzi l’autoattribuzione di un genere. Forse cominciamo a credere anche ad evidenze antibiologiche, ovvero, ci scusino i lettori dallo stomaco delicato, che l’ano non è anatomicamente fatto per essere penetrato.

Le opinioni dianzi esposte suonano come un’intollerabile blasfemia di un nuovo genere, e possono scatenare, oltre agli insulti dei cretini sui social media, la persecuzione giudiziaria, oltreché decretare la proscrizione pubblica di chi le pronuncia. Tutto ciò è contemporaneamente dittatura e stato etico, ovvero il nemico e lo spauracchio per eccellenza dei seminaristi della Democrazia.  Quanto ai diritti politici relativi alla libertà di pensiero riconosciuti dall’art. 21 della beneamata costituzione della repubblica una e indivisibile, cedono il passo alle tavole del Mosé postmoderno, gay friendly, nemico delle “discriminazioni”, alfiere del contrordine mondiale, così bello, buono e giusto da dover essere imposto fanaticamente, codice penale alla mano.

La verità non sembra interessare granché neppure alla più grande agenzia di senso dalla storia bimillenaria, la Chiesa il cui capo si schermisce dicendo “chi sono io per giudicare? “.  Ci vogliono uomini e donne di buona volontà, come sempre, perché la verità rende liberi, lo insegnò un giovane predicatore ebreo morto sulla croce (Giovanni, 8,32). Onore quindi a uomini di spettacolo come il povero Povia cui tocca produrre da sé i suoi album, sgraditi alla casa discografica La Voce del Padrone ed anche alle altre. Una delle canzoni del CD si intitola “Chi comanda il mondo”. Il testo parla di una dittatura di illusionisti, finti economisti equilibristi terroristi padroni del mondo peggio dei nazisti. E’ una boccata di aria pura di cui c’è bisogno, come un altro brano in cui si urla “la vita non si vende”. Facciamola ascoltare al compagno gaio Nicola Vendola in arte Nichi, “padre” di un piccino, Tobia, concepito con inseminazione artificiale, da parte di un tizio che per la legge canadese è suo “coniuge” (marito, moglie, genitore 1, 2, 3, chi ci capisce più…), nell’utero di una donna povera (forse un’elettrice di Nichi) pagata per la mostruosa prestazione di fattrice.

Hanno decostruito tutto, dopo aver revocato in dubbio natura e cultura. E’ rimasto il deserto, come temeva Zarathustra, insieme con il fanatismo settario di chi non ammette dissenso verso il nuovo culto. La colpa terribile è di milioni di europei ed americani per bene, che hanno lasciato fare, lasciato passare. Tanta, troppa acqua è passata sotto i ponti; le sorgenti si sono disseccate. E’ in atto il trionfo filosofico di Carlo Marx, pur sconfitto in economia, e dell’individualismo possessivo dei liberali, ispirati da Locke e Mandeville.

L’uomo di Treviri espresse la sua autentica dimensione filosofica teorizzando che “l’emancipazione dell’uomo “, ovvero la libertà dei moderni del liberale Benjamin Constant, coincide con la distruzione della trascendenza. Mandeville insegnò che i vizi privati possono divenire ricchezza. La sua Favola della Api fece poi dire a Jeremy Bentham che se ciò che chiamiamo vizio porta utilità, allora va cambiato il significato delle parole, poiché di virtù si tratta: il primo coerente teorico del contrordine mondiale.

Uccisa la trascendenza, lasciata alle fumisterie filosofiche la definizione dello spirito, gli Stati liberali costruttori della società aperta – il migliore dei mondi possibili, anzi l’Unico- hanno varcato ogni frontiera. Non conoscono vergogna, poiché, come ha rilevato una benemerita associazione cattolica, l’Osservatorio Cardinale Van Thuan sulla (defunta? N.d.R.) dottrina sociale della Chiesa, “non solo permettono il male, ma obbligano a farlo”. Con silenzio nostro, ma chi tace acconsente.

 

ROBERTO PECCHIOLI