L’insegnamento della religione nelle scuole statali dell’Irlanda del Nord viola i diritti umani. È quanto ha stabilito la Corte Suprema del Regno Unito, accogliendo il ricorso di una famiglia non religiosa che aveva denunciato un approccio troppo orientato al cristianesimo, a scapito del pluralismo e del pensiero critico.
Secondo il tribunale londinese, il modo in cui viene trattata la materia nelle scuole nordirlandesi non rispetta i criteri minimi di oggettività, né garantisce la neutralità che ci si aspetta da un sistema scolastico pubblico.
Il caso della bambina e la scelta legale
Tutto è iniziato da una bambina iscritta a una scuola primaria di Belfast. I genitori, contrari all’idea che alla figlia venisse insegnato il cristianesimo come unica verità, si sono allarmati quando l’hanno vista pregare a casa prima dei pasti. Interrogata, la piccola aveva spiegato che l’abitudine le era stata insegnata a scuola.
Nonostante in Regno Unito sia possibile esonerare i propri figli dalle ore di religione e dai momenti di preghiera collettiva, la famiglia ha scelto di non farlo. Temevano infatti che la bambina potesse subire forme di esclusione o bullismo. Per questo hanno deciso di agire in sede legale, non per ottenere un’esenzione, ma per modificare l’impostazione generale dell’insegnamento religioso nel Paese.
Un contesto delicato
La questione non riguarda solo la religione in sé, ma tocca una dimensione profondamente storica e politica. L’Irlanda del Nord ha vissuto per decenni un conflitto interno segnato proprio dalla contrapposizione tra comunità cattoliche e protestanti. In questo scenario, l’educazione religiosa scolastica non può essere trattata come un tema neutro.
La Corte ha quindi dato ragione alla famiglia, rovesciando la decisione della Corte d’Appello che aveva annullato una precedente sentenza favorevole dell’Alta Corte di Belfast.