
Il problema
Sarà presentata una supplica a Sua Santità Leone XIV affinchè sia riportata nella liturgia e nell’orazione privata, la preghiera del “Padre Nostro” così come la Chiesa l’ha recitata per duemila anni, il cui testo ha di recente subito modifiche.
L’iniziativa non risponde solo alla sensibilità dei fedeli che vogliono pregare con le stesse parole di Gesù riportate nei Vangeli di Matteo e Luca, ma assume anche un valore culturale e identitario, e questo riguarda tutti.
La Supplica al Santo Padre, infatti, riafferma l’idea di una “Chiesa di sempre” nella quale vi sono cose che non possono cambiare. Un messaggio di continuità e di saldezza, oltre che di Fede. Non sfugge a nessuno, infatti, che il culto del cambiamento, nella Chiesa, incoraggi i nemici del Cristianesimo, che abbondano.
Nemici, dentro e fuori la Chiesa, che auspicano un Cristianesimo che, lungo continui “aggiustamenti”, alla fine perda i suoi caratteri e svanisca nella coscienza collettiva dell’Occidente per essere sostituito da altro, e da altri.
a cura del circolo culturale “Jeanne d’Arc”, Segrate (MI), relazioni esterne: Dott. Roberto Mauriello, email: santagiovannadarco@gmail.com
SUPPLICA
A SUA SANTITÁ IL SOMMO PONTEFICE LEONE XIV
Beatissimo Padre,
Vi chiediamo umilmente di voler restituire alle Parole di Nostro Signore Gesù Cristo la preghiera del Padre Nostro riportata dai Vangeli di San Matteo e San Luca in relazione al passaggio « … e non ci indurre in tentazione … » recentemente sostituito da «…e non ci abbandonare alla tentazione…».
La sostituzione è stata attuata dalla Conferenza Episcopale Italiana nel 2008, così è stato detto, per allontanare dal fedele l’idea che Dio possa spingere al male.
Osserviamo – e da questo la supplica che rivolgiamo alla Santità Vostra – che la nuova versione del Padre Nostro mostra problematiche vere, a fronte di quelle solo presunte che qualcuno ha voluto ravvisare nella versione tradizionale che la Chiesa recita da duemila anni, la cui traduzione dal greco, nel Vangelo di San Matteo, da parte di alcuni è stata giudicata non corretta.
Noi prendiamo atto che in questione non è una diversa traduzione dei testi sacri, perché delle parole “non ci abbandonare alla tentazione” non vi è traccia in nessun libro canonico. Tali parole non costituiscono quindi una diversa traduzione del brano evangelico, perché Gesù non le ha mai pronunciate.
Sono, queste, parole soltanto umane, «interpretative» delle Parole divine di Gesù riportate nei Vangeli di San Marco e San Luca. In questo quadro, osserviamo che il fedele è chiamato a conferire lo stesso valore alle Parole, divine ed eterne di Gesù, e a quelle, umane, datate 2008, della Conferenza Episcopale Italiana.
Ravvisiamo quindi il pericolo che indurre i fedeli a pregare Dio Padre con parole diverse da quelle pronunciate da Dio Figlio riportate nei Vangeli canonici, oscuri sottilmente la divinità di Gesù; posto che è implicito, nella coscienza dei fedeli, il principio che la Parola di Dio, fondamento della catechesi, non possa essere cambiata, mentre possono essere cambiate le parole umane a fini catechetici.
Tutto questo fa sorgere il timore, che esterniamo alla Santità Vostra, che la cancellazione delle Parole di Gesù possa costituire un seme di apostasia, ingenerando surrettiziamente l’idea che Gesù fosse uomo altamente ispirato ma soltanto uomo, le Parole del quale, quindi, possano anche essere diversamente formulate se le circostanze lo richiedano.
Preghiamo quindi fiduciosi la Santità Vostra di accogliere la nostra Supplica restituendoci le Parole di Nostro Signore.
Rimettendoci alle Vostre Sovrane disposizioni, con filiale devozione e obbedienza baciamo l’anello del Pescatore.
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