Calasso: un serpente di carta

Mi hanno chiesto di scrivere un articolo su Calasso, il gran defunto. Dopotutto sono io che scrisse il libro contro la casa editrice Adelphi – Adelphi della Dissoluzione  (1994). Non ne trovo in me le motivazioni: oggi, rispetto all’immane dittatura globale sotto cui stiamo soggetti, Calasso mi sembra – in confronto – una quasi innocua tigre di carta. Una vipera di paglia. Il suo zolfo, un fuoco d’artificio scoppiettante. In ogni caso esponente superato di una stagione perenta. Da rimpiangere perché, in fondo, ancora vi si leggevano libri. Quando si poteva ancora polemizzare senza essere trascinati davanti ai plotoni d’esecuzione degli analfabeti mediatici.

Come spiegarlo?

All’inizio del mio Adelphi, Massimo Cacciari esclama ed esorta: “Il Papa deve smettere i fare il katechon!”. Ebbene: El Papa ha smesso da un bel po’, e il risultato a Cacciari non piace, al punto che – giustamente – si schiera contro l’inaudita dittatura in corso, e lotta coraggiosamente – e pesantemente insultato da gente infinitamente più ignorante di lui, i nuovi kapò – contro l’obbligo vaccinale e la dittatura sanitaria che ci opprime e ci stermina. Perché una cosa è giocherellare come civetteria letteraria con l’Omicida fin da Principio, un’altra è vederlo in azione nella sua Impostura totalitaria e nella sua nuda brutalità reale e concreta nella totale assenza di Dio dell’umanità terminale, che si lascia fare tutto l’indicibile, afona di fronte al Male. “Lui” non scherza più, e Cacciari l’ha capito. Spero che l’abbia capito anche il Defunto.

Vi lascio con il breve commento – omaggio allo stile e rilevazione dello “zolfo” – del miglior studioso di Calasso, l’amico M. A. Jannaccone:

Il ghigno e lo stile

Morto il più grande scrittore d’Italia. Gli altri (tranne un paio), che siano pubblicati da Feltrinelli o da Mondadori, da Sellerio o da Newton sono comparse, che resteranno per dovere di cronaca. Soprattutto quelli che stanno sempre nei salotti per brigare premi.

Calasso diceva che la sua attività di scrittura e di editoria era un Serpente. E pour cause. Parola non scelta a caso.

Perché, purtroppo, oggi, la grandezza non è dei “buoni”, di quelli che costruiscono civiltà durevoli.

E stato uno dei tre scrittori contemporanei nella nostra lingua che ho ritenuto necessario leggere tutto e rileggerlo più volte. Per saggiarne la profondità, perché la prima volta non lo capisci, perchè aveva uno stile eccelso e sostanza. Per individuare, soprattutto, le profonde vene di zolfo che si trovavano nel suo pensiero-scrittura. Perché ha spiegato in anticipo cos’è la Dissoluzione che lui chiamava Tradizione. Ha spiegato bene cosa sia oggi il potere raccontando del diavolo zoppo Talleyrand e da Guénon (si definiva guenoniano).

Il Potere, diceva è menzogna. mistificazione, da quanto non vien più studiata la Metafisica. Aveva ragione.

Ci tornerò su, per i miei 25 lettori, con ben altro che un post. Ora leggerò i suoi due libri, appena usciti.

Il Serpente è finito.

Mario A. Jannaccone