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BOB WOODWARD CONTRO TRUMP. E ALTRI GIOCHI SPORCHI.

Maurizio Blondet 13 Maggio 2016 7

Il Washington Post ha   distaccato  20 giornalisti  – un  battaglione –  in una missione precisa: scavare nel passato di Donald Trump, per trovare qualcosa di scandaloso e vergognoso che ne arresti l’avanzata alla Casa Bianca.   Per l’operazione, che è stata comandata dal nuovo padrone del giornale, Jezz Bezos (il fondatore  capo di Amazon)  si è richiamato in servizio il vecchio Bob Woodward (73 anni) celebre per aver rivelato la scandalo Watergate che portò alle dimissioni del presidente Nixon.  “Ci sono un sacco di cose che non sappiamo”, Woodward  ha spiegato alla convention degli imobiliaristi (National Association of Realtors).  “Faremo articoli su ogni aspetto della sua vita. Faremo un libro”.  La sede della rivelazione non deve stupire:  Trump è essenzialmente un immobiliarista, e sulle sue transazioni immobiliari a New York si concentrerà anzitutto il battaglione di scavatori. “Il mondo immobiliare a New York è più complicato della Cia”, ha scherzato Woodward.

Woodward è  glorificato  da Hollywood e dal mainstream   per l’attacco a Nixon che sferrò tenacemente con il collega Carl Bernstein, scatenati  dal Washington Post,  spesso basandosi sulle rivelazioni di una ‘gola profonda’ mai identificata,  un traditore vicinissimo al presidente.

tutti gli uomini del presidente_1

Nixon  attribuì sempre le sue disgrazie alla “Jewish Kabal”.  Woodward è uno specialista in assassini politici (character assassination, si dice in America), quindi la scelta è giusta.

Va’ ricordato che Woodward non ha usato nemmeno un briciolo del suo letale zelo giornalistico contro il presidente Bush jr.  Anzi,   forse perché questo presidente ha lanciato gli Usa nelle guerre  per Israele,   ne è diventato uno dei più stentorei lecchini.  Ha cercato di dipingere Dubya come un Napoleone, in Bush at War (esaltazione delle fulminee decisioni prese da Dubya subito dopo l’11 Settembre: attaccare l’Afghanistan) e Plan of Attack, su come il fulmine di guerra Dubya decise di invadere l’Irak.  Solo nel 2006  Woodward,  ormai la missione era compiuta,  s’è corretto riconoscendo che Bush negava che  il rovesciamento di Saddam  aveva affondato quel paese nel caos: ed  ha pubblicato State of Denial. Tutti libri, quelli da lecchino e quelli no, ugualmente laudatissimi dal mainstream.  E  tutti  best-seller.

Non è del tutto chiara questa mobilitazione estrema del Washington Post, quando ormai sembra (sembra) che il partito repubblicano si sia rassegnato a compattarsi attorno al candidato che “non” ha scelto, ma che è stato imposto dalla base,  Donald Trump. E’ un colpo di coda tardivo? Una iniziativa privata di Bezos? C’è qualcos’altro? Difficilissimo da dire, in un momento della campagna in cui le rivelazioni scandalistiche  e gli spifferamenti senza esclusione di colpi diventano decisivi  e pericolosi per le “gole profonde”.

 

C’è già un morto.  “Suicida”  ovviamente

Il blog del defunto
Il blog del defunto

Vediamo per esempio il “suicidio” di Gary Welsh. E chi sarebbe, domanderete?  Il nome infatti non appare nei grandi media.   Welsh era un attivista che  combatteva le frodi elettorali  stato per stato;  aveva un sacco di   notizie piccanti, che soffiava ai giornalisti; non a quelli mainstream.

Per esempio all’amico Wayne Madsen,  l’ex agente NSA collaboratore di vari blog, un segugio inarrivabile.

Forse  non tutti sanno che  Madsen ha  documentato  come Marco Rubio – uno dei candidati preferiti dall’Establishment repubblicano, senatore della Florida,  beniamino del Tea Party – in gioventù fosse stato  “un omosessuale molto estroverso”, che aveva partecipato a South Beach  a sex-parties  di gruppo “alla schiuma”  (foam sex parties) nella discoteca  Amnesia, sotto la direzione sapiente di Kitty Meow,  una drag queen famosa negli anni ’90.

(Qui    per i particolari : http://www.infowars.com/indiana-voting-fraud-activist-behind-rubio-sex-party-leaks-found-dead/)

Dopo questa rivelazione,  Marco Rubio ha rinunciato alla  campagna ed è scomparso dai riflettori.

Pochissimi sanno (perché non ve l’hanno detto) che il 3 maggio, in un’intervista a Fox News, Donald Trump  ha praticamente accusato il padre dell’altro candidato preferito dai repubblicani, Ted Cruz, di essere stato in qualche modo convolto nell’assassinio di John F. Kennedy.

ted-cruz-father-linked-to-jfk-assassination-enquirer
Come “Hush-Hush”

 

Ha anche esibito una foto del ‘63 in cui si vede il papà di Ted Cruz  insieme a  Lee H. Oswald – l’ “assassino solitario”  passato alla storia come lo sparatore di Kennedy, e sparato a morte  prima che arrivasse a processo – mentre distribuiscono volantini anticomunisti a New Orleans, qualche tempo prima dell’assassinio presidenziale a Dallas.

Papà Cruz dietro Owwald
Papà Cruz  è quello dietro Oswald?

Secondo molte voci, l‘esecuzione di Kennedy  sarebbe stata organizzata negli ambienti dei fuoriusciti cubani anti-castristi.  Benchè ripresa solo dai rotocalchi da supermercato,  la spifferata deve aver terrorizzato l’Establishment di Washington:  questo Trump non ci trascinerà sul banco degli accusati come mandanti dell’assassinio Kennedy? Non verrà tirata fuori   quella vecchia storia sepolta dal 1963  sotto la “versione ufficiale”?

(se non credete, leggete qui: http://www.justice-integrity.org/faq/1033-trump-alleges-rafael-cruz-tie-to-jfk-murder-suspect-oswald)

 

Fatto sta che anche Ted Cruz ha posto immediatamente fine alla sua campagna, rinunciando alla Casa Bianca ed accusando Trump, in un delirante scoppio di rabbia incontrollata, rivelatrice: “Questo tizio (Trump) è un bugiardo patologico…un uomo del tutto amorale. La moralità non esiste per lui”.  La rinuncia è avvenuta dopo le primarie dell’Indiana, che Cruz  ha perso. L’attivista Gary Welsh viveva in Indiana.  C’è motivo di credere che fosse stato lui lo spifferatore di quella notizia.

Forse non è vero. Ma nell’Establishment si è forse concluso che due loro candidati liquidati, erano troppi. Ne è seguito il ”suicidio” dello spifferatore.

Se questa vi sembra una storia  troppo trucida per essere vera, una pagina strappata ad American Graffiti di James Ellroy, non so darvi torto. Avvertendo che l’America politica è anche questo , ed è ciò che la rende orribilmente fascinante: un brulicare di sicari-giornalisti,  assassini a nolo,  agenti di servizi  pagati da ricchi privati,  e gole profonde che ci lasciano le penne,  si agita dietro la facciata degli educatissimi dibattiti tv.   I romanzi di Ellroy, cari lettori, vi sembrano inverosimili. Invece sono “neorealismo”. O se volete, iperrealismo americano.

Sarà una coincidenza, ma il presidente repubblicano della  Camera bassa,  Paul Ryan (che è l’Establishment incarnato),  che   fino a ieri aveva  ferocemente disprezzato Trump come  pidocchioso malvissuto corpo estraneo, ha voluto incontrarlo, e subito ha emanato un comunicato congiunto: “Siamo onesti sulle nostre differenze di vedute  ma abbiamo constatato che ci sono molti temi con cui abbiamo un terreno d’intesa”.

Quanto  all’ex presidente della medesima camera, John Boehner, ha dichiarato che l’inchiesta dell’FBI sulle email di Hillary Clinton quando era Segretaria di Stato sono “una seria minaccia”: Ora, sono  mesi che gli agenti FBI circondano la signora Clinton con la loro inchiesta, senza che l’Establishment ne prendesse atto.  Ora invece Boehner dice:  “Non sarei affatto sorpreso se Hillary Clinton fosse obbligata a ritrarsi”.  Con ciò sarebbero tre, i candidati liquidati.

Hillary pagata dai Sauditi
Hillary pagata dai Sauditi

E forse non basta.

Il Secret Service,  ossia la guardia del corpo presidenziale, per probabile impulso del presidente Obama,  conta di indagare per quello che viene interpretato come “un invito ad uccidere  Obama” da certi media.  Il colpevole è Anthony Senecal, 84 anni un antico maggiordomo  (butler)  di Donald Trump per 17, che su Facebook ha diffuso una sua confidenza visibile solo ai suoi amici:  “Obama avrebbe dovuto essere preso dai nostri militari e fucilato come agente  nemico durante il primo mandato. Invece è ancora al potere”.

http://www.motherjones.com/politics/2016/05/trump-butler-anthony-senecal-facebook-kill-obama

 

Trump col suo maggiordomo
Trump col suo maggiordomo

Sono certamente corsi dei  brividi di paura sulla schiene più importanti dell’America profonda. Perché in quel linguaggio militaresco,  del tutto fuori stile  per un maggiordomo a riposo,  alcuni possono aver riconosciuto – chissà –  un’eco di quell’ammiraglio Dempsey, allora capo di stato maggiore, e del generale Michael Flynn, allora capo della DIA (i servizi militari) che nel gennaio scorso hanno rivelato al giornalista Seymour Hersh come e qualmente  loro due, gli altissimi gradi,  hanno disobbedito ad Obama e sabotato gli sforzi della CIA per rovesciare Assad in Siria.

(Ne ho scritto  qui: https://www.maurizioblondet.it/usa-la-rivolta-dei-generali-nascosta-ma-continua/)

Obama li ha cacciati, ma non ha osato metterli sotto accusa formale. Con le voci di Dempsey e Flynn, ora in pensione, parla tutto un settore di ufficiali che al Pentagono ne hanno abbastanza di 15 anni di guerre e sovversioni  dei paesi islamici sferrate sotto falsi pretesti e “fals flags”.  Costoro conoscono ovviamente tutti gli sporchi altarini ed arcana imperii ,  dall’11 Settembre in poi; hanno taciuto ed obbedito per quindici anni. Adesso, un maggiordomo di Trump, con inusitato eloquio soldatesco, dice che  “Obama avrebbe dovuto esser fucilato  per tradimento, come agente nemico”. Donald Trump ha dato già prove di saper colpire con allusioni lo Stato Profondo  là dove fa’ male.  Sa qualcosa  che Obama e chi lo manovra non vogliono venga fuori?  O sono i suoi ventriloqui che minacciano di far rivelazioni rovinose per l’Establishment?

Una delle ipotesi è che   il gruppo dei militari che (apparentemente)  assistono con i loro suggerimenti  The Donald,   ritengono  sia urgente far sì che Obama se ne vada dalla Casa Bianca prima della fine del suo mandato  a novembre, e ridurre al minimo la transizione  che lascerebbe gli Usa senza un governo vero fino ai primi mesi del 2017. Essi vedono l’allarmante accelerazione dei fatti compiuti e delle provocazioni – fra cui il riarmo dei jihadisti in Siria, che coi missili a spalla americani hanno abbattuto tre caccia siriani, l’ammasso frenetico  di truppe  e armamenti NATO ai confini della Russia, le continue provocazioni aeree  contro Mosca; forse hanno ragione di temere che qualcuno, che ha il controllo sulla Casa Bianca mentre Obama fa’ le valige, stia correndo per avvicinare  più di quanto crediamo un conflitto mondiale, nucleare compreso?  Forse stanno “consigliando” a Obama di lasciare  “spontaneamente”  la presidenza un po’ in anticipo per  dedicarsi al suo amato golf?

Ma queste sono tutte nostre ipotesi. Basate sul quasi nulla, sulla frasetta dell’elegante vecchio maggiordomo,   a cui è  sciocco dare importanza.

Aspettiamo con ansia divertita i prossimi eventi. Non correte, cari lettori, a conclusioni affrettate, non crediate di aver capito chi sta coi cattivi e chi coi buoni; né chi è contro chi. Qui non siamo in un filmaccio di Clint Eastwood.   Siamo nella più grande democrazia del  mondo; la nazione indispensabile, la Superpotenza   senza pari.  La più trasparente repubblica della storia,  la più morale.  Coi  sicari e gli assassini solitari sullo sfondo. Insomma, qui  non c’è l’Ispettore Callaghan, siamo con James Ellroy,  L.A. Confidential, con l’indimenticabile Danny De Vito nella parte del direttore di Hush Hush, il giornale che spiffera scandali, e una  montagna di morti ammazzati.  Prendete i pop corn e godetevi lo spettacolo. Non c’è niente di vero, è solo iperrealismo.

 

 

(Ringrazio  qui Wayne Madsen e l’amico Umberto P. di Washington, senza i quali  non avrei potuto scrivere questo pezzo)

 

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