Israele paga ben(ino) i suoi adulatori

Secondo i documenti depositati ai sensi del Foreign Agents Registration Act (FARA) degli Stati Uniti, gli influencer assunti per pubblicare contenuti pro-Israele sono pagati tra i 6.143 e i 7.372 dollari a post su piattaforme come TikTok e Instagram, su un budget complessivo di 900.000 dollari distribuiti da giugno a novembre 2025.

I documenti rivelano che la società Bridges Partners, società che lavora per il Ministero degli Affari Esteri israeliano, è stata incaricata di coordinare una rete di influencer nell’ambito di un progetto denominato “Esther Project”.

Nella sua comunicazione, richiesta dal Foreign Agents Registration Act, Bridges ha dichiarato che il progetto mira a “aiutare a promuovere lo scambio culturale tra Stati Uniti e Israele” e ha specificato che l’incarico è gestito da una divisione tedesca dell’agenzia di pubbliche relazioni globale Havas.

Da InsideOver

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VOCI DAL MONDO – LA CRESCENTE INSOFFERENZA DEI CONSERVATORI AMERICANI NEI CONFRONTI DI ISRAELE

Valerio Savioli

Questo articolo comparso su The American Conservative, a firma del caporedattore Spencer Neale, è la plastica dimostrazione di come Israele, spingendosi spregiudicatamente in una mattanza in mondo visione, stia cominciando a depotenziare la sempre presente accusa di antisemitismo e stia al contempo rapidissimamente  e conseguentemente erodendo il credito olocaustico (si vedano anche le attualissime considerazioni di Costanzo Preve e, nello specifico, su quella che il filosofo piemontese etichettava come “religione olocaustica”).

Ma, oltre ai deliri soteriologici trumpiani, è altrettanto interessante per comprendere quanto anche negli stessi Stati Uniti e al netto del potentissimo sionismo cristiano, le crepe comincino ad essere evidenti proprio nel partito repubblicano (affidabile asset di Israele d’oltreoceano) e in determinate fazioni MAGA.