E’ violenza contro la società. Contra Naturam.

Così, come dice Renzi, “ha vinto l’amore”. Un’altra volta.  Niki ha partorito. Il seme del suo “compagno” inserito in una indonesiana abitante in Usa ha dato i suoi frutti; 170 mila dollari, qualche settimana in California, paradiso degli invertiti. Dicono che sulla Rete è stato una tempesta. Per la mammina, sono squadristi, bassifondi della politica e dei social network.

Spero ci sia ancora qualcuno in grado di capire quel che il caso mostra con una certa evidenza: come i “diritti degli omosessuali” si traducano immediatamente in prepotenza contro il prossimo, in uno schiaffo in faccia   alla collettività, in repressione sociale di massa, e le loro “libertà” in violenza su tutti gli altri. Tutti quelli che continuano a vedere nella pederastia quello che l’umanità vi ha sempre visto, da millenni: una cosa contro natura, non solo turpe ma ridicola, che suscita battute irridenti.

Naturalmente, ce la stanno mettendo tutta per reprimere il senso comune:   rieducano i bambini all’accettazione del “gender fluido”, gli ficcano nelle testoline che non c’è nulla di male, che è civile e progressista avere due papi e due mami, che queste comprino figli. Sperano che con l’abitudine, le nuove generazioni si adatteranno, non vedranno più la cosa come comica e schifosa; intanto devono minacciare la galera a chi si lascia scappare una critica, o anche un risolino. A Londra già un tizio è stato arrestato perché udito dire, per strada, che l’omosessualità  è peccato. Un prete è stato incarcerato per aver detto questa cosa in chiesa, durante l’omelia. Diventa un reato citare San Paolo: Non v’illudete; né fornicatori, né idolatri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriachi, né oltraggiatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio” (1 Cor 6:9-10).

La psico-polizia veglia da tutti gli schermi: Mentana, il più pagato custode del politicamente corretto, ha biasimato con dure parole Alfano che aveva detto, a proposito dell’adozione da parte di omosessuali, di aver sventato una legge “contro natura”. Ciò che tutti immediatamente sentono, “contra Naturam”, non si può dire. E’ vietato. Sta per essere punito, “omofobia”.

A forza di reprimere, passerà.

E invece no. Nei (giustamente detti) bassifondi dei social network, come negli stadi delle tifoserie, si continua a ridere di “checche” e “finocchi”; dare del “frocio” a un nemico continua ad essere il modo per esprimere spregio e svalutazione; qualunque bulletto di quinta elementare, a cui è stata fatta legge la Costituzione più bella del mondo, può angariare un compagno di aria e gusti delicati bollandolo come di kulattone; il branco gli si avventa conto, godendo. No, non giustifico nulla di tutto ciò; faccio solo notare che si esprime qui, ormai   confinata nei bassifondi morali della società, una mozione ineliminabile: è contro natura, quindi ridicolo. E più la mozione  del buonsenso  è censurata e repressa, con più gioia maligna esploderà nel vermicolare dei sub-ego che pullulano in Rete, nei modi ributtanti propri a quel livello.

E’ l’effetto – a suo modo naturale – dell’aver vietato il discorso serio non solo sull’omosessualità, ma, più radicalmente, dei diritti della società. Come il liberismo più sfrenato, la militanza omo fa’ parte della vasta temperie che non riconosce altro che i diritti “individuali”; la società in quanto tale non esiste, è un flatus vocis, dunque non ha diritto alcuno: nemmeno a permanere, difendersi dalla disgregazione giudicando male i devianti. Come viene attualmente negato alle comunità nazionali il diritto a non farsi invadere e destabilizzare da   insediamenti massici di stranieri di altra religione e civiltà antagonista; promuovere come antirazzismo la dissoluzione delle culture autonome, gabellare come “accoglienza” prescritta persino dalla “Chiesa” l’importazione di lavoratori a prezzi scassati come parte della strategia globale della “libera circolazione del capitale” che non è che la corsa mondiale ai salari più bassi, onde il capitale si retribuisca sempre più, tutto viene da questa: l’affermazione dei diritti individuali e a spese dei diritti collettivi. Tutte le lotte “per le donne” i “rom”, i “diritti degli omosessuali” delle loro voglie e capricci, sono negazione dei diritti collettivi; i diritti delle minoranze sono lo spregio dei diritti della maggioranza. Il male di vivere per cui i nostri giovani sono disoccupati perché le imprese sono delocalizzate; in cui nella nostra società vige una enorme quantità di lavoro nero sottopagato,   fatto da stranieri, che si svolge “al disotto delle leggi” pretesamente “conquistate” dai sindacati, e ormai disattese, è l’effetto della stessa “cultura” per cui Niki Vendola si compra un figlio coi soldi di noi contribuenti, lui strapagato mentre i nostri ragazzi sono disoccupati, e può insultare chi lo critica: la società non ha diritti. La disoccupazione di massa stessa è ridotta a un insieme di “problemi individuali”; se li risolva ciascuno, lo stato deve occuparsi d’altro – dei diritti (individuali) delle minoranze. Pare – secondo il politico Adinolfi – che persino la pensione di reversibilità, negata alla donna convivente con il padre dei suoi figli al difuori del matrimonio, è stata invece riconosciuta alle copie gay. Può l’aberrazione essere più chiara? La coppia di fatto eterosessuale, con figli, è una “realtà sociale”, e come tale meno degna di rispetto di due invertiti che vogliono togliersi il piacere – ormai hanno tutto – di far finta di convolare.

Fa’ male anche a te

Ciò ovviamente vieta il discorso serio sull’omosessualità: come sofferenza, come disturbo e disordine contro natura che fa’ male, anzitutto a loro. In Usa, “tra gli uomini ha tentato di togliersi la vita il 28% dei soggetti omosessuali rispetto al 4% degli eterosessuali”. Stesse percentuali in Olanda dove “il clima sociale è e rimane più tollerante che negli altri stati”.

“In Danimarca, una ricerca condotta nei primi 12 anni della legalizzazione dei rapporti omosessuali (1990-2001) ha riscontrato che per gli uomini uniti ad un altro uomo il tasso di suicidi è otto volte superiore a quello degli uomini che hanno una unione eterosessuale, e 2 volte (il doppio) rispetto ai singles”. In Gran Bretagna , uno studio psichiatrico su 13 mila casi ha mostrato che “le persone LGB hanno un rischio sostanzialmente maggiore di soffrire di disordini mentali, ideazione suicida, abuso di stupefacenti autolesionismo rispetto agli etero”.

Trovo questi dati nel volume di Aurelio Pace e Carlo Di Pietro, “Gender, ascesa e dittatura della teorie “che non esiste” (stampato in proprio, si trova su Amazon). Questi tasso di suicidi   e dolore in paesi dove gli invertiti non possono accusare lo stigma sociale, i “tabù” che “reprimono la loro sessualità”, dovrebbe dire qualcosa   loro stessi, e ai loro affiancatori militanti per ragioni ideologiche. Io, che in anni lontani sono stato inviato da Avvenire a seguire la spaventosa esplosione di AIDS in California, con morti a centinaia, posso dire alcune cose. I medici epidemiologi che allora cercavano di risalire al primo infetto interrogando i malati sui partner con cui avevano fatto sesso, scoprirono che ciascuno di loro, l’anno precedente, aveva avuto  oltre 600 rapporti sessuali,   per lo più con sconosciuti nel buio dei locali dove celebravano la loro “libertà”, che si chiamavano bathroom. Penetravano natiche, facevano blowjobs, spesso sesso violento, con sanguinamenti. Ditemi voi se un etero sessuale puo’ e vuole avere 600 rapporti in un anno,con donne diverse e sconosciute. Un normale, dopo aver fatto il più furioso sesso, ha sazietà, vuole farsi una passeggiata, leggere un libro, una pausa… C’è evidentemente qualcosa nei loro rapporti del “pasto nudo”, della coazione a ripetere, della preternaturalità.

Basta poco per capire come mai si suicidano tanto più che gli altri; perché si dilaniano tra loro, e mentre fanno sesso, si disprezzano, si odiano, si respingono – e si danno vicendevolmente, quando litigano, del “vecchia e brutta checca”: il senso del contra-natura che torna e rigurgita, inevitabile, anche in loro. Una volta ebbi (indirettamente) le confidenze di un massaggiatore, che in lacrime raccontò alla massaggiata la causa del suo dolore: aveva passato la notte con un medico   incontrato in un dei bar specializzati; notte “paradisiaca” a suo giudizio, sicchè il mattino dopo aveva detto al partner: “Ci rivediamo?”. La risposta del compagno di una notte al massaggiatore, che non la capì subito: “Ho già un WC in casa mia”.

Qualcuno mi dica se conosce un maschio normale, anche il più rozzo, che dopo la prima notte d’amore con una donna, anche se insoddisfacente, risponda in questo modo. Farà il carino, dirà “ti chiamo io…”, ma non: sei un cesso.

sodome-et-gomorrhe-les-cites-maudites_i1f

Si cercano e si spregiano, si creano già un inferno in terra, è per questo che il vecchio rugoso diventa più disperato, si trucca, si mette il fard e il rossetto, esibisce con l’età sempre meno autocontrollo (il che lo fa’ ancor più deridere dai suoi pari). E’ il decorso che descrive, con arte insuperata, Marcel Proust nella sua monumentale Recherche du Temps Perdu, che è anche un manuale per capire il loro male.

Inutilmente descrive “la petite bande” come ragazze in fiore che incontra sulla spiaggia di Baalbek: “Una di queste sconosciute   spingeva avanti a sé la bicicletta, altre due portavano bastoni da golf..” Sono evidentemente dai maschietti che il timido Marcel concupisce senza risolversi a far parte della compagnia. Ovviamente, è inutile che celi sotto il nome di “Albertine” il vero Alfredo Agostinelli, che essendo ricchissimo Proust si comprò e tenne a sé facendone il suo autista (e acquistando per il giovinotto, fanatico di motori, una delle prime automobili di Parigi). Ne fece il suo prigioniero. Agostinelli scappò anche da suo carceriere,   perché non era affatto omosessuale; Proust lo richiamò attraverso un amico, promettendo di regalargli un aereo…Alfredo morì in un incidente di volo prima di rispondere. Nella realtà, una storia di violenza e sfruttamento, da un omo su un normale.

Al volante, "Albertine".
Al volante, “Albertine”.

La descrizione che Marcel fa di quello che chiama il suo “amore” per Albertine, del resto, mostra con precisione clinica che l’invertito non è capace di amare una persona. Quando “Albertine” esce con lui e abita in casa sua, lui la sente come un ostacolo che gli impedisce avventure con altre “fanciulle” (uomini); quando Albertine si allontana (o lui stesso la allontana), è ossessionato che lei (lui) abbia rapporti “lesbici” con “donne” (sicuramente il povero Alfredo aveva delle donne), e allora le occasioni di avere altri rapporti gli sembrano prive di valore, la vuole tener prigioniera, controllarla. Non c’è nemmeno un vero godimento erotico, che non sia rovinato. Insomma è questo, un oscillare fra odio e amore, fra sentire l’altro un peso e una ossessione, che un uomo innamorato della sua donna, ovviamente non prova.

Il disturbo – che la militanza ha fatto cancellare dal Manale Diagnostico Psichiatrico (DSM) a forza di irruzioni violente nei congressi scientifici – distorce la percezione di chi ne è affetto, ed anche questo mostra Proust senza rendersene conto.

Qualunque psichiatra (in privato) vi sussurrerà che agli occhi di un invertito, due uomini che cenano in un ristorante sono due amanti omosessuali. Non gliela raccontate, a lui: degli infiniti motivi non erotici per cui due uomini possono essere al ristorante senza donne, dagli affari al dopopartita, dalla colleganza di idee all’essere buongustai con una passione comune per la farinata, sono solo la maschera dietro cui nascondono il loro segreto. Ciò perché non conosce né ha mai provato “l’amicizia tra uomini”, esperienza fondamentale della virilità, essenziale nell’adolescenza, da cui per millenni è nato il cameratismo di caccia e di guerra, della discussione filosofica e scientifica, delle notti attorno al fuoco a raccontare gli eroi. Hanno dunque una falla vasta e profonda nella loro esperienza vitale. Per questo il grande, abilissimo affresco della società parigina di Proust si riduce a feste e cene e ricevimenti dove (ha scritto Jan François Revel)   “che sono la totale inversione del principio della festa: consistono nel riunirsi per dedicarsi all’attività di essere cattivi gli uni con gli altri, ciascuno preoccupato di ottenere piccoli trionfi di crudeltà e di evitare per sé la crudeltà degli altri”, dove “ciascuno si rallegra di essere presente quando un altro viene escluso”dal celebre salotto dei Guermantes o di Madame Verdurin, “dove tutti passano il tempo a spiarsi nella speranza di assistere all’umiliazione di uno di loro”: benvenuti nel gaio mondo gay.

http://www.effedieffe.com/index.php?option=com_content&task=view&id=8226&Itemid=100021

Ma torno al tema. Siccome coppie di maschi al ristorante, in auto o in carrozza, alla spiaggia o a caccia o per la strada se ne trovano continuamente, Parigi sembrerà al nostro una sterminata Sodoma e Gomorra, tale è appunto il titolo di uno dei libri della Recherche. Da qui la domanda del pédé: se siamo così tanti, anzi tutti, come mai per me è difficile fare sesso? La risposta   tenderà ad essere: perché la società è repressiva e costringe a trattenersi quel maschio che passa, e mi si offrirebbe se la società fosse “libera”. E’ colpa della Chiesa, è colpa dei “pregiudizi di certa canaglia reazionaria”, della famiglia che castra e nega” (Mario Mieli), è colpa dei tabù repressivi. Anzi, chi si disgusta all’esibizione di omosessualismo, lo fa perché “ha paura di diventare omosessuale lui stesso” (così la Chiara Saraceno, adottando la stessa distorsione percettiva dei pederasti): bisogna sfidare i tabù, e tutti faranno coming-out e sarò felice anch’io, invece di essere il miserabile che sono. Bisogna fare violenza alla società, costringerla ad accettare come normale ciò che non lo è, rieducarla ad accettare   la nostra ossessione senza giudicarla e censurarla perché “Io” possa fiorire, senza complessi di colpa, abbondare nei 600 rapporti l’anno.

Slabbrare e sgangherare la società, quella entità storica complessa, fatta di generazioni, cultura tramandata e diritto e secoli, per affittare un utero,   violare una legge non scritta ma che si sta scrivendo, questo fa’ il politico-padrone Niki. Ovviamente nessuno più riconosce il danno enorme che viene prodotto. In   una comunità storica, tout se tient.   Lacerato in un punto una regola, non c’è motivo perché sussistono le altre.   Se è lecito  violentare una norma, far credere che sia naturale ciò che è contro natura, perché pretendere dall’amministratore che non rubi e corrompa? Non è anch’esso naturale? Se non ci sono regole, non ce n’è più per nessuno. La società diventa sempre più un inferno dove i deboli non hanno difesa contro i ricchi, i perversi che si possono pagare i capricci e i piaceri, quelli che possono pagarsi guardie del corpo armate. Di qui all’eliminazione delle bocche inutili, il passo è più breve di quanto si pensi. L’utero in affitto è, in fondo, un primo passo verso la ri-legalizzazione della schiavitù: perché non portarsi l’indonesiana a Bari, la prossima volta?   Questa è la società liberata che ci annuncia il Niki, insultando tutti noi con la ben nota arroganza.

Lo vide bene Ezra Pound:

“Usura soffoca il figlio nel ventre
arresta il giovane amante
cede il letto a vecchi decrepiti,
si frappone tra giovani sposi
CONTRO NATURA
Ad Eleusi han portato puttane
carogne crapulano
ospiti d’usura”.

“Questa generazione” sa che sarà calcinata e salificata, come Gomorra nella Bibbia. Lo sa e,nel profondo, lo vuole.