ADESSO I BANCHIERI ESTERI PARLANO CON MARINE. SULL’EURO, OVVIAMENTE.

Come cambiano  rapidamente le cose.   Fino a pochi giorni fa, tutte le banche francesi hanno rifiutato di  fare un  prestito a Marine Le Pen per la campagna elettorale del Front  National.  Lei (cui, ricordiamo la UE ha dimezzato anche lo stipendio da europarlamentare) ha protestato energicamente: “Quando  un partito è povero e le banche gli rifiutano il prestito, è un atto politico e un problema di democrazia”.  Persino il candidato Jean-Luc  Melenchon (fuoriuscito da sinistra dal partito di Hollande), in tv l’8 gennaio scorso, ha fatto appello alle banche perché non neghino un fido al FN:  lui, si noti, benché non abbia alcuna speranza di  vittoria alle presidenziali, ha ottenuto un  prestito di  8  milioni da banche cooperative. I media mainstream hanno riportato sghignazzando che “in mancanza di  meglio, Marine ha dovuto farsi prestare 6 milioni dalla ‘banca’ di suo  papà”, Jean-Marie Le Pen, che lei ha espulso dal FN.  Previdente ed abituato alle traversate del deserto senza l’aiuto della finanza, papà ha fondato 30 anni fa una struttura finanziaria che raccoglie donazioni e quote d’associazione, la Cotelec (che significa “Cotisation Electorales”),  e le presta al FNM – attenzione  – al 5% d’interessi. “Mi mancano ancora sei milioni”, ha ammesso Marine.

Le banche francesi non le prestano un euro.

La novità è che diverse banche internazionali hanno contattato la Le Pen per capire le sue reali intenzioni: evidentemente ritenendo che possa essere la prossima inquilina dell’Eliseo.  Emissari di BlackRock, UBS e Barclays  hanno incontrato il team degli esperti economici del FN per capire “come regolare le loro strategie d’investimento” in caso di vittoria, ossia (come Marine ha promesso) di Frexit dall’euro.  I nomi dei  membri non sono trapelati, ma ambienti a loro vicini hanno ammesso con Bloomberg di “essere stati sorpresi dalla competenza del personale economico del Front  National”.  Sono persone che “capiscono i mercati, anche se ideologicamente molto lontani”. Qualcuno ha paragonato il gruppo a Varoufakis, altri agli esperti dell’Ukip  di Farage. “La macchina politica del partito è molto più sofisticato di quanto pensassimo. Le  vedute del FN  sull’euro, anche se radicali,  possono essere il riflesso della realtà, la direzione in cui l’euro deve sviluppare “.

https://youtu.be/YXl45VC4MwQ

Un portavoce Le Pen ha riferito che i banchieri sono stati “molto pragmatici”: “Erano venuti per comprendere i nostri piani. Hai visto che Le Pen è circondato da persone che hanno lavorato nel settore e sanno come fare offerte“,  ha confessato Nick Bullman un esperto del Controllo Rischi. Aggiungendo che sarebbe ora che i politici europei uscissero dalla bolla in cui si sono  chiusi, e capissero che esiste il  mondo reale fuori dalla bolla..

Un portavoce  della Le Pen ha detto: “i banchieri sono stati molto pragmatici. Erano venuti per comprendere i nostri piani. Hanno visto che  Marine  è circondato da persone che hanno lavorato nel settore e sano come fare offerte “.

Un confronto con Montepaschi

Che dire? Anzitutto fare il paragone con l’Italia e il governo (non-eletto) PD.  I candidati francesi fanno campagne presidenziali  con sei o otto o 12 milioni, cifre  che la sola Regione Sicilia spreca in una settimana;  e  il PD, ossia il cappello dell’oligarchia parassitario-burocratica che ci sta divorando,  in pochi minuti, ha stanziato 20 miliardi per salvare la loro banca di partito, il  Montepaschi. E non trova i pochi milioni necessari per pagare i danni a danneggiati dal terremoto. Dai quali esige le tasse come se nulla fosse avvenuto.

L’altra   cosa  è che la fine dell’euro è considerata ormai dai banchieri internazionali nell’ordine delle cose, e realisticamente sono andati a vedere “cosa offre” il FN.  Perché se la Francia se ne esce, l’euro si vaporizza.  O credete che la Germania resti con i suoi satelliti e il Club Med? Le  oligarchie burocratiche, a  Roma o Berlino come a Bruxelles e Francoforte, vivono nella loro bolla e fan finta di niente. I banchieri esteri devono aver chiesto agli esperti  del FN qualcosa come: “Che si fa col Target 2?”.

Nella perfetta ignoranza del popolo analfabeta di ritorno (o anche di sola andata), Target 2 sta per   Trans-European Automated Real-time Gross Settlement System,  ossia sistema di regolazione automatica in tempo reale trans-europea. A dirla in breve, è il sistema con cui italiani, spagnoli, portoghesi pagano le importazioni di auto  ed altri beni dalla Germania. Il punto è che quando un italiano compra una BMW, però nessun  tedesco ha comprato pari importo di beni italiani, ciò che la Germania ha “comprato” è una promessa di  pagamento , una cambiale,  che una banca commerciale italiana ha emesso e  conferito alla Banca d’Italia come garanzia del pagamento. I garanti ultimi del debito sono, dunque, le banche centrali nazionali, che si regolano le rispettive entrate e uscite nel Target-2: ossia, in ultima analisi, i contribuenti dei vari paesi. Che se uno dei grandi debitori se ne va, dovranno accollarsi loro il costo.

Se  la cosa vi sembra cervellotica, è perché lo è ed è uno degli effetti del fatto che l’euro ha creato una zona monetaria imperfetta dove, per volontà tedesca,  non sono messi in comune attivi e passivi.

Anche le fughe di capitali vengono riflesse nel Target 2 . Quando un cliente di Montepaschi  ritira un milione di euro per metterlo al sicuro (lui crede!) in Deutsche Bank,  si riflette in un debito di un milione di Bankitalia verso la Bundesbank.  Di fatto, negli ultimi mesi il calo  rilevante  degli interessi  già sottozero  sui titoli  pubblici tedeschi – che compra chi trasferisce denaro da qui alla Germania –  dimostrano che sono molto richiesti. Ossia che sta avvenendo una fuga di capitali dal Sud dell’eurozona verso il Nord, Germania ma anche Lussemburgo.

 

Ecco come risulta lo squilibrio dei pagamenti intra-euro:

 

La Germania ha accumulato verso i paesi meridionali un credito di quasi 800 miliardi. A cui bisogna  sommare quelli del satellite finanziario tedesco, il microscopico Lussemburgo  di Juncker, che  vanta crediti di 187 miliardi.

Dalla parte dei debitori c’è ovviamente l’Italia con 356,6 miliardi, la Spagna con 328, poi Portogallo, Grecia con 72 miliardi…

Quante probabilità ci sono che l’Italia  possa mai ripagare 357 miliardi alla Germania e Lussemburgo? E’ il 22%  del suo Pil, quasi un quarto. Il debito della Spagna  non è molto inferiore:  328  miliardi, pari al 30per cento del Pil. Portogallo e Grecia debbono nell’insieme 72 miliardi; e notoriamente sono insolventi, nonostante tutti i  trucchi operati per volontà tedesca per fingere che non lo siano – essenzialmente prestando loro liquidità perché continuino a servire il debito, aggravando il loro indebitamento generale.

http://investmentwatchblog.com/eu-bailout-of-portugal-has-failed/

Come faranno  i creditori a pagare il debitore?  Non pagheranno. La domanda viene accanitamente taciuta, ma si presenterà di colpo quando  un grosso paese esca dall’euro. E’ la versione dell’antico adagio: se devi  alla banca mille euro, hai un problema; se le devi un milione, il problema lo ha la banca.   Figurarsi se devi 356 miliardi.

“Grandi passivi sono stati silenziosamente passati  dalle banche private  sulla spalle dei contribuenti del Sud Europa”, ha  spiegato Evans Pritchard: “Una somma  che sta rapidamente toccando il trilione di euro (mille miliardi) senza che alcun parlamento abbia votato per accollare al popolo questo debito”.

E aggiunge  un elemento essenziale, e ancor più tenuto segreto  all’opinione pubblica: “Sono gli effetti collaterali non voluti  della ‘stampa’  di euro (quantitative easing) operato dalla BCE, che è degenerato in un  mezzo per la fuga di capitali dal blocco del Club Med verso Germania, Lussemburgo, Olanda…”

Viene chiamata in causa la BCE.  La quale, per aggravare le cose, deve essa stessa   160 miliardi a Target 2, ossia alla   Germania, ossia alla banca centrale tedesca. Si ritiene che  ciò dimostri che la BCE ha preso in prestito dalla Bundesbank per poi passare questi miliardi alle banche centrali nazionali del Sud.

E’ per questo che Schauble e Weidmann (il governatore della Bundesbank) insistono tanto che l’Italia “faccia le riforme” e  impongono austerità  e vendite di cespiti  – patetico e ridicolo, perché ormai nessuna “riforma” basterà a coprire il debito di 360 miliardi, se l’euro si spacca, e ancor più ridicolo perché con l’imposizione delle austerità  e  privatizzazioni  (ossia svendite dei cespiti di possibile profitto), la possibilità che l’Italia  (in recessione sempre più grave) finga di far fronte al debito pagando almeno gli interessi, si allontana sempre più.

Per i tedeschi, il contrappasso

Piuttosto, la domanda andrebbe rivolta, come fa’ Zero Hedge, al capo della banca centrale tedesca, l’altezzoso Jens Weidmann:  come mai sotto la sua presidenza ha   lasciato accumulare consapevolmente 800 miliardi di crediti a favore dei contribuenti tedeschi? Ossia un quarto del  potente Pil germanico?

La risposta è:  perché faceva comodo alla Germania prestarci i soldi perché potessimo comprare le sue BMW, VW, macchinari e  beni capitali. E così che ha accumulato l’enorme surplus commerciale dell’8% sul Pil, che ha come contraltare il deficit del 4 per cento della Francia, del 3 dell’Italia … Con la differenza che Weidman fa  la lezione a noi italiani minacciando sanzioni, ma non minaccia la Francia: perché  è  la compare necessaria del trucco  chiamato euro. Finché c’è Hollande, e se vince Macron, ossia il ragazzino dei Rotschild. Ma se vince la Le Pen?

Più bello che intelligente.

Weidman rischia il plotone d’esecuzione. Letteralmente, quando i tedeschi comprenderanno cosa ha fatto dei “loro” risparmi.

 

Perché “la Germania è in guai più grossi che Italia, Spagna o Portogallo”, dice Egon von Greyerz, fondatore e gestore del fondo speculativo tedesco Matterhorn Asset Management AG: “Quei paesi non sono in grado di pagare, quindi  toccherà ai tedeschi pagare il conto”. L’alternativa possibile: BCE e Bundesbank stamperanno ancor di più, a perdifiato, per coprire quelle spese. Dunque dalla deflazione più gelida si passa  all’inflazione esplosiva? I risparmiatori tedeschi scopriranno da un giorno all’altro che i loro euro sono  dimezzati di valore?   O ne perdono il 10% al giorno In un’iper-inflazione mai vista?

 

Si potrà notare il contrappasso: la Germania non ha voluto fare dell’euro una zona monetaria  perfetta, perché ciò  l’avrebbe obbligata a trasferire i suoi surplus euro  ai paesi in disavanzo cronico. L’ha fatto in modo nascosto, prestandoci i soldi necessari, e  pretendendo di riaverli indietro con gli interessi. Adesso,  se l’euro si spacca, il trasferimento che i taccagni hanno rifiutato, verrebbe stabilizzato. L’Italia farà sicuramente   bancarotta. Qui ci sarà il caos, ma almeno collettivamente abbiamo comprato BMW e macchinari tedeschi con 360 miliardi che comunque non avevamo, e mai restituiremo.  I tedeschi subiscono la perdita secca.

Padoan è diventato nervoso..

Naturalmente le nostre oligarchie parassitarie,  anche se non sono minacciate dal popolo (bue  e passivo), hanno paura dell’imminenza dell’indicibile “qualcosa”   che non ci dicono. Sanno che possono  restare lì come topi nel grasso formaggio fino a quando la UE, ossia Berlino e la BCE,  li ritengono capaci di tenere la finzione  della nostra solvibilità – a forza di torchia fiscale, svendite di Ferrovie e Poste, riduzione del deficit per “servire” gli interessi sul debito pubblico;  per questo  ci fanno paura, in combutta coi loro media, su quello  che ci accadrebbe se usciamo dall’euro… ma l’euro va in crisi comunque, se all’Eliseo va la Le Pen, come  hanno capito le banche internazionali; anche se sarà l’Italia a farlo crollare, nonostante i popolo passivo e la oligarchia cieca ed avida non lo vogliano e facciano riti magici per scongiurare il rischio. E’ la  realtà che si affaccia.   E forse, finalmente, piazzale Loreto?

Forse la spaccatura del PD  di  (s)governo   ha questa spiegazione di fondo: alcuni furbastri vogliono farsi trovare all’opposizione  quando succederà, e potranno stillare:   “Ecco, vedete che cosa sa fare, al governo, il 5 Stelle?!”.

Il più nervoso  è  Padoan, l’uomo della BCE e del Fmi messo a governare il nostro debito. E’ tornato da Bruxelles  “meno ottimista e più riflessivo”. Ed ha fatto capire alla Stampa che vuole andarsene  dal ministero dell’economia, se Gentiloni “non fa le incisive riforme” che il PD da Bersani e da Renzi non ha mai fatto, perché inciderebbero sugli stipendi milionari dei ricchi di  Stato, che loro soprattutto devono e vogliono salvare. Padoan ha poi subito smentito  lo “sfogo”: ed è già una notizia che si sia  lasciato scappare un sfogo. Ha paura.  In fondo, lui non c’entra con quei marpioni?,  è stato messo lì,  non  è  un politico – è un tecnocrate internazionale,  di quelli che non pagano mai il conto.  Non vuol restare col  cerino in mano quando il governo Gentiloni dovrà far bancarotta, e il popolo bue italiota si troverà con degli euro che si sciolgono in mano, o con una neo-lira che questi incompetenti disonesti non sapranno instaurare, sotto le rivolte che non hanno abbastanza legittimità per reprimere con autorità credibile.

 

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