Tre passi nel delirio (parte seconda)

E’ impensabile contrastare il delirio, giunti a questo punto. Occorre restare in piedi tra le rovine, essere coloro  che sanno vedere tra le macerie le pietre per ricostruire una cattedrale. “Quando un ciclo di civiltà volge verso la fine, è difficile poter giungere a  qualcosa resistendo, contrastando direttamente le forze in moto. La corrente è troppo forte, si sarebbe travolti. L’essenziale è non lasciarsi impressionare dall’onnipotenza e dal trionfo apparente delle forze dell’epoca. Tali forze, per essere prive di connessione con qualsiasi principio superiore, hanno, in fondo, la catena misurata. “ ( J. Evola, Cavalcare la tigre).

Per tenere dritta la barra, la fedeltà ai principi è essenziale. Il delirio vince oggi, forse domani, ma perderà, inevitabilmente, dopodomani. Ha pulsioni di morte, sta affrettando la propria sparizione, come dimostra l’abortismo para religioso che professa, unito alla spinta verso la soppressione di anziani, malati, depressi, poveri.

Il cambiamento antropologico che stiamo attraversando si caratterizza per il rifiuto dell’umano e della realtà.  La nuova cultura dominante è autoritaria, statalista e insieme individualista, triste, arbitraria, ostile a qualsiasi fondamento che leghi al passato e rafforzi i  legami spontanei e naturali. Per una curiosa eterogenesi dei fini, hanno vinto i “maestri del sospetto” di origine marxista, Derrida, Foucault, i francofortesi, la cui “teoria critica” è diventata la cultura ufficiale del globalismo. L’essere umano si è posto contro ciò che la sua natura e condizione presuppongono. Odiamo perfino la nostra corporeità e la nostra sessualità. Questo è l’ ubi consistam della deriva LGBT, specie nella forma  “trans”.

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Viviamo nel tempo “post”: post cristianesimo, post umanesimo. La mutazione antropologica ci allontana da tutto ciò che trenta secoli di civiltà, dal paganesimo antico al cristianesimo, avevamo condiviso e trasmesso. Siamo inseriti in un acuto cambiamento culturale, etico e sociale, caratterizzato, tra gli altri aspetti, da un’intolleranza in nome del suo contrario, dalla rinascita – molto anglosassone- di un nuovo puritanesimo, trasferito dall’ambito sessuale a quello dell’ossessione per l’uguaglianza, al divieto di giudizi di valore, e soprattutto, dall’assenza di una visione comune per lo spezzettamento della società in mille segmenti, micro identità ostili, rancorose, rivendicative.

La decomposizione della cultura – ridotta a specialismo “tecnico”– fa sì che per la prima volta nella storia si possa diventare classe dirigente senza sapere nulla della storia comune.  Tutto ciò va di pari passo con un’inversione della sensibilità estetica.  Per José Ortega y Gasset, “l’arte non ha mai coltivato l’assurdo, l’inintelligibile, ancor meno il rozzo o il volgare”.  Oggi sì. L’intero processo- decostruzione gioiosa, il delirio autodistruttivo che i latini chiamavano cupio dissolvi – avviene entro una profonda trasformazione tecnologica che spezza il ritmo umano e incatena alla virtualità impadronitasi delle nostre vite troncando il rapporto con lo spazio e il tempo.

Il cambiamento antropologico tocca anche il diritto, che di fatto scompare, sostituito dalla semplice legalità. La legge non è più “ giusta”, conforme a natura, come sempre fu, dai tempi di Sofocle a Paolo Giulio, ma solamente “legale” , posta cioè secondo procedura a guardia delle idee del tempo, ovvero dei dominanti: diritto detto positivo , padre dell’autoritarismo amministrativo privo di radici ontologiche e umanistiche. Il delirio è evidente nel potere delle organizzazioni internazionali ( ONU, OMS, WTC e Organizzazioni Non Governative, teste di ponte dell’interesse privato) , superiori ai governi legittimi, complici della servitù volontaria in cui è caduto l’Occidente. Una parte significativa di umanità ha perso qualità umana e spontaneità: -accigliata, triste, moralista senza morale, delatrice, sottomessa ai protocolli, alle multe, alla vigilanza e agli atteggiamenti antisociali.

Il paradigma è l’orribile espressione “distanza sociale” , eredità pandemica, in cui la lontananza fisica determinata dalla paura del contagio ( coltivata dal potere ) è diventata “ sociale”, ossia inimicizia reciproca, sospetto, rottura dei legami, scempio finale della comunità.  La rottura dei legami naturali – famiglia, comunità, amici, identità – ci rende più vulnerabili, dipendenti dal potere,  pubblico e privato, dai tutorial di Google, le istruzioni calate dall’alto. Questo cambiamento non è solo contro Dio, il grande assente: è contro l’uomo, contro il mondo e contro la realtà; produce una visione negativa e pessimistica dell’uomo. Dobbiamo ferocemente tenere il punto su tutto ciò che è minacciato o condannato, come la legge naturale, la virtù, la famiglia, la procreazione, la verità. Il Grande Fratello ha il tempo contato, poiché il gregge su cui sperimenta il rovesciamento antropologico si estinguerà in un paio di generazioni.  Il potere lo sa e diventa biopotere.

Perciò ha inventato il transumanesimo, che ci vuole artificiali, ibridati con la macchina, dipendenti dagli apparati che possiede e  rende obbligatori per estendere la sorveglianza : biocrazia, potere sulla vita. Il principio- diventato il cuore della menzogna green– è che gli esseri umani sono la piaga che ferisce Gaia, la Madre Terra. Di fronte al delirio distruttivo, dobbiamo assumere una posizione “bioconservatrice”, consistente nel riaffermare la nostra umanità e tutto ciò che ci rende umani: avere figli, creare una famiglia, sviluppare attività comunitarie, ritrovarsi con gli amici , rinunciare nei limiti del possibile agli apparati tecnologici.

La tecnologia è al centro del cambiamento antropologico del XXI secolo, la decostruzione infera dell’umano iniziata da Freud e Wilhelm Reich, proseguita dalla Scuola di Francoforte e dai suoi epigoni della Teoria Francese.  Il transumanesimo è un ibrido tra il movimento politico, la tendenza culturale, la filosofia e  religione secolare, mirante a modificare l’essere umano nella dimensione intellettuale, fisica, cognitiva attraverso la tecnologia. Il suo delirio è l’aspirazione all’immortalità, nonché a una sorta di super benessere, proposto dal filosofo David Pearce: l’ “imperativo edonistico”, l’esistenza orientata al piacere anche attraverso la modificazione genetica. Un altro obiettivo è una sorta di superintelligenza, sostenuta da Nick Bostrom, direttore dell’Istituto per il futuro dell’umanità dell’Università di Oxford. Non è un dettaglio, perché dimostra che il transumanesimo è legittimato a partire dall’accademia.

Bostrom è un post-umanista: l’ essere umano smette di essere umano,  crea un’altra categoria, un altro essere, un’entità nuova. Bostrom suggerisce che la corporeità non sarà più necessaria. Attraverso una struttura di tipo cyborg, l’essere umano diventa un insieme di informazioni, uno spettro di dati. L’obiettivo – delirante- è che gli esseri umani smettano di essere umani: non più miglioramento delle funzioni, della qualità e dell’aspettativa di vita, ma ri-creazione. L’antica eresia gnostica.  L’uomo ( l’Oltreuomo tecnologico) diventa creatore di sé e lascia il posto a un altro essere. Questa è la base filosofica, al cui centro c’è una guerra antropologica nemica dell’essere umano che vive e veste panni. Come si può migliorare qualcosa distruggendola? Un altro intellettuale di riferimento è Yuval Harari, sostenuto da grandi piattaforme tecnologiche e organizzazioni multinazionali, a partire dal Forum di Davos.

Harari è apertamente transumanista, parla di sostituzione delle religioni con il “ dataismo”, il culto dei dati raccolti ed elaborati dalla tecnologia. Derive siffatte combattono ogni religione, in particolare in Occidente il cristianesimo, poiché stabilisce principi e valori assoluti, oggettivi. L’essere umano è maschio e femmina: esiste un dualismo sessuale, odiato in quanto l’approccio transumanista prescrive che l’uomo può essere qualsiasi cosa, argilla da modellare a piacimento. Non più l’essere a immagine e somiglianza di Dio, ma della propria volontà o percezione. Il processo giunge a conclusione: destruttura, decostruisci, revoca in dubbio, nega: il risultato è l’uomo occidentale contemporaneo.   La Scuola di Francoforte pose le basi del progressismo, che non è solo “di sinistra”. Esso nacque infatti negli Stati Uniti alla fine del XIX secolo, ad iniziativa di grandi industriali, i Rockefeller, Vanderbilt, Stanford, che poi crearono le loro università.  Sconfitto il comunismo, il progressismo è divenuto l’ideologia del neo capitalismo globalista , dei tecnocrati, dei pianificatori, di quelli che C.S. Lewis nel profetico pamphlet L’abolizione dell’uomo chiamava “condizionatori” .

In quel brodo di coltura nascono l’agenda ambientale, la rivoluzione gender,  il femminismo di ultima ondata.  Il progressismo dei padroni universali sostiene la tesi del cambiamento climatico di origine antropica. Il rischio è tanto grande da richiedere misure straordinarie moralmente giustificate, sino alla limitazione drastica delle libertà. Se l’uomo è un parassita, come controllarlo?  Attraverso il sesso e la riproduzione, le grandi ossessioni progressiste. Tutto ciò che ha a che fare con i criteri –imposti- di diversità, uguaglianza e inclusione coinvolge sesso e riproduzione. Da qui le politiche sulle quote di genere, la promozione della transessualità, l’aborto, l’agenda LGBT, l’ideologia di genere. Se dici di essere uomo, sei sessista ed eteropatriarcale. Non va meglio alla donna: decostruiscono il femminile attraverso false categorie come le donne trans, grazie alle quali  ex uomini (maschi  biologici) vincono concorsi di bellezza per donne e competizioni sportive femminili.  In questo calderone dissolvente compaiono teorie come l’antispecismo, l’idea che gli esseri umani non siano superiori agli animali. In questo modo l’homo sapiens cessa di avere un posto speciale nel mondo naturale, non è più il figlio di Dio. E se si assegnano diritti agli esseri umani, anche gli animali devono averne, introducendo categorie culturali e giuridiche come “persona non umana” ed “essere senziente”.

Ci preparano da quasi un secolo al mondo nuovo, almeno dal 1932, anno di uscita  di un libro dello stesso titolo, di Aldous Huxley, il cui fratello Julian fu fondatore  dell’eugenetica, primo direttore generale dell’Unesco, ideatore del termine transumanesimo. Il nonno dei due era Thomas Huxley, detto “il mastino di Darwin”, promotore della modifica “tecnica” degli esseri umani secondo criteri di razzismo scientifico. Quel razzismo “scientifico” eretto a giustificazione morale si materializzò negli Stati Uniti con politiche pubbliche eugenetiche. Nel romanzo di Huxley si afferma che esistono diverse categorie di esseri umani, si utilizza la droga per rendere gran parte dell’umanità un gregge di docili idioti, si adombra l’abolizione dei rapporti interpersonali e si affida la riproduzione – controllata- alle macchine.  Profezie di un insider dell’oligarchia .

Viviamo una crescente dipendenza dalla tecnologia. Non solo perché ci siamo abituati ai messaggi, ad interagire su Instagram o Facebook, ma perché banche e governi ci costringono a gestire tutto attraverso le applicazioni elettroniche. Tutto viene digitalizzato, tutto viene automatizzato e diventa dato. Se ci sono organizzazioni private o pubbliche che detengono tutti i miei dati, che sanno che cosa faccio in ogni momento, dove vado, con chi parlo, che cosa compro, hanno la capacità di controllarmi. Gestiscono le informazioni,  gestiscono me. Possono sviluppare algoritmi che determinano con certezza quale decisione prenderò in base ai miei comportamenti precedenti.  La tremenda volontà di potenza di un piccolissimo numero di uomini confligge con il resto dell’umanità, a cui viene insegnato che la vita non ha scopo né senso, il disagio lenito  dall’effimero piacere, lo stordimento per dimenticare la caducità e la precarietà dell’esistenza.

E’ la “fase tragica” del nichilismo , l’inizio della “miseria dell’uomo senza Dio” per usare il lessico di chi scrutò sino in fondo l’abisso, Friedrich Nietzsche. Se anche avesse ragione Kirillov nei Demoni di Dostoevskij, secondo cui l’uomo ha inventato Dio per poter continuare a vivere, la sua espulsione, la rimozione della sua  stessa possibilità, ci consegna all’angoscia postmoderna, a un’ esistenza rimessa a se stessa nella sua nuda realtà, senza alcun riferimento che possa conferirle significato. Non resta che lo stordimento, la corsa a perdifiato che esorcizza il Nulla, il delirio come rimedio al vuoto esistenziale. (2. Continua).

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