Rizzo ed Alemanno. Visti da Copertino

Sono stato, come osservatore, all’evento di fondazione del movimento “Indipendenza” varato a Roma il 26 novembre scorso da Gianni Alemanno.

Nel corso dell’evento si è svolto un convegno su “Gaza ed il mondo multipolare” con la partecipazione del sindaco cristiano e palestinese di Betlemme (applauditissimo), di un dirigente Unesco (che ha raccontato del disprezzo del governo e dell’esercito israeliani verso tutti i reperti archeologici non “ebrei”, fino a piazzare i tank sui ruderi romani, come a voler cancellare la memoria storica della Palestina non ebraica, con un particolare disprezzo verso quella cristiana), dei giornalisti Francesco Borgonovo e Francesco Toscano, nonché del comunista fondatore di DSP Marco Rizzo e dello stesso Alemanno.

Ho potuto assistere – in barba a tutti i detrattori – ad un civile dialogo non tra “fasciocomunisti”, giacché ciascuno ha rivendicato il suo percorso e la sua provenienza (Rizzo ha ricordato le tre aggressioni subite dai “fasci” nella Torino anni 70 ), ma tra persone intellettualmente oneste, che non esitano a criticare l’andazzo generale, e che soprattutto hanno aperto ad un tollerante confronto e collaborazione su diversi temi. Rizzo ha giustamente rivendicato, contro le critiche da sinistra, che lui non deve essere certo autorizzato dalla Schlein “arcobaleno” a parlare con i “fascisti” ed ha dichiarato che non vuole assolutamente che ricadiamo nel conflitto anni settanta.

Alemanno da parte sua, con mossa intelligente, ha indicato come base del dialogo la difesa, e l’applicazione, della Costituzione del 1948, che, lui di provenienza neofascista, ha ricordato essere il risultato della sintesi equilibrata tra culture politiche diverse: quella socialista-comunista, quella cattolica, quella liberale aggiungendovi, molto opportunamente sotto il profilo storico, l’umanesimo del lavoro della scuola gentiliana. Rizzo, con termini da produttivismo mussoliniano (non so se se ne rende conto), ha detto che attualmente il conflitto sociale è quello tra popolo, ossia l’alleanza tra lavoratori e ceto medio (nel quale non ha esitato a ricomprendere i piccoli e medi imprenditori), contro le élite capitalistico-finanziarie.

Gli applausi tanto ad Alemanno che a Rizzo sono stati a dir poco scroscianti. Assistiamo, dunque, agli eredi del fascismo che, insieme agli eredi del comunismo, si ergono a difesa della Costituzione antifascista ma in realtà permeata della cultura organicista degli anni trenta nella quale si formarono i padri costituenti, tanto cattolici che di sinistra. Non alleanza “fasciocomunista” ma difesa comune di quella Costituzione tradita da tutti coloro che a destra ed a sinistra, da Meloni alla Schlein, fanno i liberali a chiacchiere, mentre si sdraiano supini al potere neo-totalitario che va emergendo dalla deriva dell’Occidente. Orbene, è cosa buona e giusta che questo spirito di dialogo e tolleranza coinvolga anche la memoria bipartisan dei tanti giovani uccisi negli anni settanta da una parte e dall’altra.

Qui, da Facebook, un libro (non mio: ne ho solo appreso la notizia) che intende fare proprio questo. Se c’è una nuova dicotomia è quella – che poi tanto nuova non è, essendo perenne – tra chi è onesto nelle idee e nelle intenzioni e chi invece fa il questurino o l’inquisitore del pensiero (non a caso, un altro recente libro, per Il Cerchio, di Andrea Zhok è dedicato alla nuova “profana inquisizione”). LC.
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Il prossimo 12 dicembre uscirà la ristampa (senza la parte generale e con ampio corredo fotografico) edita da Settimo Sigillo di Chi sparò ad Acca Larenzia?

Come anticipato, ho rinunciato completamente ai diritti d’autore. Tali somme verranno interamente utilizzate per la costituzione di una borsa di studio. Verrà organizzato un piccolo concorso che sarà presentato il 7 gennaio. Ragazze e ragazzi saranno invitati a scrivere un breve racconto sull’amicizia. Il 7 gennaio successivo, il premio sarà consegnato alla vincitrice o al vincitore da Maurizio Lupini durante una cerimonia a cui inviteremo anche familiari di vittime di ogni colore. Il senso dell’iniziativa è proprio questo. Non vogliamo partecipare allo squallido e attualissimo rituale di chi usa il sangue delle vittime per fare propaganda. L’ho detto tante volte e lo ripeto. Ho scritto questo libro con senso di appartenenza, sfidando apertamente chi doveva capire. E ha capito. L’ho scritto in memoria di Franco, Francesco e Stefano ricordando al contempo Walter, Roberto e Ivo. Ragazzi caduti sul fronte opposto. Raccontare solo un pezzo della storia degli anni di piombo, quello più comodo, è un gesto vile che purtroppo va sempre più di moda.  Le tensioni ideali del novecento si sono esaurite. Non date retta a chi se ne serve in modo parassitario per coprire i suoi vuoti.

Di quelle tensioni restano solo i “residui psichici” di cui non a caso vanno a caccia individui abietti, spesso impegnati a cospargere odio tramite qualche importante quotidiano. Grazie a costoro il 7 gennaio si rovescia puntualmente nel suo opposto. Si fa il processo ai ragazzi che ricordano i caduti. Si battono persino i cimiteri per trovare una notizia scandalosa. Nessuna indignazione si prova e si rappresenta per gli assassini, quelli ancora vivi o perlomeno vegeti, che continuano tranquillamente a pascolare  in città. Il tempo dei processi è finito da un pezzo e non ho mai avuto la minima intenzione d’invocare vendette giudiziarie a scoppio ritardato. L’unico processo lo merita la giustizia che nulla ha saputo o voluto dire sugli omicidi di via Acca Larenzia. Molto più utile quindi è una riflessione generale, possibilmente onesta, sull’inutile bagno di sangue conosciuto dall’Italia negli anni di piombo.

Non per colpa di quell’oscuro burattinaio che ci racconta oggi qualche togato. Ma per responsabilità che andrebbero ben distribuite. L’obiettivo del progetto a cui vi chiedo di partecipare – con la sfacciataggine di chi ha rinunciato a ogni compenso –  è soprattutto quello di ricordare in modo degno Franco, Francesco e Stefano, insieme alle vittime di opposto colore. Di far in modo che i seminatori d’odio quest’anno non abbiano il loro giocattolo per divertirsi. Chiedo a tutti quelli che hanno a cuore questa storia maledetta di fornire il loro contributo. Acquistando una copia del libro e invitando i conoscenti a fare altrettanto. Ps: Cosa è l’amicizia? Un bel post su facebook? Una frase retorica? Un valore a cui bisogna essere educati? Un’alleanza occasionale generata dal fatto di condividere un corso scolastico o un’attività sportiva? Un vantaggio o una maggiore opportunità? Può essere per esempio un piccolo gesto. Quello di Maurizio Lupini che per diversi giorni si rifiutò di lavarsi per tenere con sè, sulla pelle, gli schizzi di sangue dei fratelli caduti in via Acca Larenzia.