Marcello Foa: «Il succo di Putin»

Ma alla fine cosa dobbiamo ritenere dell’intervista di Tucker Carlson a Vladimir Putin? Direi quatto punti. E una chiosa.

  1. Il presidente russo sostiene di non essere mai stato pregiudizialmente ostile all’Occidente. Anzi, ha più volte teso la mano agli Stati Uniti, citando fatti e circostanze. Il suo desiderio di far parte nel nostro Club era tale da indurlo a proporre l’entrata della Russia nella #NATO,. Ma le sue proposte sono state respinte sistematicamente da Washington, che ha invece perseguito una linea di crescente ostilità ed isolamento di Mosca, portandosi appresso gli europei.
  2. Nel 2022 l’Occidente ha sbagliato i calcoli, riteneva che la #Russia sarebbe crollata sotto il peso delle sanzioni e invece l’economia del Paese va benissimo. Putin ritiene che la crisi ucraina abbia accelerato il processo di avvicinamento dei #BRICS compattando i Paesi del mondo che vogliono sottrarsi all’influenza statunitense, in primis la Cina di cui però non teme l’ascesa in quanto mossa da “una cultura del compromesso”. Il peso di questi Paesi continua a crescere, quello del G7 a diminuire, il che lo induce a pronosticare il tracollo dell’impero americano, come quello romano.
  3. Ha negato qualunque mira espansionistica della Russia, definendo insensate le accuse occidentali secondo cui Mosca potrebbe attaccare la Polonia o i Baltici. Scenario inverosimile, a meno che non siano questi Paesi ad attaccare Mosca.
  4. #Putin è pronto a un accordo sull’Ucraina, che può avvenire in tempi rapidi, sulla base dell’intesa che era stata raggiunta a Istanbul nell’estate del 2022 e sottoscritta da Kiev. Ha confermato le indiscrezioni secondo cui a far saltare l’accordo fu Boris Johnson. Ma ora deve essere l’Occidente a fare il primo passo.

Che cosa è mancato in questa intervista? Qualunque domanda sulla situazione politica interna russa, sui rivali politici imprigionati, eccetera. Il tema non è stato nemmeno sfiorato da #tuckercarlson , trattandosi verosimilmente di una condizione preliminare, come da prassi nelle interviste con capi di Stato. Carlson non ha potuto derogare anche perché non era in diretta. Se avesse sgarrato, il Cremlino avrebbe negato l’assenso alla pubblicazione.

Si è preso però una grande libertà: ha chiesto la liberazione del giornalista del Wall Street Journal, Evan Gershkovich arrestato nel marzo 2023 con l’accusa di spionaggio. E non si è limitato a una domandina d’ufficio, ha insistito più volte, rompendo chiaramente il protocollo. Alla fine, Carlson ha fatto il botto (l’intervista solo su ”X” vola verso 200 milioni di visualizzazioni). Putin anche, essendo riuscito a inviare messaggi dissonanti e non aggressivi. E’ stato abile e anche furbo, avendo schivato i punti del passato e del presente su cui avrebbe avuto difficoltà a essere persuasivo. Insomma, abbiamo sentito la sua verità, che non dovrebbe spaventarci, né indignarci perché le democrazie non temono le opinioni dissonanti. Talvolta ce lo dimentichiamo.