Macron ora invoca una pausa UE alle politiche Green

Ritorno al buonsenso?

20 Maggio 2023 07:54 – di 
Macron ora invoca una pausa Ue alle politiche green

Macron ora invoca una pausa Ue alle politiche green

Macron ha presentato un piano per re-industrializzare la Francia e chiede una pausa alle politiche europee per l’industria verde.

L’approfondimento di Sergio Giraldo

Giovedì 11 maggio 2023 il presidente francese Emmanuel Macron, con un discorso di un’ora all’Eliseo, ha presentato la strategia francese per accelerare la re-industrializzazione del Paese (“Réindustrialiser la France”). Un discorso importante e per certi versi sorprendente che, come vedremo, ha una sua ragion d’essere.

COSA HA DETTO MACRON SULLA DE-INDUSTRIALIZZAZIONE DELLA FRANCIA

Davanti ad una assemblea gremita di industriali, Macron ha chiarito da subito che la Francia si è deindustrializzata più di altri paesi europei: “C’è stata una scelta quasi ideologica per dire all’industria che questi non sono buoni lavori. Meglio essere un Paese di servizi e di turismo. Dalla fine del 2000 fino all’estate del 2017, abbiamo perso quasi un milione di posti di lavoro nell’industria. Ciò che abbiamo scoperto a nostre spese è che questo trascina l’intera economia verso il basso, perché quando l’industria se ne va, se ne vanno i servizi annessi e se ne vanno le amministrazioni che restano a tenere un territorio”.

Curiosa l’assonanza con quanto si dice in Italia del nostro paese (“Il turismo è il nostro petrolio!”, quante volte l’abbiamo sentito dire?). Ma Macron va ben oltre. Citazione testuale: “Sì, abbiamo deindustrializzato più degli altri, il che ci pone in una situazione di impasse. In primo luogo, perché significa che creiamo dipendenze quando deindustrializziamo, che ci piaccia o no. Lo abbiamo sperimentato a volte più di altri in periodo Covid o altrove. La seconda cosa è che non si può avere un modello sociale forte deindustrializzando. E questa è l’impasse in cui ci siamo cacciati perché puoi farlo fino a un certo livello. Ma c’è un punto, devi produrre più ricchezza e abbiamo creato un enorme differenziale. Se prendo il PIL pro capite, abbiamo un differenziale di 10 punti rispetto ai nostri vicini tedeschi, 12 punti rispetto ai nostri vicini olandesi. La spiegazione è la deindustrializzazione. Non è sostenibile in relazione al nostro modello sociale, in relazione alle nostre finanze pubbliche e non è sostenibile in termini di commercio estero”. Dunque, la deindustrializzazione portata dalla globalizzazione crea dipendenza e impoverisce il Paese, che così vede messa a rischio la sua tenuta sociale. Un’ammissione importante.

COSA HA DETTO MACRON SU STATI UNITI E CINA

Più oltre nel suo discorso, poi, Macron ha parlato delle tensioni tra Cina e Stati Uniti e ha affermato che, pur non mettendo in dubbio l’alleanza con gli USA, “in questa battaglia, non vogliamo dipendere. Non siamo destinati a diventare i consumatori dell’industria americana”. Dunque, il progetto di re-industrializzazione della Francia (e dell’Europa in prospettiva) passa anche per qualche “no” agli amici americani: “La reindustrializzazione della Francia e dell’Europa è una questione chiave di sovranità”.

Certo fa impressione sentire un europeista parlare di sovranità, ma sappiamo bene che l’europeismo di Francia e Germania è ben lontano dall’irenico europeismo mediterraneo. Per i due grandi paesi l’Europa unita è una copertura che va utilizzata a seconda delle convenienze e del momento.

I QUATTRO PILASTRI DELLA POLITICA ECONOMICA FRANCESE

Secondo il presidente francese, il resto del suo mandato sarà all’insegna di una politica economica basata su quattro pilastri. Il primo è una politica per la competitività del sistema industriale francese: abbassare il costo del lavoro e il costo del capitale. Anche i costi energetici rientrano in questo ambito: “sobrietà, efficienza energetica, massiccio sviluppo delle energie rinnovabili, massiccio sviluppo del nucleare”.

Il secondo pilastro, secondo Macron, sono gli investimenti su “batterie, elettronica, farmaceutica, intelligenza artificiale, quantistica”. Il terzo pilastro è la politica industriale europea: “Fino a ieri, l’Europa parlava solo ai consumatori. L’Europa aveva una politica di concorrenza e una politica commerciale e si considerava un mercato aperto. Questa è la realtà. L’Europa ha fatto la scelta di rinunciare alla base industriale se questo permetteva di abbassare i prezzi e aprire l’economia. Alcuni Paesi che avevano giocato molto sulla propria competitività stavano andando bene o che avevano intensificato molto le loro scelte, stavano andando bene. Ma questo non è sostenibile e, soprattutto, questo approccio non lo è”. L’idea della politica industriale europea di Macron è basata sull’autonomia strategica, per cui riguarda la tecnologia dei semiconduttori, l’energia, la salute e l’agroalimentare.

Il quarto pilastro per il rilancio dell’industria francese è, per Macron, il rilancio dei territori. Ciò detto, il presidente francese conclude che la Francia deve essere competitiva su capitale, lavoro, innovazione, e deve “aumentare la quantità di lavoro. È in questa strategia che si inserisce la riforma delle pensioni, lo dico assumendolo con molta chiarezza e con molta calma. Se la Francia si è deindustrializzata e ha una debolezza rispetto ai suoi vicini è perché lavoriamo meno dei nostri vicini nel ciclo di vita, è perché ci sono meno giovani occupati, è perché noi lavoriamo meno in età chiave, ed è perché lavoriamo per meno tempo”. Dunque, per aumentare la competitività del sistema industriale francese è importante, secondo Macron, rendere competitivo anche il mercato del lavoro, cioè in sostanza abbassare il costo del lavoro. Questo è interessante perché contraddice la narrativa, che pure abbiamo sentito ripetere all’infinito, secondo cui la riforma delle pensioni in Francia è fatta perché il sistema pensionistico non regge all’invecchiamento della popolazione. In realtà, dice Macron, è necessario abbassare il costo del lavoro, cosa che si può fare non solo tagliando il cuneo fiscale, ma anche aumentando la popolazione attiva. In questo modo si amplia l‘offerta di lavoratori e dunque se ne abbassa il salario marginale (ovvero, la disoccupazione può salire più facilmente, contribuendo a mitigare il potere negoziale dei lavoratori).

MACRON CHIEDE UNA PAUSA ALL’EUROPA

Dopodiché, Macron ha chiesto esplicitamente una pausa alla produzione normativa di Bruxelles: “Chiedo una rottura normativa europea. Ora dobbiamo eseguire. Non dobbiamo apportare nuove modifiche alle regole perché perderemmo tutti i giocatori. Siamo avanti rispetto a Cina e USA su queste normative. Quindi abbiamo bisogno di stabilità. Ora, dobbiamo accelerare le implementazioni […]. Implementiamo ciò che abbiamo deciso, ma smettiamo di aggiungere altro ogni giorno”. Dunque, per il presidente francese per il momento può bastare. In questa richiesta di stop covano un paio di retropensieri. Il primo è che effettivamente l’onerosità e i costi dei regolamenti già approvati è tale per cui ulteriori carichi rischiano di fare deragliare il treno della crescita e di contraddire il mantra della re-industrializzazione, pronunciato davanti agli industriali. Il secondo è che le elezioni europee non sono distanti (manca un anno) e l’elettorato francese ha già dimostrato di non gradire gli interventi intrusivi sul proprio stile di vita, che si parli di prezzo della benzina o di pensioni. Macron può muoversi con procedure parlamentari forzate e sedare le rivolte di piazza con la polizia, ma non può manganellare gli elettori. Non tutti, almeno.

MACRON TRA FRONTE INTERNO, COMMISSIONE E PPE

Monsieur le Président, dopo la non entusiastica rielezione dello scorso anno, è al minimo di gradimento degli ultimi 5 anni: solo il 28% dei francesi approva la sua azione politica, un dato molto vicino al minimo storico del 2018 quando l’approvazione dei cittadini era scesa al 24% (fonte: Politico.eu).

Il fronte politico interno per Macron è molto caldo, tanto che alcuni suoi ministri oggi attaccano il governo italiano, assimilando Giorgia Meloni alla temutissima Marine Le Pen del Rassemblement National (il cui presidente Jordan Bardella è europarlamentare e vicepresidente del gruppo Identità e Democrazia al Parlamento europeo). Proprio il timore di una débâcle alle elezioni europee, motivato non solo dalle riforme interne ma anche dalle regressive politiche green, spinge in questo momento Macron a tirare il freno e ad invocare una sorta di moratoria in quel di Bruxelles.

La richiesta di Macron fa il paio con la posizione del Partito popolare europeo, che da un po’ di tempo si è posto come difensore degli agricoltori ostacolando le nuove direttive europee sui pesticidi ed altri regolamenti. Anche il PPE, infatti, teme che dalle prossime elezioni possa uscire un quadro politico ostile, con un Parlamento europeo molto spostato a destra, dunque trova conveniente identificare la Commissione europea come capro espiatorio cui attribuire le responsabilità delle difficoltà economiche dell’ultimo periodo. Non si può però dimenticare che il PPE è stato uno dei maggiori artefici dell’insediamento di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea. Ricordiamo che von der Leyen fu confermata a capo della Commissione da una votazione del Parlamento europeo in cui emerse una maggioranza di soli nove voti, tra cui quelli decisivi del Movimento 5 stelle.

La Commissione, dal canto suo, parrebbe non essere insensibile a questi richiami, se è vero che ha deciso di posticipare la presentazione di qualcuno dei nuovi atti in gestazione, che riguardano biodiversità, cibo, suolo, rifiuti, tessili e sementi.  Vedremo quando sarà ufficializzato il nuovo programma di lavoro della Commissione. Ci attende dunque un finale di legislatura in cui i partiti della maggioranza Ursula cercheranno di prendere le distanze dall’esecutivo europeo, mentre al contempo sui dossier già avviati la Commissione avrà bisogno del supporto di quegli stessi partiti. Gli elementi per assistere a molte capriole politiche in quel di Bruxelles ci sono tutti.