El Papa, i Rabbini, i Bambini Uccisi e il Futuro. Mastro Titta.

Un capolavoro di “Mastro Titta”, personaggio Vaticano  che scrive su Stylum Curiae

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il nostro Mastro Titta offre alla vostra attenzione questo commento sulle recenti esternazioni del pontefice regnante. Buona lettura e condivisione.

MASTRO TITTA: BASTA FUTURO

Recensire Bergoglio è come gli stage alla Camera dei Deputati: lavoro profumatamente non pagato. Il candidato deve dimostrare di sapersi destreggiare fra tre aspetti della mansione: capire cosa illo volesse dire, cosa illo avrebbe potuto dire, cosa illo ha detto veramente.

Si prenda l’ultima sortita pubblica sul topos letterario “bambini-guerra”, qualcosa che per tenerezza e sdegno se la batte coi cagnolini picchiati e abbandonati.

“Sì, pensiamo ai bambini, a tutti i bambini coinvolti in questa guerra, come anche in Ucraina e in altri conflitti: così si sta uccidendo il loro futuro. Preghiamo perché si abbia la forza di dire “basta”’.

Non si sta uccidendo “il futuro dei bambini”: si stanno uccidendo i bambini. E il problema non è “avere la forza di dire basta”, ma far cessare le ostilità e la guerra. Il che presuppone padroneggiare strumenti negoziali che nulla lasciano all’immaginazione e al sentimento. O li possiedi oppure puoi consumarti a dire basta guerra, ma la guerra se ne infischia. E quelli che la fanno anche. Perché far cessare il massacro quando possiamo dirne peste e corna? Dirne ovunque, intendo, tranne nei cenacoli sinodali dove si chiacchiera di pastorale Lgbtq.

Il papa abile politico, colui che “sono un po’ furbo, mi so muovere”, colleziona ceffoni da comici professionisti come Ricky Gervais e Volodymir Zelensky, e nello scacchiere internazionale conta come il due di picche a briscola con briscola quadri, al punto di darsi malato per il discorso ai rabbini per non urtare, lo vede anche un cieco, gli imam che lo attendono a Dubai per salvare il pianeta insieme.

Non sembra attraversato dall’idea che il “futuro” che gli piace tanto possa smentirlo dolorosamente, né che quando si va alla guerra delle parole usandole come una mazza chiodata l’altro potrebbe reagire e suonarti come un tamburo. Tutt’al più magnanimamente ignorarti.

Bergoglio ha un senso della Chiesa – peso le parole una per una – come di un auto-spurghi: viene ogni tot a liberare il pozzo nero del potere, porta via una tonnellata di melma, tanto sa che tutto sarà come prima e lui dovrà tornare. È un cultore della glosso-terapia: ti cura la diarrea con la logorrea. Come disse all’inizio del suo pontificato della corruzione che “spuzza”. Il problema è la spuzza: sparita quella tutto si aggiusta.

Ria sorte del papa più dualista di sempre – nel mondo di Bergoglio, ogni cosa è bianca e nera nel medesimo tratto, per il resto ignora nuances e mezzitoni – e affronta il proprio destino imminente con una vis comica da tristo mietitore.

La natura sta per rubare il futuro anche a lui, ma eroicamente non vacilla come Michela Murgia. Il vecchio Bergoglio non ha debiti con la fede innata del bambino Bergoglio. Ci fa piacere: sia mai che venga attraversato dal dolore, dall’angoscia e dalla contrizione per il male commesso. Vada avanti, ovunque vada.

Bergoglio considera più pregnante “uccidere il futuro dei bambini” rispetto al fatto che vengano debellati i marmocchi medesimi. Perché mai?

Pensate se avesse detto, a proposito dell’aborto, che “sopprimere oggi un embrione è uccidere un bambino di domani”. Con questa formula, piuttosto elementare nelle sue concessioni alla sensibilità attuale, avrebbe colpito i sostenitori del teorema che un embrione o un feto siano diversi da un bambino. Che tu lo chiami embrione, feto o Pappalardo quello un domani, se lasciato fare, diventa un bambino e poi se Dio vuole un uomo.

Anche riguardo al pregare per avere la “forza di dire basta”: non mi pare sia quello il problema. Un sacco di gente dice basta, ripete basta, scende in piazza per dire basta, e nulla cambia. Si chiede a Dio di liberarci dal male e dalla guerra, non di avere la forza di blaterare che la guerra è brutta ed è meglio non farla.

Perché allora queste formule involute e ciancicate, dalle quali trapela molto sentimento e ben poco orrore per il massacro di civili, soprattutto donne e bambini? Che significa “rubare il futuro si bambini”? Mica li violentano, li chiudono in cantina o tolgono loro i giocattoli condannandoli ad una vita di psicosi. Li stanno macellando come agnelli. Kindern kaputt.

L’uso della formula “rubare il futuro a qualcuno” sposta l’attenzione sul piano ideale astratto. Chiunque di noi, accecato da speranza e vuoto ottimismo, è culturalmente incline a pensare che il futuro sia un luogo edenico, roseo, denso di sogni finalmente realizzati.

Sono balle, e più o meno duramente ci fanno tutti i conti. Bergoglio no: è troppo umile per prendere cantonate. Non indica la croce come condizione umana inevitabile: lancia caramelle a chi ha la carie. Sulle prime quello ti ringrazia commosso, poi sono dolori.

Esattamente come fanno i giovani che sono “il futuro”, Bergoglio idealizza perché non ha idea. Parla dei giovani, della guerra, della natura e dei migranti come degli unicorni: creature fantastiche. Dovendo condannare il dolore per le brutte cose che succedono senza urtare la sensibilità di chi ne è la causa, inventa storielle innocue come l’idea che se ripeti “basta” un numero sufficiente di volte, il mal di testa se ne va.

Ciò che veramente lo offende è il seminarista pavone che prova la talare in sartoria. Per lui ha parole precise, roventi. Ai bambini palestinesi invece rubano il futuro, non la vita: è ora di dire basta. Tronca la cosa, la ripete uguale a se stessa mentre il mondo intorno cambia con feroce determinazione.

È spietato con ciò che esiste quanto benevolo con ciò che non esiste come i sogni, il futuro, la fratellanza. Infatti non lo ascolta nessuno, non lo prende sul serio nessuno, perché parla come l’adolescente guascone, il simpatico pirlacchione della classe, che non ha studiato una mazza all’interrogazione di storia. Se per disgrazia la sfanga, si bea della propria cialtronaggine. Se non la sfanga, dimentica presto e non prova nulla al riguardo. Di studiare non se ne parla.

Tanto arriva la morte e ruba il futuro a tutti, come sembrava ignorare una ragazzina a Bologna che durante i Friday for future esibiva un pezzo di cartone con la scritta cosa studio a fare se non ho un futuro? Già: perché imparare qualcosa se puoi inventartela, come la “Chiesa sinodale”? Perché dovrei amare il papa e la Chiesa quando il papa stesso la ama così poco da crearne un’altra?

Cosa Bergoglio faccia il papa a fare in una Chiesa in cui c’è posto per tutti, tutti, tutti, e dove ognuno si eleggerà papa nel foro della propria coscienza, è il vero mistero. Dostoevskij avverte che in futuro, dopo la morte, le vittime non siederanno a tavola coi carnefici.

Cristo è andato a preparare un posto per ognuno dei suoi. Non ha mai detto che questo posto è lo stesso per tutti. Né si è sbottonato dicendo che è un posto fantastico. Ci piace pensarlo, ma non sta scritto da nessuna parte. Allora basta futuro, di cui nulla possiamo sapere ma solo temere in grazia di Dio.

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