Andrea Cionci
Undici anni di dubbi, scontri e querelle sulla legittimità dell’ultima successione papale forse sono un po’ troppi.
E’ la “Magna Quaestio” sulla quale si dibatte da quell’11 febbraio 2013, giorno in cui papa Benedetto XVI – secondo la vulgata mainstream – avrebbe dato le sue dimissioni con la famosa Declaratio.
Così, nella mattina di giovedi 6 giugno 2024, chi scrive, tramite un suo legale, ha depositato presso il Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, una “Istanza per il riconoscimento della nullità dell’abdicazione di papa Benedetto XVI”. Secondo i “Diritti e i doveri” dei fedeli, infatti, qualsiasi battezzato può presentare al foro ecclesiastico competente delle legittime richieste di chiarimenti.
Non è stata certo una decisione presa a cuor leggero: ci sono voluti quattro anni di inchiesta, (900 articoli, 800 podcast, un bestseller – “Codice Ratzinger” – venduto in 20.000 copie, 120 conferenze) per inquadrare compiutamente la questione e mettere a punto un dossier di 100 pagine con un lavoro di equipe che ha coinvolto cinque avvocati, di cui due canonisti.
Fin da subito, il docente di diritto canonico Don Stefano Violi, sulla Rivista Teologica di Lugano del febbraio 2013, aveva eccepito la mancata rinuncia al munus petrino che è richiesta dal canone 332.2 sull’abdicazione del Papa: “Nel caso che il romano pontefice rinunci al suo munus (ufficio) si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti”. Il munus è quell’incarico che Dio stesso conferisce al papa affinché venga da lui svolto con un servizio, detto ministerium.
Papa Ratzinger ha dichiarato invece che avrebbe rinunciato al solo ministerium, il potere di “fare il papa”. Questo è l’”errore sostanziale” della dichiarazione: manca proprio l’oggetto a cui il Papa doveva rinunciare per una valida abdicazione, cioè il munus e, secondo il canone 188, la rinuncia compiuta in modo erroneo è nulla e invalida, cosa confermata anche dalla costituzione Universi Dominici Gregis (artt.76-77).
L’istanza, divisa in tre sezioni, si basa, nelle prime due, sull’aspetto canonico, disinteressandosi completamente di quale fosse l’intenzione reale del dichiarante.
Non è un caso, infatti, che vi siano diversi autorevoli studiosi (non certo estimatori di Benedetto XVI) che pure confermano come la Declaratio non sia un atto valido proprio per errore sostanziale, per la mancata rinuncia al munus petrino: costoro attribuiscono tale sbaglio a presunte idee moderniste di Ratzinger sul papato, ma, ai fini del diritto, il motivo e l’intenzione per cui papa Benedetto ha offerto un’abdicazione invalida non ha alcuna rilevanza.
A fornire una spiegazione su quello che, invece, ha realmente fatto Benedetto XVI, c’è la Sezione 3: il papa tedesco non ha mai voluto abdicare, ha semplicemente dichiarato un’altra cosa e per un drammatico motivo emergenziale. C’è infatti un solo caso in cui il papa può perdere il ministerium trattenendo il munus, ed è quello della “Sede totalmente impedita”, quando il papa, come illustra il can. 412, è prigioniero, confinato, esiliato, non libero di comunicare nemmeno per lettera. Per semplificare, è un po’ come quando una persona è in carcere, mantiene la patente di guida, il titolo per guidare, ma non può guidare la macchina.
La Sezione 3 ricostruisce come papa Benedetto XVI, messo alle strette da nemici interni ed esterni, e dopo aver verosimilmente subìto un attentato con sonniferi nel marzo 2012, durante il viaggio apostolico a Cuba, abbia messo in sicurezza la Chiesa, facendosi porre in sede impedita proprio dalla convocazione di un conclave abusivo, convocato il 1° marzo 2013 a papa non morto e non abdicatario.
Se il papa non è abdicatario, ma impedito, il conclave che ne segue è nullo e invalido ed elegge un antipapa, cioè un papa non canonicamente eletto.
Come già successo per tutti i 40 antipapi che si sono alternati nella storia della Chiesa, mediamente uno ogni 8 papi legittimi) tutto ciò che Bergoglio ha detto o fatto deve essere annullato e il prossimo conclave dovrà essere composto solo da autentici cardinali di nomina pre-2013, altrimenti sarebbe eletto un altro antipapa. In tal caso, quando non vi saranno più almeno tre veri cardinali sotto gli 80 anni per formare un legittimo conclave, la Chiesa cattolica per come la conosciamo, terminerebbe.
Dopotutto, l’istanza va anche nell’interesse di Francesco: se non ha nulla da nascondere, un regolare procedimento giudiziario non potrà che dissipare i dubbi sulla sua legittimità e dovrebbe pertanto essere incoraggiato da lui stesso.
Se l’istanza venisse rigettata, sarebbe una aperta ammissione di colpevolezza da parte dello stesso Bergoglio e la drammatica prova che il potere giudiziario, in Vaticano, non sarebbe più indipendente dal potere legislativo. Non resterebbe che tornare a rivolgersi ai cardinali pre 2013 ai quali, nel novembre 2023, lo scrivente aveva già inviato 11.500 firme di petizione. I veri cardinali sarebbero tenuti a intervenire dall’art. 3 della Universi Dominici Gregis che impone loro il dovere di tutelare i diritti della Sede Apostolica e non lasciarli cadere nemmeno per evitare dissidi.
In assenza di una loro risposta, per forza di cose, dopo sei mesi ci si è dovuti rivolgere al tribunale penale.
Con milioni di fedeli nel dubbio, tanti preti sospesi, scomunicati e spretati a causa di tale questione, un pronunciamento ecclesiastico definitivo, a norma delle leggi della Chiesa, non è più differibile.
Per parlare di queste e altre tematiche, i prossimi appuntamenti a Milano, Savigliano, Trieste.