Attali profetizza una immane crisi finanziaria

La “soluzione” che propone: “Un nuovo modo di sviluppo, con un rapporto completamente diverso con la proprietà dei beni di consumo e la impronta climatica”. Insomma, ”Non possiederai nulla e mangerai insetti”…

Di Jacques Attali

Si profila un’enorme crisi finanziaria. A meno che non agiamo rapidamente, colpirà, probabilmente durante l’estate del 2023. E se, per procrastinazione generale, viene rinviato, sarà solo più grave in seguito. Abbiamo ancora tutto per dominarlo davvero, a patto di capire che è in gioco tutto il nostro modello di sviluppo.

La situazione mondiale è oggi tenuta insieme solo dalla forza del dollaro, esso stesso legittimato dalla potenza economica, militare e politica degli Stati Uniti, che resta il primo rifugio del capitale nel mondo. Tuttavia, ora sono minacciati da una gravissima crisi di bilancio, finanziaria, climatica e politica:

Il debito pubblico americano raggiunge il 120% del Pil, senza tener conto delle garanzie date dall’amministrazione federale ai vari sistemi pensionistici degli agenti federali né del necessario finanziamento dei futuri disastri climatici. Tuttavia, da metà gennaio 2023 il Tesoro degli Stati Uniti ha raggiunto il limite di ciò che ha il diritto di prendere in prestito ($ 31,4 trilioni);

gli stipendi dei dipendenti pubblici e dell’esercito non vengono più pagati se non per espedienti (che il segretario al Tesoro dice di non poter prorogare oltre l’inizio di luglio 2023). I repubblicani, che controllano la Camera dei Rappresentanti, si preparano a proporre quelli che la Casa Bianca sta già denunciando come “tagli devastanti che indebolirebbero la sicurezza nazionale mentre grava sulle famiglie lavoratrici e della classe media”. E il piano dei democratici, che mira a ridurre il deficit in 10 anni, attraverso un massiccio aumento delle tasse ai più ricchi, non ha migliori possibilità di essere adottato dal Congresso. Gli americani potrebbero cavarsela ancora una volta con un altro aumento del tetto del debito, cosa che nessuno vuole. E questo non risolverebbe nulla.

Il debito privato non è in uno stato migliore: ha raggiunto i 16.900 miliardi di dollari, cioè 2.750 miliardi in più rispetto a prima della crisi del Covid-19; cioè $ 58.000 per adulto americano; o addirittura l’89% del reddito disponibile delle famiglie americane.

Una buona parte finanzia solo la spesa per consumi e l’acquisto di abitazioni; in particolare, il debito immobiliare ha raggiunto il 44% del reddito disponibile delle famiglie americane, cioè il livello più alto storico, superiore a quello del 2007, quando ha innescato la crisi precedente. E gli americani più poveri continuano a prendere in prestito, con la garanzia della Federal Housing Administration, per acquistare alloggi con un acconto limitato al 5% ma rate mensili fino al 50% del loro reddito! Sistema insostenibile. Il 13% di questi prestiti è già in default e questo rapporto aumenta ogni giorno; inoltre, l’aumento dei tassi di interesse aumenterà la pressione su questi poveri mutuatari, ingannati dai prestatori. A ciò si aggiunge l’indebitamento dei promotori immobiliari, anch’esso a livelli senza precedenti; 1,5 trilioni di prestiti immobiliari commerciali devono essere rimborsati o rifinanziati entro la fine del 2025, a tassi molto più alti dei tassi sui prestiti attuali. Tutto questo con banche molto indebolite da quanto accaduto di recente e che non potranno partecipare a questi rifinanziamenti.

A ciò si aggiunge un clima rivoluzionario, dove nessuno può escludere una crisi costituzionale, che potrebbe portare, secondo alcuni, anche alla secessione di alcuni stati.

Il resto del mondo soffrirebbe terribilmente di una simile crisi; L’Europa, essa stessa terribilmente indebitata, precipiterebbe in una recessione, perdendo mercati di esportazione senza che la sua domanda interna possa prendere il sopravvento. Lo stesso per la Cina. Solo la Russia, che non ha più niente da perdere, dovrebbe guadagnarci; e vi contribuirà senza dubbio con attacchi informatici, come senza dubbio ha fatto un mese fa quando le banche della California sono state attaccate.

Non si può pensare che la crescita attuale basti a inghiottire questo debito, come avvenne nel 1950: il rapporto del FMI, per il suo Annual Meeting di questa settimana, è lucido su questo punto, anche se incredibilmente discreto sul sistema rischi finanziari che corrodono l’economia del suo principale azionista, l’americano.

Pochi troppo pochi esperti sussurrano ormai che una grande crisi finanziaria scoppierà, come tante altre prima, nella seconda metà di agosto: come nel 1857, nel 1971, nel 1982 e nel 1993. Ma in quale anno? Forse agosto 2023.

Come evitarlo?

Ci sono quattro soluzioni a questo: economie radicali, nello stesso modo di sviluppo (che creeranno solo miseria e violenza); stimolo fiscale e monetario (che non farà altro che posticipare la scadenza); la guerra (che porterà al peggio, prima forse di aprire opportunità ai pochissimi sopravvissuti). E infine un radicale riorientamento dell’economia mondiale verso una nuova modalità di sviluppo, con un rapporto completamente diverso con la proprietà dei beni di consumo e delle abitazioni, riducendo sia il debito che l’impronta climatica.

Naturalmente, nulla è disposto ad attuarlo; e, se lo faremo forse un giorno, probabilmente non sarà al posto della catastrofe, che è ancora perfettamente evitabile, ma dopo che si è verificata.

j@attali.com

L’Italia si è già portata avanti:

lavoro-povero

https://twitter.com/Gitro77/status/1648946783748341760

Ma la gioventù è pronta alla lotta:

ferragni