“Il nemico dell’America è la Stabilità”, firmato colonnello Peters

“Gli Americani hanno abbandonato nelle loro basi in Afghanistan, arsenali interi di armi modernissime”, commenta l’amico e saggista Gianluca Marletta. “Chiaramente, in guerra le armi si distruggono piuttosto che darle al “nemico”: evidentemente, qualcuno dello Stato Profondo USA vuole rigiocarsi la carta del terrorismo globale. Adesso, tutti i gruppi wahabiti del mondo avranno a disposizione il meglio degli armamenti… tutto gratis! Se un giorno vi ritrovate torme di barbuti sul Raccordo Anulare, non vi stupite..”.

Il sospetto di Marletta coincide grosso modo con la tesi dei Thierry Meyssan. La recita sempre più mediatizzata dell’ambigua auto-disfatta americana, l’abbandono di arsenali al “nemico” con cui un capo della Cia va a parlare, i servizi tutti d’apertura dei TG (persino i vaccini obbligatori passano in seconda linea), le troppo fotogeniche scene delle mamme che passano i loro bambini ai soldatini commossi, la drammatizzazione televisiva della data del 31 agosto, evocano i mezzucci di una suspence cinematografica premeditata.

Dopotutto, sono stati gli USA a creare i talebani in Pakistan contro i sovietici.

“Bisogna interpretare i negoziati USA-talebani − che si trascinavano da anni e che all’improvviso sono stati conclusi dal presidente Biden − come la deliberata consegna del potere ai talebani”, scrive Meyssan. Per fare cosa? A quale scopo?

La chiave per rispondere , per Meyssan, è nell’articolo che uno stratega famoso, il colonnello Ralph Peters, pubblicò su Parameters (la rivista colta delle forze armate USA) nel numero invernale del 2011, ossia all’indomani dell’11 Settembre:

Stability. America’s enemy”, Ralph Peters, Parameters, #31-4, Winter 2001.

Stabilità: nemico dell’America”, delineava la vera strategia Usa, che prefigura esattamente le guerre eterne (anche la presenza americana in Irak dura da 17 anni, la guerra contro Assad in Siria dura da 10) con l’aiuto di mercenari e di “terroristi” foraggiati e armati dall’America.

Nell’articolo, “il colonnello Ralph Peters affermava che gli Stati Uniti non avevano più bisogno di vincere guerre, ma dovevano organizzare instabilità in alcune regioni del mondo, in particolare nel Medio Oriente Allargato. Peters proseguiva affermando che bisogna ricomporre gli Stati secondo criteri etnici, occorreva quindi separare i popoli mescolati tra loro e ciò avrebbe implicato pulizie etniche e altri crimini contro l’umanità. Concludeva affermando che il Pentagono poteva sempre far ricorso a mercenari perché svolgessero il lavoro sporco in sua vece [4]. Sull’onda emotiva dell’11 Settembre, nessuno badò a questo articolo, che rivendicava esplicitamente la preparazione di crimini abominevoli.

Ralph Peters è lo stesso che – sotto il titolo “Blood borders. How a better Middle East would look”, (Ralph Peters, Armed Forces Journal, June 1, 2006).

blood-borders
Il Medio Oriente prima e dopo Ralph Peters

pubblicò la mappa cui lavorava nel 2001 il Comitato dei capi di stato-maggiore USA [5]. Tutti gli Stati del Medio Oriente Allargato apparivano spezzettati secondo le linee di faglia etnico-religiose. “Nessuno era al riparo, nemmeno gli alleati degli Stati Uniti, anche la Turchia e l’Arabia Saudita si mostravano spezzati da disordini tribali e sistemati con “Pulizie etniche”.

La mappa è quella che vedete nell’articolo

Blood Borders and Their Discontents

è ciò che l’America vuole fare del Medio Oriente. Studiatela e immaginate le guerre civili e pulizie etniche che dovranno scoppiare per portare a questo risultato:

Sì, la «guerra senza fine» dichiarata dal presidente George W. Bush non ha per scopo la «lotta al terrorismo», ma strumentalizzare il terrorismo per “destabilizzare” un’intera regione, come annunciava il titolo dell’articolo del 2001 del colonnello Peters: «La stabilità è il nemico dell’America».

La caduta di Kabul risponde all’obiettivo fondamentale di questa strategia, a condizione però che i talebani non riescano a instaurare un regime stabile − e senza alleati sarà impossibile riuscirvi. La fuga dei collaboratori degli Stati Uniti nella contro-insurrezione, qualora riescano a farsi passare per pacifici interpreti, permetterà di estendere il terrorismo ai Paesi di accoglienza. Il presidente russo Vladimir Putin lo ha già denunciato. Il passaggio nelle mani dei talebani dei mezzi militari in dotazione all’esercito afghano permetterà loro di attaccare i Paesi vicini. Diversamente da Daesh, già ora i talebani si sono appropriati della schedatura biometrica di quasi tutta la popolazione afghana e dispongono di una flotta di oltre 200 aerei da combattimento (regalo del “nemico”). La guerra in Asia centrale sarà ancora più terribile di quella nel Medio Oriente Allargato”.

Meyssan nonè d’accordo coi “commentatori che ritengono che Washington abbia abbandonato l’Afghanistan per creare problemi alla Russia e alla Cina. Non si tratta certo dell’applicazione della strategia di Peters e ammiraglio Cebrowski, secondo cui non occorre battersi contro queste grandi potenze, ma trasformarle invece in clienti: si può anche aiutare Russia e Cina a sfruttare le ricchezze di Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, nonché di altri Paesi, a condizione però che si sottomettano alla protezione della potenza militare USA”. Potenza militare gestita attraverso i riarmatisisimi talebani? Chissà.

Non so se questa ultima tesi sia esatta. Ma seduce la visione generale di Meyssan: l’America non si vive nemmeno più come un impero, il suo modello non è Roma, ma il film Gangs of New York: una plutocrazia di bande criminali in competizione con i mezzi più luridi. Appunto perché non ha più l’ambizione di essere impero, “accetta persino che il proprio presidente, Joe Biden, sia sconfitto in Afghanistan”! in questo modo recitato e vistosamente vergognoso. Mica deve elevare archi di trionfo, cerca di dominare il mondo nell’ombra e di accumulare più ricchezze monetarie possibili.