Federico Leo Renzi
QUANDO IL SUCCESSO E' UN FALLIMENTO

Riporto qui quello che mi ha detto una diciottenne L, italo-ivoriana (cioè figlia di immigrati ivoriani ma nata in Italia) durante una lezione che ho tenuto su trap e new economy in un istituto tecnico per ragionieri, e dell'interessante reazione dei suoi compagni e dell'insegnante a quello che la ragazza ha espresso. E' un frammento che ritengo prezioso, perché mostra come il successo dell'integrazione possa risolversi in un rifiuto del life style occidentale.

Avevo appena finito di analizzare il testo di Ninna Nanna di Ghali, il cui il trapper italo-tunisino si chiede se alla fine della fiera, una volta arrivati soldi e successo, fosse effettivamente questo che voleva, fosse questa la (sua) felicità. Chiedo ai ragazzi cosa ne pensano, ed alza la mano L

L: "No, non è quello che voleva. E' quello che credeva di volere, perché qui lo vogliono tutti. Io ad esempio sto 9 mesi qui, poi torno in Costa d'Avorio l'estate e ci passo 3 mesi tutti gli anni. Lì siamo più poveri, ma non siamo soli."
a questo punto interviene F suo compagno, e gli chiede cosa vuole dire
L:"Nella pratica ad esempio qui quando uno si ammala nessuno lo va' a trovare, nessuno lo chiama, ci si manda un messaggio su whatsapp e quando torna torna. Non solo in Italia, io ho un cugino a Parigi e un altro a Londra, ed è uguale per loro. Poi penso a questo da un po': quando finirò le superiori, se mi va bene andrò a lavorare da ragioniera in ufficio, per uno stipendio che basta per vivere, e dopo che faccio? Mia sorella lo fa da 3 anni, e fuori lavoro passa il tempo in palestra e a mettere foto su Insta. E dopo? E' sempre sola, come le sue amiche, da noi invece una donna a 21 anni ha una famiglia, sta sempre insieme ad altre donne, aiuta gli altri, non è mai sola."
Io: "Scusa se te lo chiedo dato che non ci conosciamo, ma è per capire. Ti senti discriminata? Pensi che questa che dici sarà la tua vita sarà così perché sei di origine africana?"
L: "No, non sono discriminata, è uguale per tutti, qui è così per tutti, come dice Ghali. Non cambia se sei nero o bianco. Per voi questa è la vita, per cui se ci riesco preso il diploma me ne torno in Costa d'Avorio, e vedo cosa riesco a fare lì"
vedo i suoi compagni perplessi, uno sembra mormorare una cosa tipo "e allora tornatene a casa tua", ma l'insegnante lo zittisce subito.

finita l'ora, esco dall'aula e l'insegnante d'italiano -la chiameremo M- della classe mi ferma
M: "Mi spiace per quello che ha detto L, in classe non l'aveva mai detto, ma è da un po' che è inquieta"
Io: "Perché va male a scuola?"
M: "No, ma molto bene, meglio dei suoi compagni"
Io: "Comunque non mi sembra abbia detto nulla di strano"
M: "Sì, ma vuole tornare da sola in Africa, c'è qualcosa che non va'"
Io: "No, io credo al contrario, che vada tutto bene. E' piccola, ma ha scelto"
M: "Sì ma non è stata integrata, per questo se ne va"
Io: "No, è proprio perché è integrata che se va. Quando ho parlato di Ghali, lei si è riconosciuta nella sua storia, perché Ghali è un ragazzo della seconda generazione che ce l'ha fatta, si è integrato e ha avuto quello che gli dicevano essere il successo. Ma scopre che alla fine qui c'è solo la solitudine, che i nostri valori sono una maschera per nascondere che siamo abbandonati a noi stessi. Anche lei si sente integrata, quella che immagina e rifiuta è la vita ovvia di un italiano che fa il suo stesso lavoro. Non si sente vittima di nulla."
M: "Sì ma.... si poteva far di più, magari ha sbagliato scuola..."
Io: "E se provassimo a pensarla in altra maniera, cioè che lei sia più libera di noi? Lei ha visto due modelli diversi, quello europeo e quello africano, ha l'intelligenza critica per capire la coerenza fra i valori e la vita concreta a cui questi valori portano. E ha scelto, semplicemente non ha scelto il nostro modello, quello che lei e io crediamo "superiore" perché non riusciamo nemmeno a immaginarne un altro"
M: " Sì, forse... però magari se facesse l'università qui..."
Io: "Mi scusi, ma sono in ritardo e devo andare. Ha fatto un ottimo lavoro, non si senta in colpa"
Foto del diarioIeri alle 13:43
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è un po' come quellic he dicono "vado a vivere in una piccola città", anche se non proprio identico
In Occidente c’è anche la Russia, che però ha conservato aspetti umani da noi persi col capitalismo sfrenato. È per questo che dopo aver provato a viverci per troppo poco tempo, voglio tornarci a gambe levate!
L’umanità e il rispetto della persona esiste dove non c’è il culto del consumismo !
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Niente di nuovo sotto il sole.
Una indagine condotta su scala mondiale qualche tempo fa di non so più quale organizzazione internazionale, cercava di stabilire secondo una serie di criteri il "livello di felicità" degli intervistati...
Quelli che erano risultati tra i più "felici" erano persone che vivevano in condizioni di (relativa) povertà e in nazioni tutt'altro che del primo mondo.
Non curiosamente i provenienti da quegli stessi paesi con un elevato tasso di felicità (diciamo così) che vivevano nel ricco e felice occidente non si dichiaravano particolarmente felici. Se mai erano del tutto in linea con le posizioni e livelli di infelicità degli autoctoni.

Mi pare non ci sia nulla che occorra aggiungere.
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Riflessione breve e profonda su di noi e sulla società di cui facciamo parte. Esattissima!
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Io sono perplesso... C' è davvero qualcuno che pensa che integrare vuol dire civilizzare? Perché il senso del dialogo tra professori mi pare questo. Quindi, se così fosse, mi vuole dire che c'è gente in Italia che ritiene i neri bisognosi di civilizzazione? .... Mi sembra di tornare indietro di un paio di secoli.
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Spero di aver capito male....
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Non so se questa ragazza ha letto Pasolini, però lo applica bene, e sono felice per lei.
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La sua è una scelta come un'altra. Quando sono malata sono io che chiedo di non venirmi a trovare x non contagiare amici e parenti, ma sono comunque collegata a loro anche tramite WhatsApp. Quando avevo 21 non mi sentivo pronta x avere una famiglia mia, volevo continuare a studiare e girare il mondo, non mi interessava stare 'insieme ad altre donne' ma stare con gli amici ed i parenti, non ero mai sola. Vivendo entrambe le realtà lei sceglie quella che più si addice alla sua personalità. Sarei curiosa di sapere se quando avrà 31 anni sarà felice della sua scelta.
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Anche nel meridione d'Italia è più o meno come in Africa, la solitudine non esiste. A meno che non sia tu a voler star solo, ma dura poco.
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Sai che novità "quando ti ammali qui non viene nessuno a trovarti",lo dicevano i miei nonni già sessanta anni fa riferendosi alla vita in città
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Penso che intendesse qualità della vita, non ha offeso nessuno, ritiene penso che il nostro modo di vivere frenetico non faccia per lei. Concordo nel pensiero di rallentare e dare valore alle relazioni e non ai soldi.
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Io credo invece che si riferisca alla qualità della vita affettiva. La nostra, almeno al Nord, è generalmente molto povera. I nuclei familiari sono piccoli, vivono rinchiusi negli appartamenti, la gente non vive più con naturalezza la generosità e la tolleranza delle famiglie numerose e allargate. La solidarietà è cosa rara, i legami sono labili, o molto esclusivi. Non ci rendiamo neppure conto di quanta infelicità stiamo vivendo, e con assoluta convinzione, per giunta.
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Da “Scritti Corsari", di Pier Paolo Pasolini

“Il potere ha deciso che noi siamo tutti uguali.
L' ansia del consumo è un'ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato. Ognuno in Italia sente l'ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell'essere felice, nell'essere libero: perché questo è l'ordine che egli ha inconsciamente ricevuto, e a cui deve obbedire, a patto di sentirsi diverso. Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza. L'uguaglianza non è stata infatti conquistata, ma è una falsa uguaglianza ricevuta in regalo. Una delle caratteristiche principali di questa uguaglianza dell'esprimersi vivendo, oltre alla fossilizzazione del linguaggio verbale (gli studenti parlano come libri stampati, i ragazzi del popolo hanno perduto ogni inventività gergale), è la tristezza: l'allegria è sempre esagerata, ostentata, aggressiva, offensiva. La tristezza fisica di cui parlo è profondamente nevrotica. Essa dipende da una frustrazione sociale. Ora che il modello sociale da realizzare non è più quello della propria classe, ma imposto dal potere, molti non sono appunto in grado di realizzarlo. E ciò li umilia orrendamente. (...)
Non è la felicità che conta? Non è per la felicità che si fa la rivoluzione? La condizione contadina o sottoproletaria sapeva esprimere, nelle persone che la vivevano, una certa felicità reale. Oggi, questa felicità - con lo Sviluppo - è andata perduta. Ciò significa che lo Sviluppo non è in nessun modo rivoluzionario, neanche quando è riformista. Esso non dà che angoscia."
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Integrazione ormai significa: rinuncia a tutta la tua storia personale, alla tua cultura, alle tue tradizioni, e diventa come noi. Per questo non funziona.
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bello Federico. Bello. Grazie di averlo riportato. Questo che ha detto la ragazza è una cosa per me preziosa sai? mi aiuta a capire...e bello che tu alla fine con molta sensibilità abbia detto in quel modo"non si senta in colpa" alla professoressa.
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Mi è capitato da turista andando in paesi diversi di incontrare umanità, voglia di stare insieme di condividere il poco che si ha, l'accoglienza e la generosità che noi occidentali abbiamo dimenticato. Ma alcuni giovani inseguono il mito occidentale, ti chiedono di regalargli la t-shirt o le scarpe firmate pensando che quello li possa far felici ed io pensavo state attenti a non fare i nostri sbagli, voi avete ancora valori che noi abbiamo dimenticato. L'uomo insegue sempre qualcosa in fondo siamo alla continua ricerca di felicità, e la cerchiamo in modi diversi. Per me la felicità e la ricchezza sono il tempo libero per fare ciò che mi piace, il tempo è l'unica cosa che non puoi comprare.
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Condivido in pieno il ragionamento della ragazza! Noi viviamo per comprare oggetti che per il 90% usiamo dolo una volta! Diamo vittime del consumismo compulsivo, ci hanno convinto che il possedere oggetti sia la felicità, mentre abbiamo perso i nostri valori morali e la nostra umanità e siamo cosi condizionati da non capirlo e non accettare modelli diversi dal nostro.
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Si...questa è la libertà di chi sceglie di misurare la felicità non con il numero ed il valore delle cose che si possediono.... è una libertà che solo le persone intelligenti e vive possono permettersi...
Così vivevamo 40-50 ani fa , c’erano i valori della famiglia dell’amicizia dell onore insomma quelli tradizionali . Poi con internet i telefonini la perdita dei valori morali si è arrivati a quanto descritto dalla ragazza . Sono stato inCina ed ho visto code di 1000-2000 persone x entrare a Mc Donald o ristoranti dove 10 cinesi invece di parlare tra loro stavano sul telefonino a chattare o fare foto del mangiare . In Africa forse x la povertà generale in una strada chi ha soldi da’ da mangiare a tutti , vige il principio oggi ho soldi io domani li avrai tu e quindi c’è un mutuo soccorso . Concludo io da ragazzino tornavo da scuola mangiavo veloce ed ero giù a giocare con gli altri bambini , le famiglie tra loro si conoscevano scherzavano e via dicendo , ora sto in 1 complesso di 90 villini da 14 anni e conosco si e no 2-3 vicini . Rimpiango la vita sociale ed i giorni di quando ero ragazzo
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La ribellione e l' istintivita' delle scelte adolescenziali sono il bandolo della matassa. Poi quando avrà un figlio che cresce senza istruzione e sanità si ricredera'
Ci hanno messo le tendine e i fiori alle finestre e la prigione ci sembra il mondo migliore che ci sia
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siamo presuntuosi. non per forza il nostro modello ha da essere il migliore.. concordo con L... se ha trovato una società più ricca “dentro”, fa bene a seguire il suo sentimento, e provare a costruire lì il suo futuro!! ❤️
Mi sento di dissentire con la maggioranza dei post. Posso capire che un modo di vivere più a diretto contatto tra le persone, con un sistema di solidarietà e mutuo aiuto sia auspicabile ad ogni latitudine, ma nelle grandi città spesso non è realizzabile per tutta una serie di motivi ben noti , questo non significa che però tutto sia così. Noi spesso scambiamo l'essere accettati, inclusi in uno "stile di vita", come la soluzione giusta...... non è affatto così. Crearsi una vita piena di valori, di condivisione, di reciproco aiuto si può eccome! Basta volerlo. Basta circondarsi di persone con gli stessi ideali. Non esiste uno standard della felicità...... solo la volontà e la consapevolezza di quello che si ha è di cosa si vuole può farci vivere una vita piena, senza per questo "invidiare" situazioni dal "sapore di una volta"!
Stima per questa ragazza. Condivido il suo pensiero e la sua inquietudine. Negli ultimi 25anni è cambiata in peggio la nostra società, tanti valori si sono perduti
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Si e" perso il senso della morale quello civico il senso di appartenenza il Campanilismo che ci legava ed il senso Patriottico ! Si stimola a denigrarla e mai a d esaltarla!
Quanto e vero tutto ciò!!!!!
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