Su Trump d’Arabia, letture contrastanti. Forse troppo.

La cosa strana (interessante) e’ che Trump sta facendo un viaggio di “grande successo” ma il deep state (se cosi’ vogliamo chiamarlo) non allenta gli attacchi, anzi”, mi fa notare l’amico americano.

E’ infatti uno dei misteri ingloriosi di queste settimane. Donald ha indicato come nemico assoluto l’Iran, con gran soddisfazione della nota lobby; ha spacciato centinaia di miliardi di armamenti ala monarchia wahabita,  con sicura gioia dell’apparato militare-industriale; ha giurato e rigiurato eterna amicizia a Sion, con frasi da far arrossire un neocon: ““La mia amministrazione starà sempre con Israele. Questa è la mia promessa a voi. I leader dell’Iran chiedono la distruzione di Israele ma non succederà con Donald Trump, l’Iran non avrà armi nucleari. Hamas ed Hezbollah lanciano missili contro obiettivi civili in Israele”.

Eppure lo attaccano.

L’editoriale non firmato del New York Times giunge a rimproverargli – inaudito – di essere stato insensibile “al fatto che il wahabismo,  il fondamentalismo sunnita da cui la famiglia reale saudita trae la sua legittimità, ha ispirato l’ISIS e gli altri gruppi terroristi”.

Anzi, peggio:  il gran giornale di New York rimprovera a Trump di aver preso di mira un po’ troppo l’Iran. Giunge e a dire (sicuramente con un brivido di audacia) : d’accordo, “Israele detesta l’Iran, e  lo stesso  fanno molti membri del Congresso; l’Arabia Saudita si sente minacciata da Teheran. L’Iran è un bersaglio facile”, ma non esageriamo: “Vladimir Putin, l’amico di Trump, non è meno responsabile di tenere Assad al potere”.

https://www.nytimes.com/2017/05/23/opinion/donald-trump-middle-east-trip.html?hpw&rref=opinion&action=click&pgtype=Homepage&module=well-region&region=bottom-well&WT.nav=bottom-well&_r=0

Capito? “Il suo amico Putin”, siamo sempre lì. “L’investigazione che continua a gettare un’ombra sulla presidenza”, ancor ieri  la Commissione Intelligence della Camera ha sentito (per quante volte) l’ex capo della Cia John Brennan, licenziato, il quale  ha ripetuto che “lo avevano preoccupato i contatti della Russia con il Trump Team”.  Mai uno straccio di prova, solo la sua preoccupazione. Ma su queste prove, la campagna – Trump-agente—di-Mosca – continua.

 

Che dire? Rilevo che Thierry Meyssan, uno che la sa lunga, dà una lettura molto diversa delle parole di Trump a Riyad: “Il discorso di Donald Trump ai leader del mondo musulmano segna un cambiamento radicale nella politica militare degli Stati Uniti. Ora il nemico non è più la Repubblica araba siriana, ma il jihadismo, vale a dire lo strumento strategico del Regno Unito, dell’Arabia Saudita e della Turchia”.

Per Thierry, Donald avrebbe dato il contrordine  “al  Regno Unito, che nel 1951 ha creato i Fratelli Musulmani […] all’Arabia Saudita, che, su richiesta di Londra e Washington, ha creato la Lega musulmana mondiale [..]: È proprio questa Lega, il cui bilancio supera quello del Ministero della Difesa saudita, ad alimentare con denaro e armi l’insieme del sistema jihadista nel mondo. Infine alla Turchia, che oggi assicura la direzione delle operazioni militari di questo sistema”.

Certo, “l’’Iran è stato indicato come un capro espiatorio. Questo ovviamente è assurdo, visto che i Fratelli Musulmani e la Naqshbandiyya sono sunniti mentre Teheran è sciita.”  Ma si guardi ai fatti: “Teheran sa bene cosa aspettarsi. Per 16 anni, Washington – che continua a sputargli in faccia- ha distrutto uno per uno tutti i suoi nemici: i Taliban, Saddam Hussein e presto Daesh”.

Che questa di liberare Teheran dai suoi nemici sia stata una strategia volontaria, ne dubito molto, ma è effettivamente  ciò che è avvenuto (come effetto collaterale della distruzione di Saddam e della sua egemonia sunnita su un Irak in maggioranza sciita; è il motivo per cui ineocon si trovano con gli sciiti vicini ad Israele, e dunque “Bomb Iran”).

La “lettura” di Meyssan   fa  di Trump uno statista  di statura eccezionale, e un po’ troppo geniale,  rispetto a quel che appare.

Ma è un fatto che la continua e non placata ostilità del deep state (o di  certe sue componenti: Brzezinsky ad esempio è sempre stato contrario a far  la guerra all’Iran)  qualcosa vuol dire: forse anche i troztkisti della guerra atomica messianica e apocalittica, hanno capito dal discorso che l’apocalisse è rimandata?

Una cosa strana è che i media  hanno ripreso ad attaccare Jared Kushner, che prima avevano portato in palmo di mano in funzione anti-Bannon.  Qualcosa è successo?

Non sperate dal vostro cronista una risposta: come un tempo esisteva una pseudo-scienza per carpire quel che accadeva nelle segrete stanze del PCUS, la Cremlinologia, oggi occorrerebbe una “Casa-Biancologia,  scienza solo agli inizi). Mi limito a riportare Robert Steele, un ex dirigente Cia oggi trumpiano, molto ben informato, che scrive:

“Ho saputo da persona di cui mi fido che Jared Kushner è usato da Israele per dare rapidamente all’Arabia Saudita una capacità di attacco nucleare contro ‘Iran. …Kushner è stato sentito discutere di armare i sauditi con missili nucleari con qualcuno che pareva un funzionario dell’intelligence israeliana.

Robert Steele.

“La mia fonte mi dice che gli israeliani ritengono di poter  eccitare una guerra nucleare limitata fra Saudi e Iran, e  che la nuclearizzazione della Arabia Saudita scoraggerà la Russia dal dare un più profondo sostegno alla Siria”.

E sentite cosa aggiunge Steele: Mi vien ricordato il tradimento di Zbigniew Brzezinski, che ha dato la Bomba al Pakistan (e indirettamente, con finanziamento saudita e  assistenza tecnica di Israele, alla Corea del Nord). E non dobbiamo dimenticare che la Cia diede all’Iran i piani per una moderna bomba nucleare, operazione coperta fra le più stupide che ho mai visto”.

Su quest’ultimo punto , Steele sa certamente quel che dice,  da ex agente Cia.