«Quelle clarisse pregano troppo». Cacciate dal monastero

di Riccardo  Cascioli

L’incredibile storia di suor Maria Giuliana e altre 5 monache del Monastero di Porto Viro, provincia di Rovigo e diocesi di Chioggia, che due anni fa hanno vista distrutta la loro comunità, commissariata dal Vaticano su richiesta del vescovo di Chioggia e del ministro delle provincia francescana: la madre accusata pubblicamente di plagio delle suore e di scandali economici, ma le radici del problema sono nella lunga resistenza ingaggiata da suor Maria Giuliana al tentativo di stravolgere la vita contemplativa e la regola di Santa Chiara. Tra i capi d’accusa: la presenza in convento di statue di san Michele Arcangelo.

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Il loro delitto? Non essersi piegate al commissariamento della comunità “Cuore Immacolato di Maria” delle monache Clarisse di Porto Viro, di cui suor Maria Giuliana, la “madre”, è stata badessa per 23 anni, fino al 12 agosto 2017.

In quell’estate del 2017, infatti, a Porto Viro – provincia di Rovigo ma diocesi di Chioggia – è piombata la Commissaria suor Ivana Assolini, decisa a cambiare indirizzo al monastero delle Clarisse e a sospendere suor Maria Giuliana. In precedenza, nel settembre 2016, c’era stata una visita apostolica, sollecitata dal vescovo di Chioggia, Adriano Tessarollo, e dal ministro per le province francescane del Nord Italia Mario Favretto, che – ci dice suor Giuliana – si era conclusa con i complimenti delle visitatrici apostoliche per la vita della comunità, che aveva fatto rifiorire il monastero di Porto Viro, con una intensa vita di preghiera e grande opera di carità per i poveri della zona e le missioni. Le visitatrici avevano lasciato il convento «assicurandoci che tutto era regolare e che anzi io dovevo ringraziare il Signore perché mi avevano liberata dalle false accuse», dice suor Maria Giuliana.

Quali accuse? Probabilmente quelle che torneranno qualche mese dopo a giustificare il decreto di commissariamento: essenzialmente plagio delle suore da parte della madre, e giro di importanti somme di denaro gestite in modo autonomo dalla madre all’insaputa delle monache. Tutte accuse che le suore hanno respinto e provato false, anche in una delle tante lettere a papa Francesco rimaste senza risposta alcuna.

Come prova del plagio e del condizionamento esercitato sulle monache, si legge che «il Monastero è pieno di immagini sacre. Una statua che ricorre pressoché in ogni ambiente è quella di san Michele Arcangelo, “protettore dal nemico e da tutti i possibili nemici”, secondo la spiegazione delle monache». Curioso: si è arrivati al punto che in Vaticano fa scandalo la presenza di immagini sacre in un convento, e in particolare di San Michele Arcangelo, di cui evidentemente si ignora identità e missione se si deve citare la spiegazione delle suore, prendendone le dovute distanze.

(L’articolo  integrale qui:

https://lanuovabq.it/it/quelle-clarisse-pregano-troppo-cacciate-dal-monastero)

Sancte Michael Arcangele, defende nos in  proelio