QUANDO IL CAPITALISMO SCOPRE CHE DA’ PASTI GRATIS

Ci sono ancora troppi veri credenti nel liberismo, i quali incensano il suo dogma primario: che “il mercato” e l’iniziativa privata sa allocare i capitali meglio dello Stato sprecone e corrotto.

Ad essi può essere istruttivo l’esempio della Tesla, la leggendaria produttrice di auto futuribili, elettriche, e che punta a trasformare il mondo con energie sostenibili e pulite. Un mese e mezzo fa il suo visionario fondatore, Elon Musk, ha ricevuto dagli azionisti nel consiglio d’amministrazione un compenso personale di 50 miliardi di dollari.  50 miliardi:  probabilmente più di tutti i ricavi dell’azienda nella sua breve vita. Ma gli azionisti ritengono che questo sia il retto compenso per tanta visionarietà e inventiva.

Mercoledì scorso, Musk ha tenuto il primo rapporto sui guadagni dell’azienda agli azionisti, via teleconferenza (earning call).  Ho detto guadagni? Mi correggo.  “La ditta ha incenerito un altro1,1 miliardi di dollari nell’ultimo trimestre. Ossia ha fatto il 70% peggio dello stesso trimestre  dell’anno passato”, scrive Simon Black, imprenditore internazionale e collaboratore del Wall Street Journal: “Peggio: Tesla sta perdendo denaro ad un ritmo così inaspettatamente rapido, che lo finirà nei prossimi mesi”. Finirà, cioè, i miliardi che gli investitori in Borsa hanno affidato al genio. In un crack colossale.

Alla teleconferenza, gli investitori ed analisti finanziari hanno chiesto ripetutamente ad Elon Musk quali idee aveva per riportare al trionfo la Tesla e superare i noti difetti di produzione.  Elon ha risposto che trovava quelle  osservazioni “noiose”, poco belle, e da teste di legno (bonehead).  Esibendo insofferenza e fastidio per gli investitori.

Da questo, Simon Black quella che sembra essere la prima delle  nuove regole del capitalismo futuro. Ovviamente, sarcastica.

Le imprese non hanno più da fare profitto?”.

Gà, perché mica è solo la Tesla a seguire la nuova regola  del capitalismo terminale. Uber, la multinazionale di San Francisco che con  la sua app mette in contatto, in 616 città del mondo,  gente in possesso di un’auto che vuol trasformarsi in taxista con  gente che ha bisogno di un passaggio con quell’auto – ovviamente a pagamento – perde a rotta di collo da sempre. Nel 2017, un bel  4,5 miliardi di dollari.

“Ogni volta che prendi un passaggio via Uber, la Uber perde  soldi. Detto in altro modo, quei fessi che hanno investito in Uber stanno sovvenzionando la tua corsa in taxi”.

Se c’è una cosa che fa’ veramente rabbia ai capitalisti finanziari, immagino, è la sola idea che coi loro soldi stiano sovvenzionando qualcuno meno ricco di loro. Consapevole di girare il coltello nella piaga, Simon Black rincara:

“Netflix”, la celebre distributrice per  abbonamento di film e serie Tv, “è un altro perennemente in perdita, che ha bruciato più di 2 miliardi di dollari dei suoi azionisti per creare contenuti originali. Ogni volta che  guardi la tua serie tv, sono gli investitori che stanno sovvenzionando il tuo divertimento serale”.  Anche chi si compra un’auto Tesla si fa sovvenzionare l’acquisto dagli azionisti, o una  parte ragguardevole dei troppo numerosi accessori aggiunti. Cioè  gli azionisti e i finanzieri pagano per te una parte di quello che, secondo il “mercato”, dovresti pagare tu, consumatore. C’è davvero da perdere il lume degli occhi, al solo pensiero.

Di solito è lo Stato che commette il delitto di sussidiare qualche merce necessaria (il pane) o servizio (trasporti pubblici, pensioni),  con grande rabbia del  dogmatico capitalismo privato, che punta a prendersi questi settori e sottoporli al mercato, ossia ricavarne profitto facendo pagare i trasporti più del loro costo.

Ma Black rincara. Ed elenca tutta una serie di start-up, ditte appena nate basata su qualche idea geniale (come la condivisione di auto e l’invio di  cibi a domicilio…) quotate in borsa, e finanziate da capitale di ventura, che per attrarre clienti  forniscono i primi  loro servizi gratis  ai nuovi clienti, ovviamente perdendoci a rotta di collo.  WeWork, una ditta che affitta uffici nel mondo a breve termine, fa trovare a chi affitta un ufficio per la prima volta col suo sistema una bottiglietta di tequila: gli investitori dunque sussidiano il sorsetto del cliente. Altri a San Francisco hanno goduto di pasti raffinati da innumerevoli start-up per la consegna di piatti a domicilio, che tutte offrono ai nuovi clienti un pasto gratis.

E pensare che “Niente Pasti Gratis” – a nessuno –  è il primo comandamento  del capitalismo ripetuto dal celebre monetarista  Milton Friedman della scuola di Chicago,  ed asseverato insieme come  legge naturale e fondamento della moralità del libero mercato.  Invece “i fessi che investono in queste startup stanno  comprando pasti, abiti, auto, tequila a scrocconi consumatori”, e  questo perché queste aziende perdono e perdono.  Pare che  fare profitti sia una cosa così ventesimo secolo…“Il 10% circa delle ditte dell’indice  S&P 500 stanno incenerendo tanta liquidità che  devono prendere a prestito il denaro per  pagare gli interessi sui loro debiti”, notifica Simon Black, “ma questo pare non importare perché ci sono folle di investitori, di fondi d’investimento e banchieri  felicissimi di avere l’onore di piazzare altro capitale in queste imprese. Ciò non è normale: va contro le leggi elementari della finanza: le imprese  si presume che rendano soldi  per i loro investitori, non il contrario. Ma gli investitori continuano a gettare capitale in questi pozzi senza fondo, allo stesso tempo tributando una cieca ammirazione  ai fondatori” come Elon Musk.

Invece sì. a spese degli azionisti.

Quello che Simon Black descrive è la contraddizione finale del capitalismo incontrollato. Il limite della sua “massima efficienza”, che  consiste nel retribuire al massimo il capitale retribuendo il meno possibile il  lavoro. Potente idrovora che risucchia i profitti dai bassi redditi a quelli sempre più alti concentrandoli sempre più in alto, al privilegiato 1% , adesso   questo Uno per Cento si trova a dover investire  immensi, sproporzionati capitali in “imprese” che o, come Tesla, hanno un mercato di lusso ma troppo limitato, o che servono un mercato di impoveriti senza salario.  Uber è un  impressionante esempio di questo: possessori di auto che non possono più permettersi cercano di farci qualche soldo offrendosi come taxisti improvvisati a clienti che non possono più permettersi di pagare un taxi.  Le start-up che consegnano pizze a domicilio possono usare app geniali quanto si vuole, ma si tratta infine di non far  costare troppo cibi poveri (la pizza) aggiungendo un sovrapprezzo per il ciclista precario che ve la porta, e quindi viene sottopagato. Tutta quella che viene chiamata, con ripugnante sentimentalismo, “sharing economy”,   economia di condivisione,  non è in realtà che  tragico  “mercato pauperistico del lavoro”  che offre servizi pauperistici alle masse che se li possono permettere sempre meno, e che rubacchiano qualche pasto gratis promozionale agli investitori. Gli investitori non hanno più idee, non sanno più dove investire  i troppi miliardi che hanno, e  li hanno buttato in Elon Musk, , Bezos (Amazon) o Zuckerberg, o giovanotti sconosciuti da cui sperano  il gran colpo fortunato, il nuovo Zuckerberg – e bruciano capitali a palate, dissipando ricchezza finanziaria in modo insensato – e disperato.

“Non occorre essere Nostradamus per capire che tutto ciò finirà di colpo e dolorosamente”, spazzando via l’intera economia monetaria.

GERMANIA. LA VORAGINE CON LE BANCHE INTORNO!

Ma Elon Musk sta reagendo come prescrive la dogmatica liberista: ha  messo più robot sulla catena di montaggio. “ Elon Musk ha esagerato nell’automatizzare la catena di montaggio, soprattutto per quanto riguarda l’assemblaggio finale e ora il ciclo non riesce a essere sufficientemente flessibile per adeguare il ciclo produttivo all’esubero di richieste.  Tesla  ha speso per l’impianto due volte tanto un costruttore tradizionale per unità prodotta», affermano gli analisti della società Bernstein, citati da 24 Ore.

http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2018-03-29/il-vero-problema-tesla-troppi-robot-secondo-analisti-wall-street-125116.shtml?uuid=AEHsEvPE

Così facendo  ha tagliato ancora qualche salario in più, come se fosse questo il problema della redditività della ditta, mentre i salari sono la soluzione – una salvezza per il capitalismo terminale.

Goldman Sachs scopre che guarire troppo non conviene al business del farmaco.

Ma  attenzione: Goldman Sachs ha pubblicato un rapporto riservato ai suoi clienti sul futuro delle industrie farmaceutiche nella Genome Revolution. Titolo: “Guarire i pazienti costituisce un modello economico sostenibile?”.  La relatrice, Salveen Richter, fa l’esempio del farmaco contro l’epatite C , prodotto dalla Gilad Sciences, troppo efficace.

Per esempio, nel  2015 le vendite in Usa per questo farmaco hanno avuto un picco, 12,5 miliardi  di dollari, ma da allora non fanno che calare. Nel 2018 cadranno sotto i 4 miliardi. Un disastro per la ditta.

https://www.cnbc.com/2018/04/11/goldman-asks-is-curing-patients-a-sustainable-business-model.html

Oltretutto, “la guarigione dei pazienti esistenti fa anche diminuire il numero dei portatori capaci di trasmettere il virus a nuovi pazienti, così che il vivaio (sic) di incidenza declina…quando un vivaio resta stabile, per esempio nel cancro, pone meno rischi per la durabilità di una impresa”. La relatrice consiglia gli investitori di puntare sui “grossi mercati” che esistono ancora. L’emofilia è un mercato nuovo che vale 10 miliardi di dollari e conosce una crescita del 6-7% annuo.

Un problema che le produttrici di vaccini, con l’aiuto degli Stati da loro asserviti, hanno come  sappiamo risolto.

Frattanto, leggo, il celebre miliardario Warren Buffett investe moltissimo sullo sviluppo dell’auto senza pilota. Altri salari risparmiati. Il capitalismo funzionerà molto meglio quando avrà eliminato tutti gli esseri umani. Essi disturbano il suo funzionamento ordinato.