Perché gli italiani si piegano al sopruso pubblico?

MB: Una nota fulminante di Keinpfusch

I non rassegnatI

@Böse Büro · Nov 29, 2017

Leggo qui e la’ molti finti articoli con la narrativa del “allarme giovani se ne vanno”.

A quanto sembra, si stanno moltiplicando gli allarmi sia per le culle vuote che per i giovani che se ne vanno . La cosa buffa di questi allarmi e’ che…. non sono allarmi. Sono inviti ad andare via, rivolti a tutti gli altri.

[….]

questi “allarmi” sono narrazione . Dietro alla narrazione del paese che ha paura della fuga dei giovani (e vi faccio notare che siamo passati dalla fuga “di cervelli” alla fuga “dei giovani” ) , in realta’ c’e’ una pubblicita’, una pubblicita’ che dice “loro ce l’hanno fatta! Prova anche tu!“.

[…]  C’e’ poco da fare , se scriviamo “centinaia di persone lo hanno gia’ fatto! “, non stiamo invitando la gente a NON fare qualcosa. Li stiamo invitando a farla.

La prossima domanda sara’: ma i giornali lo fanno apposta, o sono dei personaggi naïf che in buona fede e candore lanciano un allarme, senza capire che in realta’ stiano consigliando a tutti di fare lo stesso?

[…]

I giornali italiani stanno conducendo una campagna continua per invitare i giovani disoccupati ad andarsene dall’ Italia. Tale campagna e’ mascherata da continui articoli sul “problema di quelli che vanno a rifarsi una vita all’estero”.

Ora, io non sto dicendo che dovrebbero smetterla o che dovrebbero fare diversamente. Succedera’ ugualmente quello che deve succedere perche’ il mercato del lavoro di oggi e’ un mercato europeo. Qualsiasi cosa facciano o meno i giornali, in un continente unito dalle compagnie aeree low-cost , fare un colloquio in un qualsiasi punto d’Europa e’ facile quanto farlo in un posto dall’altra parte del paese. Se il mercato del lavoro e’ unificato, chiaramente prevarranno le normali regole dell’equilibrio economico: domanda/offerta.

In realta’ quei giovani che si spostano non stanno “emigrando”, dal momento che il mercato europeo e’ un mercato unico, e non esiste un “mercato del lavoro italiano”, cosi’ come ormai non si puo’ parlare di economia italiana, ma di economia europea, piu’ o meno frenata dai governi locali.

Allora sorge una domanda: ma perche’ i giornali italiani stanno battendo cosi’ forte su questo (neanche troppo velato) invito a prendere la porta e andarsene? Perche’ spingono le persone all’estero?

Personalmente mi sono fatto un’idea, osservando molti di quelli che sono venuti qui e che ho incontrato.

Lo stato italiano, in tutte le sue istituzioni, manda un messaggio continuo: “non devi reagire al sopruso“.

Lo manda in molti modi. Lo manda quando il tabaccaio sotto il mirino del rapinatore reagisce al sopruso e passa un guaio.

Manda questo messaggio quando le ragazze americane sono sottoposte a 12 ore di interrogatorio riguardo alle proprie mutande , perche’ hanno reagito al sopruso denunciando i carabinieri.

Lo stato ti dice di non reagire al sopruso nemmeno per vie legali, quando denunciare un crimine non serve a nulla e citare per danni ormai e’ un modo di dire.

Lo stato ti dice di non reagire al sopruso quando mostra criminali liberi di circolare: smetti di reagire ai soprusi, chiamare la polizia non serve. L’intera societa’ italiana ti dice di non reagire al sopruso, quando ti lamenti per le condizioni lavorative disumane di Amazon e i giornali fanno fake news pur di dimostrare che quello sciopero e’ fallito.

Non importa che la reazione al sopruso sia quella di combattere contro l’oppressore o se consiste nel sottrarsi al sopruso stesso: lo stato fara’ di tutto per mostrarti che e’ inutile, che non puoi reagire al sopruso e che non puoi nemmeno sottrarti al sopruso.

Lo stato italiano, in tutte le sue istituzioni, manda un messaggio continuo: “non devi reagire al sopruso”, unito ad un secondo messaggio “non puoi sottrarti al sopruso”.

E’ assolutamente chiaro, quindi, quale sia il tipo di cittadino che lo stato intende combattere. E’ chiaro quale sia il cittadino che lo stato – e con lui la societa’ intera – intendono togliersi di torno. Sono due tipi:

  1. Chi ha voglia di reagireal sopruso.
  2. Chi ha voglia di sottrarsial sopruso.

In entrambi i casi, si tratta di coloro che non si rassegnano al sopruso. Non si rassegnano ad una vita di merda da stagisti , a lavori sottopagati, ad umiliazioni continue sotto una classe di imprenditori culturalmente ferma al 1800.

Quelli che non si rassegnano al sopruso sono di troppo.

Ed e’ molto semplice toccarli: gli si dice “ehi, centomila giovani ogni anno dicono basta al sopruso andando all’estero!”. Non c’e’ bisogno di dire altro: chi vuole sottrarsi al sopruso ci provera’. Ci provera’ perche’ non si e’ rassegnato.

L’Ex ministro del lavoro potra’ anche incazzarsi quanto vuole, ma c’e’ una cosa che tutti gli expat hanno in comune: “non ci si rassegna al sopruso”. Questo e’ il trait d’union che accomuna tutti. Quando ci incontriamo nelle serate tra expat, quando ci riconosciamo mentre aspettiamo il nostro turno dal dottore, riconosciamo gli uni negli altri una sola spinta: “non rassegnarsi al sopruso”.

Possiamo discutere quanto vogliamo della differenza tra “reagire lottando” o “reagire andandosene”. Personalmente, credo che quelli che “rimangono a lottare” sono funzionali al disegno complessivo: lo stato e la societa’ si occuperanno di perseguitarli sino a quando il loro fallimento sara’ di monito agli altri. 

Restate pure “a lottare”, siete quello che vogliono: sarete crocifissi sulla Via Appia.

La verita’ e’ che questo movimento migratorio fa comodo. Fa comodo perche’ toglie alle elite italiane il disturbo di questi personaggi che continuano a non rassegnarsi. Fa comodo anche ai giornali, che vivono di stage infiniti, apprendistati non pagati, schiavi che scrivono un articolo per 5 euro.

Una persona che dice “basta, non mi rassegno al sopruso, voglio qualcosa di piu'” e’, per le elite italiane, un problema. La loro soluzione e’ l’ Europa. Non sto dicendo che in Italia rimarranno i migliori o i peggiori, queste sono stronzate. Sto dicendo che rimarranno quelli che si rassegnano al sopruso e quelli che “vogliono combattere”, e finiranno crocifissi sulla Via Appia.

Chi se ne va ha detto “basta” e ha fatto una scelta rischiosa. E chi e’ disposto a rischiare pur di mettere fine ad un sopruso, per l’ Italia e’ un problema. Il primo tra i problemi.

Questa narrativa e’ ridicola proprio per questo. Noi Expat non siamo “un problema”. I giornali non stanno scrivendo “abbiamo un problema di centomila italiani espatriati” perche’ sono preoccupati o perche’ pensano davvero che il fenomeno vada fermato.

Il punto e’ che da qualche parte in quel giornale , in tutti i giornali, c’e’ quella praticante che si stende su una scrivania a comando, per poter “lavorare”. E se quella reagisce al sopruso, denunciando, sono cavoli amari.

Molto meglio , ripeto molto meglio, se la nostra ragazza poco docile fa le valige e se ne va in Svervegiania. Ne arrivera’ un’altra piu’ docile, e tutto rimarra’ come prima.

Ma c’e’ di piu’: come ho gia’ scritto, chi fa l’expat si accolla dei rischi nel farlo. E la gente che si accolla dei rischi e’ un problema, per chi ha la sua attivita’ di famiglia e non vuole nuovi imprenditori nei dintorni. Perche’ anziche’ accollarsi dei rischi espatriando qualcuno potrebbe pensare di accollarsi dei rischi aprendo aziende. E se c’e’ una cosa che il  imprenditore italiano teme, e’ che nascano nuove aziende aperte da gente che ha una spinta.

I giovani che espatriano e gli expat in genere non sono e non saranno MAI un problema: sono anzi un sollievo. Per questo, alla fine, i giornali italiani ricordano a tutti che anche quest’anno, centomila ce l’hanno fatta a varcare il confine e farsi una vita.

Non vi stanno dicendo di uscire.

Vi stanno mostrando la porta, ecco tutto. Migliaia la varcano ogni anno (oh, come ci dispiace. Non ci dormiamo la notte. Davvero).

E tu, cosa aspetti?

 

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