Le vittime di omicidio – prima parte.

Anno 2017

LE VITTIME DI OMICIDIO

 

  • Nel 2017 si contano 357 omicidi, pari a 0,59 omicidi per 100mila abitanti, dei quali 234 di maschi e 123 di femmine, corrispondenti rispettivamente a tassi pari a 0,79 e 0,40 omicidi per 100mila abitanti dello stesso
  • Il tasso registrato per l’Italia è più basso di quello medio dell’Unione europea (pari nel 2016 a uno per 100mila abitanti contro lo 0,7 in Italia). I paesi con i valori più alti in Europa sono la Lettonia e la Lituania (5,6 e 4,9 omicidi per 100mila abitanti).
  • Negli ultimi decenni gli omicidi registrano un forte calo che riguarda soprattutto gli uomini (rispetto alle donne uccise il rapporto da cinque ad una è ora di due ad una), imputabile anche alla riduzione di quelli operati dalla criminalità
  • Nel 2017 gli omicidi di criminalità organizzata sono il 12,6% del totale (9,1% nel periodo 2013-2017 e 33,1% tra il 1988 e il 1992). Il 95,5% di quelli compiuti tra il 1983 e il 2017 si concentra in Campania, Sicilia, Calabria e Puglia.
  • Al Sud spetta il primato di omicidi commessi tra il 2015 e il 2017, con un tasso pari a 1,01 per 100mila abitanti di questa ripartizione (0,67 in Italia); seguono le Isole (0,86 per 100mila abitanti).
  • Gli omicidi di uomini si verificano soprattutto nel Mezzogiorno (1,71 per 100mila abitanti maschi del Sud e 1,37 delle Isole per il triennio 2015-2017). Per gli omicidi di donne non c’è una localizzazione geografica prevalente ma il valore più alto si registra al Centro (0,51 omicidi per 100mila donne) mentre quello il più contenuto al Sud (0,37). Campania e Calabria tuttavia segnano aumenti consistenti dal triennio precedente (2012-2014).

Ue28: Paesi Baltici ai primi posti per numero di omicidi

in rapporto alla popolazione

L’incidenza degli omicidi nei 28 Paesi membri dell’Unione europea (Figura 1) mostra livelli più elevati, nell’anno 2016, nei Paesi baltici, in particolare in Lettonia e in Lituania (5,6 e 4,9 omicidi per 100mila abitanti), mentre l’Estonia, con un valore di 2,5, è più prossima a Belgio e Ungheria (rispettivamente 2,0 e 1,9 omicidi). Gli altri 23 Paesi dell’Unione europea presentano valori più contenuti, compresi tra 1,4 della Finlandia e 0,5 della Slovenia. L’Italia, con un tasso pari a 0,7 omicidi per 100mila abitanti, si colloca ben al di sotto della media dei Paesi Ue (pari a 1,0). Situazioni più favorevoli caratterizzano il Portogallo, la Spagna, la Repubblica Ceca, l’Austria (tutti e quattro i Paesi con 0,6), e la Slovenia, in cui si commettono solo 0,5 omicidi ogni 100mila abitanti.

Diminuiscono le vittime soprattutto tra gli uomini

Nel 2017, in Italia i livelli di mortalità per omicidio volontario hanno segnato un’ulteriore diminuzione: sono stati commessi, infatti, 357 omicidi, pari a 0,59 omicidi per 100mila abitanti. Limitando il campo d’analisi agli ultimi decenni, in funzione dei dati disponibili, si osserva che la diminuzione generale degli omicidi ha riguardato soprattutto il genere maschile (Figura 2), che ha visto negli ultimi anni una forte discesa dei livelli di vittimizzazione in generale e, in particolare, una contrazione della criminalità violenta legata alla criminalità organizzata di tipo mafioso.

Nei primi anni Novanta, si contavano cinque vittime di sesso maschile per ogni donna uccisa (come riportato dalla rilevazione sulle cause di morte). Nel 2017 si sono verificati 234 omicidi di uomini e 123 di donne (corrispondenti rispettivamente a un tasso di 0,79 e 0,40 omicidi per 100mila abitanti dello stesso sesso). Gli uomini continuano quindi ad essere le vittime principali, ma il rapporto con l’altro sesso è ora di due a uno.

Con l’eccezione dei minori di 14 anni, i tassi di mortalità per omicidio degli uomini, nel triennio 2015- 2017, sono sempre maggiori di quelli delle donne in tutte le età (Prospetto 1). La distribuzione delle vittime di sesso maschile assume il suo valore più elevato in corrispondenza della classe di età 25-34 anni (1,43 omicidi per 100mila maschi della stessa età), ma anche le successive due classi decennali sono caratterizzate da valori di poco inferiori (1,35 e 1,38 rispettivamente), per poi progressivamente digradare al crescere dell’età.

Per le donne, al contrario, il valore più elevato del tasso si raggiunge tra le ultra 64enni (0,58 per 100mila donne), seguite dalle 45-54enni.

Le vittime di omicidio sono straniere in un caso su

cinque

Nel triennio 2015-2017, le vittime di omicidio sono straniere nel 19,6% dei casi (18,7% tra gli uomini e 21,3% tra le donne). Tale proporzione suggerisce una maggiore esposizione degli individui stranieri al rischio rispetto agli italiani (la popolazione residente straniera costituisce circa l’8,3% del totale). Tuttavia, la difficoltà di determinare con esattezza la popolazione straniera effettivamente presente nel Paese4 non consente di operare comparazioni puntuali basate sui tassi per abitante (se si volesse rapportare il numero di vittime straniere alla sola popolazione residente straniera si otterrebbe un tasso di 1,58 omicidi per 100mila residenti, disaggregato in 2,13 per i maschi e 1,08 per le femmine). Le vittime straniere sono più frequentemente rumene (21,9%, sempre nel triennio 2015-2017), marocchine e albanesi (13,5% e 10,4%, rispettivamente).

Il Prospetto 2 riporta alcune informazioni di sintesi sulle vittime e sugli autori degli omicidi.

Omicidi di uomini più frequenti nel Mezzogiorno

Nel triennio 2015-2017, il primato di omicidi spetta al Sud, con un tasso nella ripartizione pari a 1,09 per 100mila abitanti (0,67 in Italia), seguito dalle Isole (0,86 per 100mila abitanti).

Nel Prospetto 3 si riporta l’andamento regionale del tasso di omicidio negli ultimi tre trienni (il colore delle icone, dal rosso al verde, segnala il peggioramento, la stazionarietà o il miglioramento in graduatoria tra un triennio e l’altro). Si può notare che, per quanto riguarda i maschi, le cinque regioni più colpite dal fenomeno (Campania, Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia), tutte localizzate nel Mezzogiorno, rimangono le stesse nel tempo. La Calabria, tuttavia, si discosta fortemente dalle altre per l’entità del calo degli omicidi. Per questa regione si passa da 5,44 omicidi per 100mila maschi del triennio 2009-2011 a 1,94 del 2015-2017, con un decremento doppio (-64,3%) rispetto a quello dell’Italia nel suo complesso, la quale passa, nei corrispondenti trienni, da 1,35 a 0,92 omicidi per 100mila maschi (-31,9%). Nelle altre quattro regioni, invece, si registra una diminuzione più o meno marcata (dal -26,2% della Sicilia al -8,8% della Campania), ma comunque inferiore a quella della media italiana.

Per le donne il valore medio annuo a livello nazionale è praticamente identico nei primi due trienni considerati (0,53 e 0,52 omicidi per 100mila donne) e scende a 0,43 nel periodo 2015-2017. Per le donne si osservano spostamenti regionali in graduatoria molto più frequenti rispetto ai maschi, dovuti anche alla minore incidenza del fenomeno che può implicare fluttuazioni accidentali più rilevanti, soprattutto per le regioni meno popolose. La Calabria è attualmente caratterizzata dal tasso di omicidio più alto (0,70 omicidi per 100mila donne nel periodo 2015-2017), dopo aver avuto un momentaneo miglioramento nel triennio 2012-2014, in corrispondenza del quale era scesa dalla terza posizione del 2009-2011 all’undicesima. È seguita dal Friuli-Venezia Giulia e dalla Campania (0,69 e 0,62 omicidi per 100mila donne, rispettivamente). La Campania, che si trovava al 17esimo posto su 21

(si sono considerate le due province autonome di Trento e Bolzano separatamente), ha visto crescere sia il suo tasso, sia la sua posizione relativa.

Nel contesto urbano minore concentrazione degli

omicidi rispetto agli altri delitti

Per un’analisi territoriale più di dettaglio, si sono considerati i 1065 comuni capoluogo e i 106 aggregati territoriali (resto della provincia) disponibili. Per ciascuno dei 212 contesti si sono calcolati i tassi di omicidio per 100mila abitanti, relativamente al quinquennio 2012-16 (ultimi anni disponibili). Nella rappresentazione cartografica (Figura 4), si sono distinte in base ai quintili6 le 212 aree.

Nel loro complesso i comuni capoluogo – che graficamente sono stati resi più riconoscibili mediante linee di confine meno marcate rispetto alle province di appartenenza – hanno un tasso di omicidio più alto, pari a 0,99 omicidi per 100mila abitanti contro gli 0,70 dei comuni non capoluogo. Inoltre, in circa un quarto delle province (24,5%) l’incidenza degli omicidi nei capoluoghi è più che doppia rispetto agli altri comuni del resto della provincia.

Tuttavia, vi sono molte realtà territoriali in cui la situazione è diversa: in 42 province su 1067 (il 39,6%) il tasso di omicidio per 100mila abitanti più elevato si riscontra nel “resto della provincia”. Le 42 province in cui il tasso degli “altri comuni” supera quello del capoluogo sono per la maggior parte localizzate nel Mezzogiorno, ma distribuite su tutto il territorio nazionale (sei nel Nord-ovest, sette ciascuna per Nord-est e Centro, 11 ciascuna per il Sud e le Isole).8 Se si considerano altri tipi di delitto, questo risultato assume particolare rilievo. Per i delitti nel loro complesso, solo nel 6,6% dei casi il “resto della provincia” supera per intensità il comune capoluogo. In percentuale analoga i furti, con dettagli del 2,9% per i borseggi, 8,5% per gli scippi, 2,8% per furti in esercizi commerciali, 13,2% per il furto di autovetture, mentre si sale al 40,6% per i furti in abitazione. Anche per altri delitti contro il patrimonio, come le rapine (8,5%) e le truffe (3,8%), le aree decentrate ben difficilmente superano il capoluogo. Questo vale inoltre sia per molti delitti contro la persona, come le lesioni dolose denunciate (14,2%), le violenze sessuali (11,4%), le percosse (31,1%), sia per delitti di altra natura, come i danneggiamenti (3,8%), i delitti informatici (2,8%) e la violazione della normativa sugli stupefacenti (18,9%).

Dagli anni Novanta in forte calo gli omicidi di mafia

Una componente degli omicidi che ha avuto particolare rilevanza in passato, tuttora non trascurabile, è quella legata alle associazioni di tipo mafioso9. Sono catalogati come omicidi mafiosi sia quelli che coinvolgono vittime innocenti (obiettivi della mafia, appartenenti alle forze di polizia o alla magistratura, persone uccise per errore, ecc.), sia quelli con vittime collegate alla criminalità, nel corso di faide per il controllo del territorio o altro10.

Dal 198311 al 2017, sono rilevati 6.663 omicidi attribuibili a organizzazioni criminali di tipo mafioso (aggregati per esigenze di sintesi in periodi quinquennali nel Prospetto 4). Nelle regioni Campania, Sicilia, Calabria e Puglia, territori di radicamento storico di camorra, Cosa Nostra, ‘ndrangheta e Sacra Corona Unita, si concentra nell’intero periodo il 95,5% degli omicidi mafiosi. Il periodo più cruento è sicuramente il quinquennio a cavallo del 1990, in cui la quota di omicidi mafiosi arriva a costituire un terzo del totale dei circa 8.000 assassinii avvenuti tra il 1988 e il 1992. Accanto agli omicidi di esponenti della società civile e delle istituzioni, si registra un picco dovuto alle lotte tra i diversi clan. In tale periodo assume una rilevanza statistica, praticamente assente negli altri lassi di temp , l’omicidio mafioso al di fuori delle regioni di origine delle organizzazioni, con diverse uccisioni, legate in particolare alla gestione del mercato degli stupefacenti, a Milano, a Torino e, nel Lazio, a Roma e Latina. Successivamente si osserva un progressivo declino degli omicidi per mafia (9,1% del totale nel quinquennio 2013-2017) più rapido del pur forte decremento degli omicidi volontari nel loro  complesso. In particolare, nel 2017, dalle organizzazioni mafiose sono stati commessi 45 dei 357 omicidi volontari commessi in Italia (12,6% del totale).

FINE PRIMA PARTE

Elaborazioni ISTAT su dati Mininterno