LE NOBILI BATTAGLIE DELL’ORDINE GIUDIZIARIO

Così la magistratura si spartisce le poltrone, come funziona il mercato delle nomine

di Andrea Mirenda

La diffusione “centellinata” delle intercettazioni della Procura della Repubblica di Perugia, in seno all’indagine per corruzione che ha investito Luca Palamara, sostituto procuratore della Repubblica a Roma nonché ex membro del Csm ed ex presidente dell’Anm, delinea un quadro tetro sulle modalità di nomina dei dirigenti giudiziari e sulle relative interferenze. Nulla di nuovo, per carità, salvo due aspetti certamente non secondari: il carattere dilagante e pervasivo del mercimonio, da una parte e, dall’altra, la “pistola fumante” di una prassi illegale eretta a controsistema occulto. Perché – al di là di quelli che saranno gli esiti dell’inchiesta – l’osservatore disincantato non potrà negare ai magistrati perugini il merito di aver fatto definitivamente luce su quel “mondo parallelo”.

Il lettore paziente (e dotato di stomaco) ha potuto (verrebbe fatto di dire “finalmente”) toccare con mano il pilotaggio delle nomine per le Procure di Roma, Perugia, Torino, Reggio Calabria, Palermo, Brescia, Firenze; ha appreso di un collaudato intreccio di relazioni personali e politiche tra vicepresidenti ed ex vicepresidente del Csm, membri del Csm, magistrati aspiranti a questo o a quel posto, leader palesi e occulti delle correnti, influenti parlamentari, imprenditori; ha letto di incontri segreti con il procuratore generale della Cassazione, di “caffè esplorativi” tra alcuni consiglieri del Presidente della Repubblica e potenti magistrati che tuttavia nessun ruolo avevano nel Csm; ha letto, infine, di giornalisti e giornaloni chiamati a “riequilibrare” le informazioni “pro” o “contro” quel giudice, per influenzarne, in bene o in male, la nomina.

… pressioni, promesse, scambi, velati ammonimenti, intrighi, minacce, dossier artefatti per colpire un aspirante e favorirne un altro. E avrà, poi, definitivamente compreso, grazie alle preziose intercettazioni propalate, la totale inconsistenza del consueto “mantra” correntizio secondo cui la selezione dei dirigenti avverrebbe per attitudine e merito (cosa a cui non crede più neppure mia zia Cesarina, notoria “boccalona”). Esemplare, a questo proposito, il passo del colloquio tra Palamara e l’ex membro del Csm Massimo Forciniti, a margine degli intrallazzi notturni per la nomina del successore di Giuseppe Pignatone a procuratore della Repubblica di Roma (che, per i meno avvezzi alle cose giudiziarie, rappresenta il massimo ufficio requirente italiano). Eccolo: “… anche perché Roma e Perugia, a seconda di chi va, l’altro deve essere cioè uno di UNICOST e uno di MI…Se è Viola, su Perugia mettiamo chi diciamo noi. Se è Primicerio, su Perugia mettiamo quello di MI”.

Il prosieguo del colloquio tra i due è illuminante: Forciniti, alla domanda di Palamara sull’affidabilità di Primicerio, nel mentre afferma di non credere proprio che il designato sarà in grado di far “…fare bella figura di immagine”, tuttavia, ed è quel che più conta, “… è uno che va là e gli si può dire quello che interessa, … cioè proprio affidabile come uno che è molto legato, cioè uno dei nostri…un uomo di mondo e se puntiamo su di lui queste cose le capisce”.

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