LA RIFORMA: LIBERARE I GIUDICI. DAI PROCURATORI

La riforma dell’ordine giudiziario ormai è indispensabile e urgente: stranamente nessuno ne parla, dal Quirinale mutissimo ai politici di governo e di opposizione, ai media. Segno che il potere indebito e radicalmente illegittimo rivelato dalle intercettazioni di Palamara e soci (giornalisti compresi) non è affatto intaccato, fa paura a chi avrebbe il dovere di restituire alla magistratura la dignità che essa stessa ha calpestato, l’autorità che ha buttato via per sostituirla col potere senza limiti.

Solo le Camere Penali – gli avvocati penalisti, che con le aberrazioni della “giustizia” sono alle prese tutti i giorni, per lo più come vittime – propongono la riforma. La sola davvero necessaria: occorre riscattare i giudici (giudicanti) dalla soggezione ai “giudici d’accusa”, i procuratori.

Nei paesi dove esiste la cultura diritto, i procuratori non sono nemmeno magistrati, ma politici eletti, proprio perché sia chiara che la funzione degli accusatori pubblici è “politica”, comporta scelte opinabili, quindi appartiene all’ordine esecutivo e non al giudiziario; tutto ciò che è eseecutivo deve essere esposto al giudizio elettorale dei cittadini.

In Italia, la identificazione dei procuratori come magistrati è una eredità del fascismo, e era filosoficamente giustificata nella diversa concezione dello Stato, verticale e monolitica, che nutriva il regime. E tuttavia la superiore cultura giuridica del fascismo rispetto all’oggi, è paradossalmente testimoniata dall’istituzione del Tribunale per la Difesa dello Stato, che perseguiva i nemici politici: un tribunale “speciale”, ossia distinto radicalmente dalla magistratura ordinaria di carriera, l’ordine giudiziario di cui fu preservata, e rispettata, la separatezza e indipendenza.

L’attuale corpo giudiziario, monoliticamente antifascistissimo, difende questa prerogativa fascistissima non meno monoliticamente. E minacciosamente. Qualunque politico che proponga la separazione dei procuratori dai giudici veri, è sicuro di scoprire che ci sono dei dossier aperti contro di lui e i suoi telefoni sono sotto intercettazione, per vedere quali reati sta commettendo. Facile, perché, come disse il Procuratore Totale, “Non esistono innocenti, ma solo colpevoli che non sono stati ancora scoperti”

Gli avvocati mettono il dito sulla piaga. Le intercettazioni dei Palamara hanno mostrato come siano i procuratori – che sono solo il 20 per cento del corpo magistratuale – a spadroneggiare distribuirsi cariche, sedi e stipendi, i delicatissimi “distacchi” presso i ministeri come tecnici e consulenti, ossia presso il potere esecutivo; con questi distacchi, è particolarmente aberrante il fatto che gli accusatori hanno preso possesso del ministero della “giustizia”, e hanno mostrato come possano ricattare il ministro – nel caso, l’incapace Bonafede, ma è solo l’ultimo .

Gli avvocati identificano il problema nel modo più lucido e tagliente: i giudici giudicanti, l’80 per cento del corpo, devono essere liberati. Occorre renderli indipendenti da procuratori che hanno tanti amici nei giornali e tv, ispirano un quotidiano di successo manettaro, e decidono quali reati perseguire (scelta radicalmente “politica”) e quali no, come ha mostrato la persecuzione giudiziaria di Salvini di cui fra loro hanno riconosciuto l’infondatezza, e prima, per anni, di Berlusconi.

Ma l’aberrazione massima è che i procuratori d’accusa possano diventare quando vogliono loro magistrati giudicanti; e dopo qualche inchiesta che ha fatto i titoloni sei media, presentarsi alle elezioni. Gli avvocati propongono: due Consigli Superiori della Magistratura, “due separati C.S.M., per restituire alla Magistratura Giudicante la sola, ma decisiva autonomia ed indipendenza che le è oggi negata: quella dalla magistratura inquirente.
E abrogare da subito norme e vietare prassi che consentono il distacco di Magistrati presso i Ministeri, ed in primo luogo presso il Ministero di Giustizia, una scandalosa anomalia che non ha eguali nel mondo, e che letteralmente sovverte il principio cardinale di ogni democrazia politica, vale a dire il principio della separazione dei poteri”.

Un atto di coraggio civile, e di cultura giuridica (quella di cui i Palamari non hanno il minimo sentore) di cui bisogna essere grati. E siccome siamo certi che questo atto di coraggio resterà inascoltato e nullificato – dal Muto in giù – e tutto continuerà come prima, lo posto qui con rilievo a testimonianza e futura memoria. Poi, spero di venire a sapere in tempo che è stato aperto un dossier contro di me, e vi avviserò, lettori.

Un PM indipendente dalla politica, un Giudice indipendente dal PM.

Crisi della magistratura e della separazione dei poteri, le proposte dell’Unione.

Occorre innanzitutto separare le carriere tra magistrati della Pubblica Accusa e Giudici, prevedendo altresì due separati C.S.M., per restituire alla Magistratura Giudicante la sola, ma decisiva autonomia ed indipendenza che le è oggi negata: quella dalla magistratura inquirente. Occorre poi, da subito, abrogare norme e vietare prassi che consentono il distacco di Magistrati presso i Ministeri, ed in primo luogo il Ministero di Giustizia, una scandalosa anomalia che non ha eguali nel mondo, e che letteralmente sovverte il principio cardinale di ogni democrazia politica, vale a dire il principio della separazione dei poteri. Il documento della Giunta.

All’indomani della pubblicazione delle prime intercettazioni relative alle indagini della Procura di Perugia, ammonimmo di quanto fosse illusorio pensare di liquidare ciò che già andava con chiarezza emergendo, come un isolato episodio di malcostume di qualche singolo magistrato.
Perciò U.C.P.I. convocò “Gli Stati Generali dell’Ordinamento Giudiziario”, con la partecipazione della stessa A.N.M. oltre che dell’Accademia e della Politica, per sottolineare la indispensabile necessità di affrontare una volta per tutte una coraggiosa riforma della Giustizia, muovendo proprio dalla riforma dell’ordinamento giudiziario.
Ora che il materiale investigativo è stato integralmente depositato, quella nostra allarmata denuncia trova piena e definitiva conferma, mentre si consuma una crisi della Magistratura italiana che non ha precedenti nella sua storia, ma che continua a non essere compresa nelle ragioni che manifestamente l’hanno determinata.
Quelle intercettazioni confermano in modo lampante quali siano i luoghi del Potere giudiziario che interessano e contano, ed intorno ai quali si affannano e si impegnano senza tregua i vertici politici della magistratura italiana: Procure della Repubblica e Ministero di Giustizia. Una eclatante anomalia, se è vero che dovrebbe invece essere il Giudice, cioè colui che pronuncia la sentenza, ad interpretare il ruolo più alto e più forte della funzione giurisdizionale.

Ma sappiamo tutti quale immenso, anomalo potere abbiano raggiunto nel nostro Paese gli Uffici di Procura; quanto l’apertura di una indagine, la semplice iscrizione nel registro degli indagati, una richiesta di misura cautelare bastino di per sé sole a determinare le sorti della vita istituzionale, politica ed economica del Paese, e quanto indifferente sia poi l’esito giudiziario di quelle indagini.
Lo stesso assetto della Associazione Nazionale Magistrati, il cui governo è immancabilmente affidato a magistrati del Pubblico Ministero pur rappresentando costoro nemmeno il 20% dell’intera Magistratura italiana, è la più nitida fotografia di questa autentica anomalia democratica e costituzionale, che deve ormai essere affrontata e risolta con assoluta determinazione.
Occorre innanzitutto separare le carriere tra magistrati della Pubblica Accusa e Giudici, prevedendo altresì due separati C.S.M., per restituire alla Magistratura Giudicante la sola, ma decisiva autonomia ed indipendenza che le è oggi negata: quella dalla magistratura inquirente.

Occorre poi, da subito, abrogare norme e vietare prassi che consentono il distacco di Magistrati presso i Ministeri, ed in primo luogo presso il Ministero di Giustizia, una scandalosa anomalia che non ha eguali nel mondo, e che letteralmente sovverte il principio cardinale di ogni democrazia politica, vale a dire il principio della separazione dei poteri.
È finito il tempo delle ipocrisie, delle anime belle e dei sepolcri imbiancati. Gli Uffici di Procura sono i luoghi nei quali si esercita il potere più forte e incontrollato tra tutte le istituzioni del Paese, perché al tempo stesso essi governano la giurisdizione, con i suoi assetti e le sue istituzioni di “autogoverno”, e condizionano la politica giudiziaria dell’esecutivo, attraverso una occupazione massiccia e diffusa dei ruoli-chiave del Ministero di Giustizia.

In Commissione Affari Costituzionali pende il disegno di legge di iniziativa popolare per la separazione delle carriere dei magistrati, promosso dall’Unione Camere Penali italiane e sottoscritto da oltre settantamila cittadini italiani. Riparta da qui la riscossa ed il riscatto delle nostre istituzioni giudiziarie, della credibilità della magistratura e della giurisdizione, in nome della separazione dei poteri e della indipendenza ed autonomia della magistratura.

Roma, 24 maggio 2020

La Giunta

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