La gip di Agrigento non ha applicato i principi enunciati dalla Cassazione

di Bruno Tinti ( Ex Magistrato)

Nel mio articolo sugli errori giuridici contenuti nell’ordinanza del gip di Agrigento per il caso Sea Watch, ne ho trascurato uno molto importante che è stato rilevato da alcuni colleghi. Ripeto qui di seguito il commento di uno di questi. Mi pare molto importante per valutare non solo l’erroneità dell’ordinanza ma soprattutto il pregiudizio ideologico che, a questo punto, è difficile escludere.

«La Corte di cassazione dice che in sede di convalida il giudice deve compiere una valutazione diretta a stabilire la sussistenza del fumus commissi delicti (probabilità che il reato sia stato commesso, ndr), allo scopo di stabilire se l’indagato sia stato privato della libertà in presenza della flagranza di uno dei reati previsti dagli artt. 380 e 381 cpp, dovendosi escludere che possa riguardare l’esistenza dei gravi indizi ovvero la responsabilità per il reato contestato, attraverso un’indagine ricostruttiva dell’episodio in tutti i suoi elementi costitutivi, in quanto un tale accertamento è riservato alle successive fasi processuali (sez. 6 n. 8029 dell’11/12/2002, Rv. 223963; sez. 6 n. 21172 del 28/3/2007, Rv. 236672).

In sostanza il vaglio a cui è tenuto il giudice in questa fase attiene soltanto alla verifica del ragionevole e legittimo uso dei poteri discrezionali della polizia giudiziaria e quindi alla sussistenza, con una valutazione ex ante (per quello che poteva valutare la Gdf al momento della commissione del fatto, ndr) di quelle condizioni che legittimavano la privazione della libertà personale»; «il controllo sulla legittimità dell’operato della polizia va effettuato sulla base del criterio di ragionevolezza, ovvero dell’uso ragionevole del potere discrezionale riservato alla polizia giudiziaria, e solo quando ravvisi un eccesso o un malgoverno di tale discrezionalità il giudice può negare la convalida, fornendo in proposito adeguata motivazione (Cass., Sez. 6, n. 19011/2003».

È del tutto evidente che, applicando i principi enunciati dalla Cassazione sopra riportati, l’arresto andava convalidato. Aggiungo che ci sono tutti gli elementi perché la Procura di Agrigento impugni il provvedimento avanti alla Corte di cassazione. Il che sarebbe molto opportuno, soprattutto allo scopo di evitare che la collettività si formi un’opinione, quanto all’imparzialità e alla preparazione giuridica della magistratura, non corrispondente al vero.