La Chiesa è seme o è albero ?

Ho perso qualche colpo con l’attualità (1), perché mi sono concesso una settimana di vacanza in solitudine: preziosa come sempre quando si ha con sè qualche buon libro. In questo caso, avevo i libri di Alessandro Gnocchi e del caro Mario Palmaro, che non avevo letto a suo tempo: sorprendentemente vivaci, pervasi di umorismo,   tanti passi mi hanno restituito la viva conversazione di Palmaro, e – come lui – un invito solo apparentemente lieve a riflessioni profonde (2). Fra queste – la faccio breve – una frase del “teologo cattolico” che non è né l’uno né l’altro, e per questo è di grande successo nei salotti buoni del potere farisaico;  insomma il protetto del cardinal Martini, il prete spretato Vito Mancuso.

Questo Mancuso, nel saggetto  di successo L’Anima e il suo destino, dove “demolisce il concetto di peccato originale, la resurrezione di Cristo, il ritorno del Salvatore, l’eternità dell’inferno, Dio come fonte di salvezza” e un’altra dozzina di dogmi di fede cattolica, spiega cosa deve fare secondo lui la Chiesa:

“Porre davvero la fede al servizio del mondo (…) pensandosi come seme che marcisce nel campo o come lievito che scompare nella pasta. (…) Fino a quando il seme vorrà preservare la sua identità di seme senza pensarsi in funzione della pianta, verrà meno al suo compito”.

E’ un’asserzione interessante, perchè rende esplicita una visione molto presente nel cattolicesimo terminale. La Chiesa per Mancuso    deve suicidarsi, ossia disciogliersi nel mondo senza residui, diventare liquida e light; il suo “compimento” è nel suo superarsi, morire e marcire. Deve “scomparire”, puramente e semplicemente. Non deve concepirsi più come frutto, ma come “seme” – ossia potenzialità non ancora attuata, imperfetta, incompiuta.

Inutile qui far notare il sofisma dell’abuso delle metafore evangeliche: il “seme” che deve morire per dare frutto, è riferito alla volontà individuale  che dobbiamo sacrificare, o al corpo fisico nostro(3), non alla Chiesa; il “lievito” preferito da Mancuso è quello che scompare senza far lievitare la pasta, ossia senza influire sulla società. Inutile, perché costui ( o costoro, che sono legione) ci dirà che loro “leggono” quelle metafore in senso progressivo, profetico, che a noi  è precluso. Noi infatti dobbiamo “non fare della vita cristiana un museo dei ricordi”, come ha detto il Papa, nella sua recente omelia intitolata: apriamoci alle sorprese dello Spirito Santo.

Titolo molto appropriato. Quella che Mancuso annuncia, è una Chiesa che ancora non è, una Chiesa futura, definitiva e compiuta – nell’aldiquà. Come noto, tale pulsione al futuro, è sempre gravida nell’utero di quella che fu detta la posterità spirituale di Gioachino da Fiore. In breve, ricordo la tesi dei gioachimiti: l’ebraismo e l’Antico Testamento   sono stati “la chiesa del Padre”, che teneva prigionieri gli ebrei sotto la catena della Legge.   Essa è stata conclusa, superata ed integrata nella attuale Chiesa del Figlio, fondata da Gesà crocifisso e risorto. E’ la legge dell’Amore, dice. Eppure questa Chiesa non è ancora perfetta: non ci ha liberato, non siamo ancora “fratelli” di Cristo, bensì servi; e la prova della nostra subalternità, è che siamo soggetti ancora alla Legge, sotto forma dei dieci comandamenti. Occorre dunque  preparare la terza Chiesa: quella dello Spirito,   il nostro vero e definitivo Liberatore. Liberatore da ogni norma, costrizione morale, che farà di noi i figli della libertà, figli di Dio come Cristo stesso.

A chi ha letto il mio Adelphi della Dissoluzione, è noto che Léon Bloy fu in grado di sapere l’identità di questo Liberatore Supremo: come gli rivelò nelle sue visioni ‘soprannaturali’ la prostituta Anne Roulé con cui condivideva letto e preghiere, lussurie ed invocazioni, il futuro Liberatore è il Trasgressore   per eccellenza; il Vagabondo il cui nome non può essere fatto, perché l’attuale Chiesa – non può che combatterlo e viverlo come il Nemico di Cristo. In una parola, è Lucifero (4).

E come la Sinagoga odiò Gesù fino a suppliziarlo come bestemmiatore, perché la Chiesa del Padre non poté   accettare, né capire, la trasgressione della Legge, la rottura che il Messia   portava nel mondo – così la Chiesa di Cristo è condannata non capire il nuovo, terzo e definitivo Messia: Lucifero, quando si rivelerà come lo Spirito Santo, il paradossale Paraclito atteso e annunciato, il ropvesciatore di tutti i valori. Ciò che per la vecchia Chiesa è il Nemico e il Seduttore, la nuova Chiesa saluterà come il Liberatore.

Ora, si vede che la frase di Mancuso acquista un   ben grave peso e spessore. E obbliga alla domanda, che rivolgeremmo alla gerrachia, se ascoltasse: la Chiesa è il seme, oppure l’albero? Deve marcire, perdere la propria identità in vista della pianta che nascerà da essa? Detto in altro modo: quella di Cristo è una salvezza imperfetta? La Verità deve essere superata e sciolta nella Carità?

E’ una domanda che poniamo seriamente alla Chiesa gerarchica. Perché ci pare la sola che abbia il dovere di chiarire questo dato fondamentale, per diversi motivi. Chi altro può?   Da quando Giovanni XXIII ha annunciato: “Oggi la Chiesa preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che della severità», e la Chiesa post-conciliare ha applicato sempre più ampiamente questa misericordia, fino alla abolizione pratica della dogmatica, a noi passatisti è diventato impossibile distinguere se le asserzioni dei Mancuso sono erronee oppure no.   Ormai non è più ammesso accusare di eresia, d’accordo. Vorremmo umilmente sapere se queste frasi che a noi sembrano eresie, non siano invece – proprio per questo – l’albeggiare della Terza Chiesa quella perfetta, che supera tutti i dogmi e i comandamenti,   profezie dello Spirito Santo che fonderà   la nuova era? Se per Caifa Gesù era eretico invece era il Messia, allora anche Mancuso, per noi eretico, è invece il profeta del Paraclito futuro?

Ci piacerebbe anche sapere quanto le posizioni di un   Mancuso sono condivise, magari   discretamente, nelle gerarchia. Fino a che punta l’apertura al futuro sia la molla profonda del Concilio. Secondo monsignor Gherardini, “alcuni dei Padri conciliari, e non dei meno significativi, (…) volevano una Chiesa pellegrina della verità, in cordata verso di essa, in cordata verso di essa come ogni altro pellegrino”. Una chiesa “pellegrina delle verità” si ritiene non in possesso della verità: un “seme” appunto, che se non si seppellisce e si estingue, non diventerà mai pianta. Il cardinal Martini, da tanti esaltato, protettore di Mancuso, aprì a suo tempo la Cattedra dei non credenti allo scopo di imparare da loro, e specificamente   per imparare a dubitare; friteneva dovere del cristianos cuotere le proprie certezze di fede. Pellegrino della verità, chedieva ai non-credenti il loro parere. Mancuso è invitato dai consigli pastorali che ardono di essere ammeastrati da lui. Il priore di Bose Enzo Bianchi ha espresso molte volte le stesse idee, sulla Chiesa imperfetta che deve lasciare il posto a quella   purissima futura: “Messuna comunità e nessuna persona possono persona possono esaurire tutte le esigenze dell’Evangelo. Solo la chiesa universale nella sua completezza storica può esprimere la totalità degli appelli contenuti in esso”: giustamentre Palmaro e Gnocchi osservano che questa “chiesa universale nella sua completezza storica” non sembra corrispondere con la Chiesa cattolica. Ancor più chiaramente , Bianchi ha scritto, citando una frase di Zagrebelsky: “Questo è un tempo triste per chi non possiede la verità e crede nel dialogo e nella   libertà”, rincarando poi per conto suo: “Sì, è un tempo triste perché il cristianesimo appare minacciato (…) non da chi lo avversa o addirittura lo perseguita, bensì come spesso accade nella storia, dai credenti stessi”. Qui siamo sulla linea di Bloy: la Chiesa del passato sta bloccando l’avvento del Liberatore futuro,   del vero cristianesimo finale. Ora, il priore Bianchi è stato promosso dal papa a non so qualche incarico ecclesiastico: approva dunque i suoi propositi.   Del resto non ci ha fatto mancare di comunicare il suo fastidio per i cattolici di ieri, anzi il suo fastidio per la Chiesa stessa come organizzazione. Il suo teologo preferito, quello da cui si è fatto aiutare a scrivere Evangeli Gaudium, Víctor Manuel Fernández, rettore della Universidad Católica Argentina di Buenos Aires, ha detto in un’intervista al Corriere che la Curia di Roma non serve a nulla; e che sul cardinal Muller, perché da prefetto della Congregazione per la dottrina delle fede, rivede   i docuemnti di Bergoglio e li corregge per farli aderire alla dottrina, ha pronunciato un giduizio che pare essere quello stesso d el pontefice: “ alcuni dicono che la curia romana fa parte essenziale della missione della Chiesa, o che un prefetto del Vaticano è la bussola sicura che impedisce alla Chiesa di cadere nel pensiero light; oppure che quel prefetto assicura l’unità della fede e garantisce al pontefice una teologia seria. Ma i cattolici, leggendo il Vangelo, sanno che Cristo ha assicurato una guida ed una illuminazione speciale al papa e all’insieme dei vescovi ma non a un prefetto o ad un altra struttura. Sembrerebbe quasi che il papa fosse un loro rappresentante, oppure uno che è venuto a disturbare e che dev’essere controllato. […] Il papa è convinto che quello che ha già scritto o detto non possa essere punito come un errore. Dunque, in futuro tutti potranno ripetere quelle cose senza la paura di ricevere sanzioni” (5).

Dunque la Chiesa così com’è è oggi è sentita, dal Papa e dal suo teologo preferito, come la palla al piede, qualcosa che frena (katechon?) l’avvento della nuova perfetta Chiesa; una struttura buro-archeologica che ottusa, rifiuta di aprirsi alle sorprese dello Spirito Santo.  E’ la Chiesa che non capisce di essere solo un seme destinato a sparire per dar luogo alla pianta, completa finalmente.   Quella che usa solo misericordia, quella che si fa’ pellegrina della verità insieme a tutti gli altri, anche i luterani o i miscredenti.

Ora, carissimi vescovi, capite questo povero fedele passatista: è un problema riciclarsi come pellegrino della verità, dopo che Cristo si è proclamato come “Sono Io la Verità”, e “la Via la Verità e la Vita”.

Perciò vi domandiamo ancora di chiarirci: la Chiesa è seme, oppure è frutto? Detto altrimenti, ci urge la domanda stessa del Battista a Gesù: “Sei tu quello che deve venire, o dobbiamo aspettarne un altro?”.

Perché a Gesù ci siamo affezionati.

 

Note

  • Per esempio il  tentato e fallito putsch americano in Macedonia,  o Kerry tutto sorrisi in visita a Putin, pronto a barattare per un momento i suoi lacché in Ucraina per avere l’aiutono russo sulla Siria, visto che i sauditi e i turchi ormai non obbediscono più ad Obama, l’Ucraina saccheggiata dal libero occidente finanziario (300 privatizzazioni),   i caporioni deella NATO che cantano in coro “We are the World”….
  • Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, Cronache di Babele , e Ci salveranno le vecchie zie, Fede e Cultura.
  • E’ del nostro corpo, non della Chiesa, che Paolo dice: “è seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità; è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza” (1Cor 15, 42-44).
  • “Come potrei parlare dell’adorabilmente enigmatico conflitto tra Gesù e lo Spirito Santo?”, domanda Bloy nel suo Dagli ebrei la salvezza: “Caino e Abele, il figliol prodigo e il suo fratello, il buono e cattivo ladrone”, per lui, “evocano stranamente” quel conflitto,   vi alludono. E’ la rivelazione indicibile che “il Paraclito” è “talmente il Nemico, talmente l’identito a quel Lucifero che fu chiamato Principe delle Tenebre, che è quasi impossibile separarli”. Nella stravolta teologia di Bloy, gli ebrei, proprio in quanto popolo anticristico, avranno un ruolo centrale come seguaci del nuovo “Paraclito errante di cui furono l’abitacolo e il ricettatore (…) fino al punto che quella unione, nella prospettiva degli abissi, somiglia a una specie di identità”.   La Chiesa attuale che ha abbracciato i Fratelli Maggiori sollevandoli dall’accusa di deicidio, che venera il Pentateuco e la Torah come se volesse tornare nel grembo da cui è uscita, francamente sembra concretare la profezia di Bloy: San Paolo combatté in tutte le sue epistole contro la deriva giudaizzante delle chiese principiali; adesso Paolo è messo da parte come “superato”. Questa stessa componente giudaizzante è anche quella che vuole – per citare i dossettiani di Bologna – che “l’Evangelo sia proclamato nella sua distinzione dall’ethos”, specie (ovviamente) dalla morale sessuale, e vede la Chiesa così com’è “sempre più inadeguata alle esigenze della vita degli uomini”, specie nel negare la Comunione ai divorziati risposati. Anche per loro la Chiesa deve riconoscere di esesre solo un seme, e sparire.
  • Citato da Sandro Magister http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/05/11/e-questo-sarebbe-il-teologo-di-fiducia-del-papa/. Particolare indicativo, questo teologo Fernandez è autore del saggio intitolato “Sáname con tu boca. El arte de besar“ (Sanami con la tua bocca. L’arte di baciare, 1995 Edizioni Lumen). Quanto al cardinal Müller   “ per aver detto di voler “strutturare teologicamente” il papato, come da suo ruolo statutario, è ormai diventato il bersaglio numero uno degli ultrabergogliani del “cerchio magico” e di “Vatican Insider””.