IL PARROCO BRESCIANO SOTTOPOSTO A TSO

Titolo originale:

Così don Gianluca è stato prelevato e portato via. Per il reato di “diverso pensiero”

A Castelletto di Leno (millecinquecento abitanti, provincia di Brescia) c’era una volta un parroco. Questo parroco si chiamava don Gianluca Loda e aveva una strana abitudine. Anzi, tre. La prima era quella di pensare con la sua testa, la seconda era quella di dire ciò che pensava, la terza quella di pensare cose piuttosto diverse da quelle imposte dal pensiero dominante.

Per esempio, nell’aprile del 2017 don Gianluca disse che in Europa è in atto un’invasione islamica pianificata, studiata e calcolata a livello mondiale, denunciò la profanazione di un presepio nella sua frazione, invitò a riflettere sulla crisi demografica, disse che i nostri governanti, a Roma come a Bruxelles, si allontanano sempre di più dalla vita concreta delle persone e si preoccupano solo della grande finanza, li invitò a riflettere sulla Brexit, denunciò l’arrendevolezza di fronte alla Turchia di Erdogan e, in polemica con il politicamente corretto che impone di fare l’elogio del dialogo, aggiunse: “Si dice che il confronto con altre culture e civiltà arricchisce; ed è vero. Però, mi permettete, non vorrei far cambio con la cultura e con la civiltà di nessun altro; mi sento contento della mia. Oggi lo posso dire ancora liberamente. Ma fino a quando?”.

Già. Fino a quando?

Le cronache ci dicono che don Gianluca di recente è stato prelevato dalle forze dell’ordine e portato in ospedale “per accertamenti”.

Ospedale? Accertamenti? E perché?

Perché giorni fa, in polemica contro le restrizioni imposte dalle autorità, il suddetto don Gianluca pranzò in piazza, all’aperto, insieme ad altre quattro persone (quattro operai arrivati da Treviso per realizzare alcuni lavori nella chiesa). Fu multato (quattrocento euro), ma mangiò all’aperto anche alla sera (questa volta da solo: una pizza) e tornò a rivendicare il diritto di pensare con la sua testa, senza cedere al clima di terrore.

Non solo. In precedenza, circa le restrizioni imposte alla Chiesa cattolica causa coronavirus, don Gianluca disse che le autorità ecclesiastiche sono “prone al potere”, che per il governo “noi cattolici contiamo meno del pallone, meno della Serie A… meno dei cani”. Poi, già che c’era, aggiunse riflessioni tipo che “i lombardi vanno bene al governo solo per spremerli con le tasse”, che “gli italiani vanno bene all’Europa solo per far funzionare il carrozzone dei marpioni della massoneria” e, dulcis in fundo, che “i cattolici vanno bene finché fanno opere sociali e tamponano i buchi dello Stato”.

Domanda finale di don Gianluca: “Secondo voi è un mondo che gira giusto?”.

Ora, specificando che non ho mai conosciuto don Gianluca e mai ho avuto occasione di parlare con lui, mi sembra di poter dire che le sue osservazioni, certamente espresse in modo alquanto diretto, non sono tanto strane.

Eppure…

Eppure, un bel giorno a casa di don Gianluca si presentarono la polizia locale, i carabinieri e i vigili del fuoco (mancavano solo i marines), i quali, dopo aver forzato una finestra, entrarono nella canonica (il che, se non ricordo male, si chiama violazione di domicilio), lo prelevarono e lo portarono in ospedale (il che assomiglia molto a un sequestro di persona).

Direte: ma la diocesi non ha protestato?

Volete scherzare? Certo che no. Anzi, la diocesi ha diffuso una nota nella quale si legge: “Alcuni comportamenti di don Gianluca Loda negli ultimi giorni sono frutto di un evidente disagio personale. In questo frangente, il vescovo e i suoi collaboratori, dopo un momento di ascolto e con la consulenza del medico curante, hanno concordato con don Gianluca di mettere in atto una serie di azioni per recuperare al più presto una condizione personale più serena. Nelle prossime settimane, pertanto, l’attuale parroco di Castelletto di Leno sarà assente dalla parrocchia e sarà accompagnato in un percorso di verifica e di sostegno che gli consenta un pieno ristabilimento”.

Ripeto ad abundantiam: non ho mai conosciuto don Gianluca e non so nulla del suo stato di salute fisica e mentale. Circa le dichiarazioni fatte nel 2017, sento di poter dire che mi trovo piuttosto d’accordo con lui. Idem per quanto riguarda le più recenti. E quanto al pranzo all’aperto, credo che non abbia infranto alcuna norma. Tuttavia, nei suoi confronti sono scattate queste che la curia diocesana molto carinamente chiama “azioni per recuperare al più presto una condizione personale più serena”.

Il caso di don Gianluca mi fa venire alla mente per analogia quello del signor Dario Musso, che a Ravanusa in provincia di Agrigento, lo scorso 2 maggio andò in giro per le strade della sua città con un megafono, invitando i concittadini a uscire, a riprendere le loro attività lavorative e a non cedere al clima di terrore.

Risultato? Il signor Musso fu intercettato dalle forze dell’ordine, gettato a terra, sedato, prelevato, portato all’ospedale di Canicattì e immobilizzato in un letto di contenzione. Un Trattamento sanitario obbligatorio, che dovrebbe essere autorizzato solo in casi di grave pericolo per la comunità e invece in questo caso è scattato per presunti sintomi di “scompenso psichico e agitazione psicomotoria”.

Molto bene. Ora lo sappiamo. In questo paese chi pensa con la propria testa, e dice quel che pensa, e pensa in modo diverso rispetto al pensiero dominante, da un momento all’altro, pur non avendo infranto la legge, può essere (usiamo le belle parole della curia bresciana) “accompagnato in un percorso di verifica e di sostegno che gli consenta un pieno ristabilimento”.

Non vi sentite più sicuri?

A.M.V.

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A questa gerarchia si applica  a pennello  la furente e appassionata apostrofe di Danilo Quinto  a difesa di un altro sacerdote perseguitato dai vescovi:

Gesù ha già vinto e i nomi dei Suoi amici sono scritti nei cieli. Voi vivete nelle tenebre. –

Danilo Quinto – 24.05.2020

“Un eroe del nostro tempo”. Dedico a padre Leonardo Ricotta, parroco a Sant’Agata (Palermo-Villabate) – rimosso dal suo ufficio per aver pubblicamente e umilmente difeso la Santa Eucaristia e aver rifiutato di applicare il protocollo firmato dalla Cei, sacrilego e abusivo, perchè quest’organismo non ha alcuna competenza nel dettare ai vescovi norme che riguardino la liturgia – il titolo di uno straordinario romanzo di Vasco Pratolini, che i ragazzi farebbero bene a leggere, se gli insegnanti di Lingua Italiana di oggi avessero ancora voglia d’insegnare e di consigliare buoni testi ai loro studenti, piuttosto che quelli che costituiscono il “catalogo” dell’ideologia dominante.

 

La dedica è fatta con un’avvertenza: il termine “eroe” dovrebbe essere sostituito con il termine “martire” e al termine “tempo” bisognerebbe aggiungere l’aggettivo “infame”.

 

In questo tempo infame – dove i lupi sono scesi a valle ansimando e ringhiando, prima di andare a mordere e dilaniare i corpi dei buoni, in attesa di essere definitivamente abbattuti da Colei che ne ha ricevuto mandato da Dio – le persecuzioni dei cristiani, che Gesù aveva preannunciato e sulle quali si fonda l’essenza del Cristianesimo, nato sulla Croce che Cristo ha accettato e che il cristiano, per imitarLo nella perfezione, deve abbracciare per tutta la sua vita – proseguono senza sosta e chi le riceve è amico di Colui che ha indicato la “porta stretta” per vivere nel Paradiso per l’eternità ed opera su questa Terra, guardando il Cielo, per la gloria immensa e infinita di Dio, che giudicherà i traviati dalle forze demoniache, che hanno quasi esaurito il tempo a loro concesso.

 

«In un giorno qualsiasi» – come ha ricordato padre Ricotta – «ci sarà il giudizio di Dio» e «In un giorno qualsiasi, scenderà il fuoco dal Cielo».

 

Il fuoco divorerà i protagonisti della vicenda vissuta in questi mesi: coloro che rivestono ruoli di potere e che hanno ideato, sviluppato e vorrebbero portare a termine questo gigantesco e diabolico programma di distruzione della Chiesa Cattolica e di controllo e annientamento dell’umanità. La grandezza del Cristianesimo è dimostrata proprio da questo: dai secoli che ci sono voluti per giungere a questo punto, perchè questo programma ha radici lontane nel tempo, che oggi conoscono il loro epilogo.

 

Come appare sempre più accecante, i “due piani” procedono all’unisono e i due poteri – quello civile e quello ecclesiastico – sono indissolubilmente legati in un patto sodale con il Male. E’ come se i personaggi di questa vicenda, ciascuno per la loro parte in “commedia”, incarnino quei  malfattori che duemila anni fa, avvolti nell’oscurità delle tenebre, che attesero Gesù in quel giardino che si trovava al di là del torrente Cedron. In quel luogo, il Getsemani, dove l’uomo che mai si sarebbe potuto pentire – perchè condannato fin dall’inizio, così come tutta la sua generazione per l’eternità – consegnò l’Uomo-Dio, la Persona-Dogma, ai Suoi carnefici.

 

Quegli uomini d’allora, così come quelli di oggi – che tanto si dimenano per celare la loro iniquità e per apparire buoni e fedeli tutori di un ordine da loro stessi costituito, che calpesta tutti i princìpi  del diritto naturale, la cui realtà costituisce parte integrante della dottrina cristiana, perchè è «la partecipazione della legge eterna nella creatura ragionevole ed è impressa nella coscienza di ogni uomo all’atto della sua creazione» (“Libertas praestantissimum”) – non si accorsero che Gesù, anche nel Getsemani, non pensò minimamente, pur potendelo fare, a preservare se stesso da quell’arresto che avrebbe segnato l’inizio della sua agonia. Dalla Croce, straziato dalle sofferenze, avrebbe pensato e agito a favore dei nemici che Gli erano attorno e rivolgendosi a Suo Padre, avrebbe detto: «Padre, perdona loro, perchè non sanno quello che fanno». La sera del Getsemani pensò e agì per i Suoi amici e rivolto ai soldati romani e alle guardie fornite dai sommi sacerdoti e dai farisei, pur conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse: «”Chi cercate?”. Gli risposero: “Gesù, il Nazareno”. Disse loro Gesù: “Sono io!”. Vi era là con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse “Sono io”, indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: “Chi cercate?”. Risposero: “Gesù, il Nazareno”.  Gesù replicò: “Vi ho detto che sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano”» (Gv 8, 4-8). Volle così salvare i Suoi discepoli che L’accompagnavano, pur sapendo che tutti – tranne Giovanni – al momento della prova, L’avrebbero abbandonato e uno di loro perfino rinnegato tre volte. Erano, però, Suoi amici. Li aveva scelti Lui e loro avevano scelto di seguirLo, di rispondere “sì” al dono della grazia che avevano ricevuto. Fece questo, riporta Giovanni (18, 9): «Perché s’adempisse la parola che egli aveva detto: “Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato”».

 

Anche nelle tenebre che viviamo oggi, che preludono i tempi del giudizio finale, Gesù non perderà nessuno di coloro che, toccati dalla grazia, Gli rimarranno fedeli e che combatteranno – con l’armatura dello Spirito Santo – i membri di quell’establishment civile ed ecclesiastico che sta governando, per i suoi fini malvagi e perversi, questo periodo della vita dell’umanità.

 

Il potere civile – davanti al quale la gerarchia ecclesiastica si è prostrata, dismettendo il suo mandato, che non è quello di assecondare la menzogna, ma di proclamare sempre la Verità, chè una sola e di portare le anime alla salvezza eterna – dopo aver condotto l’umanità in una situazione che non ha precedenti, neanche rispetto ai livelli di crisi raggiunti dopo le guerre mondiali, teme (e lo fa scrivere dai suoi uomini, cosiddetti scienziati, su riviste definite scientifiche) che il virus scompaia prima che sia pronto, prodotto e distribuito il vaccino, per il quale occorrono tempi medio-lunghi (c’è chi dice un anno o un anno e mezzo), perchè bisogna testare sul campo la sua efficacia. Oltre che dati oggettivi – l’andamento della curva del contagio e I dati sulla mortalità – da tutti verificabili, il timore deriva anche dalle previsioni che scienziati autorevoli (israeliani) hanno fatto sin dal mese di aprile sulla scomparsa del virus entro 70 giorni dal picco di contagio. Per l’Italia siamo molto, molto vicini, a questa meta.

 

Il potere, però, “non molla la presa”. Dal 25 maggio inizierà a svolgere test sierologici su un campione di 150.000 persone scelte dall’Istat, pur sapendo che questi testi hanno scarsi risultati di attendibilità e soprattutto possono evidenziare casi di “falsi positivi”. C’è chi, come il presidente della regione Emilia-Romagna – ma i casi stanno diventando molteplici – va ad affermare in televisione che andrà «a prendere i contagiati ad uno ad uno, casa per casa». Si stanno già preparando ad introdurre obblighi o limitazioni gravissime alla libertà (ancora più gravi di quelle decise fino ad oggi e che riguarderanno, noi crediamo, innanzitutto i bambini e i ragazzi, con l’obbligo, che sarà sancito, di vaccinarsi per frequentare la scuola) per chi non volesse sottoporsi al  “marchio di fabbrica” del vaccino. Stessa cosa avverrà per il controllo attraverso le nuove tecnologie (il 5G), che vengono installatte dappertutto, nel silenzio totale del sistema mass-mediatico ufficiale e per le app di controllo della popolazione, che hanno il fine di varare una “patente sanitaria”, senza la quale sarà impossibile essere soggetti di diritti, così come sta già accadendo per il vaccino anti-influenzale (proposto come obbligatorio nel Lazio da Luca Zingaretti per gli over 65 e dalla proposta di legge presentata dalla deputata di Forza Italia, Maria Stella Gelmini per tutto il Paese, che ha obiettivi analoghi e che si vorrebbe imporre anche ai bambini di 6 mesi, colpiti da altre patologie).

 

Questi signori, però, non hanno fatto i conti con Dio. Nel disegno di origine diabolica al quale abbiamo assistito e stiamo assistendo, l’intervento di Dio si è già visto. I medici di Bergamo hanno “disobbedito” o non hanno tenuto conto dei consigli contenuti nelle direttive ricevute dal Ministero della Salute agli inizi del mese di febbraio e ai proclami degli scienziati o pseudo-tali, ufficiali e molti dei quali prezzolati per le loro apparizioni televisive ed hanno disposto le autopsie di 50 persone decedute. Si è, quindi, scoperto che non si moriva per polmoniti interstiziali, ma per trombi che colpivano l’organismo e che i respiratori polmonari non facevano che accelerare la morte delle persone, che da un certo momento in poi sono state curate – anche a casa, nei casi meno gravi, per questa ragione si sono svuotati i reparti Covid – con il protocollo di eparina, clorochina e antibiotico. Un clinico cattolico, il prof. Giuseppe De Donno, di Mantova, ha dovuto – come egli stesso ha raccontato – divenire personaggio pubblico per raccontare e documentare che con le trasfusioni di plasma iperimmune stava salvando decine di vite e, nonostante l’invio immediato dei controlli nel suo ospedale e l’ostilità, l’ostracismo e il disprezzo che ha ricevuto, al protocollo della “terapia” da lui attuata insieme ai clinici dell’ospedale di Pavia, è interessato mezzo mondo e molte regioni italiane la stanno adottando. Un’altra verità è emersa in questi giorni, grazie agli studi dell’Università di Genova, che ha accertato che casi di polmoniti interstiziali anomale sono stati diagnosticati in Liguria sin dagli inizi del mese di dicembre. Molti medici di base di altre regioni confermano questo dato. Qualcuno, quindi, sapeva. Qualcuno ha segnalato questi casi? Perchè non si è intervenuti prima che il virus si diffondesse nella popolazione e si realizzasse una strage di persone anziane, come quella che c’è stata? E’ ormai evidente che un numero considerevole dei morti che ci sono stati – molti di più di quelli ufficiali, come raccontano i dati dell’Istat – si sarebbe potuto evitare se si fosse agito diversamente fin dall’inizio: se si fossero adottate misure di precauzione per le persone fragili; se si fosse deciso un lockdown breve, immediato e limitato nel tempo; se si fossero fatti parlare gli operatori che erano sul campo. Nessuno pagherà le sue responsabilità. Ne siamo certi. Perchè il potere ha strumenti formidabili di copertura e di solidarietà.

 

D’altra parte, la politica – rispetto alla quale il cattolico che vive il suo tempo ha il dovere non solo di guardare, ma di giudicare e di correggere nei suoi comportamenti – ha mostrato, in questi mesi e nel suo insieme, tutta la sua mediocrità. Riteniamo che da quando esiste in Italia l’Istituzione Parlamento – storicamente si può risalire fino al primo Parlamento Sabaudo – mai vi sia stata, come oggi, una “rappresentazione” così evidente della decadenza morale, intellettuale e civile nella quale siamo immersi.

 

Un papa che non amo, Paolo VI, definì la politica la “più alta forma di carità”. La carità è amore e quest’espressione racchiude il connotato più nobile di quello che si deve intendere per “politica”, alla quale l’attuale ceto politico è totalmente e nella sua interezza estraneo. Anche chi ora o nei decenni passati si è proclamato cattolico, non ha mai vissuto la politica da cattolico.

 

Per il cattolico, la politica – come qualsiasi attività umana – dev’essere governata dal “frutto dello Spirito”, che – come afferma San Paolo nella Lettera ai Gàlati, 5, 22-25 – «è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di s黫Contro queste cose» – aggiunge San Paolo – non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito».

 

Tutto, nella politica e nella società che viviamo si muove e va avanti – invece – per salvaguardare interessi ed egoismi economici precostituiti, pre-politici, desideri della carne. Della persona umana, delle sue aspirazioni, dei suoi sogni, della sua necessità vitale di acculturarsi, di elevarsi spiritualmente e quindi anche dei suoi bisogni materiali – perchè la miseria è il naturale prodotto dell’ignoranza – a questo Paese e al suo ceto politico e dirigente non importa assolutamente nulla. Altro che “Nuovo Umanesimo”. Per realizzare una buona politica non è necessario nè richiamarsi a categorie atee, nè creare nulla di “nuovo”. Sarebbe sufficiente seguire gli insegnamenti del più grande legislatore civile che la storia dell’umanità abbia mai avuto: Gesù Cristo. Questo ceto politico, così come quello delle decadi precedenti (che aveva firmato e fatto approvare tutte le leggi anti-umane che conosciamo, dall’aborto al divorzio), non è manifestamente in grado di farlo, altrimenti non avrebbe consentito che i battezzati al Cristianesimo, che ha dato identità storica, culturale e spirituale al popolo italiano ed europeo, vivessero per tre mesi, nel tempo pasquale, senza Santa Messa e senza Santa Eucaristia, per sottoporre poi quanto di più sacro hanno i cattolici, a misure coercitive e sacrileghe; così come non avrebbe consentito che gli italiani, nella loro totalità, si trovassero e vivessero in una morsa totalitaria, realizzata con il combinato disposto di un controllo sanitario, collettivo e personale, senza precedenti e dalla riduzione in uno stato di povertà, di fame e di lotta per la sopravvivenza, di cui vediamo solo i primi prodromi.

 

Che cosa fare?

 

Sul piano umano, è necessario sempre più fare controinformazione, diffondere le notizie veredocumentarsi e leggere fonti diverse dal mainstream ufficiale, mettendo nel conto che il “Grande Fratello” è pronto a censurare e a colpire coloro che dissentono e che esprimono opinioni dissonanti da quelle imposte.

 

Sul piano spirituale – accanto alla moltiplicaziome delle preghiere e dei Rosari alla Santa Vergine Maria, perchè schiacci presto la testa della bestia immonda che sta divorando le coscienze di tanti uomini e donne che vivono su questa Terra, in attesa di diventare suoi servi per l’eternità – è necessario operare per iniziare a formare dei veri e propri “cenacoli” di preparazione teologica e culturale alla conta finale, che sarà successiva al combattimento definitivo tra il Bene e il Male, per vivere questo tempo nella pienezza dell’amore per Dio. In attesa, perchè non si deve mai disperare, che ci sia un Vescovo o un Cardinale disposto a dare voce e sostegno ai patimenti di coloro – sacerdoti e laici – che intendono mantenere integra la loro fede e preservarla nel nome di Maria e di Suo Figlio, Nostro Signore Gesù Cristo.

 

Ricordiamo quanto Gesù disse ai settantadue discepoli, che inviò «a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (Lc 10, 1). «I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: “Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome”. Egli disse: “Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli”».

 

Già ora, i nomi dei discepoli di Gesù sono scritti nei cieli. Che questo sia di conforto e consolazione a coloro che intendono vivere e testimoniare nel Suo nome.