«Erano 17 mila…»

Sabato c’è stata una manifestazione a Berlino di gente che protestava contro le restrizioni da coronavirus. Secondo la Reuters,  si trattava di “ libertari, lealisti costituzionali e attivisti anti-vax. C’era anche una piccola presenza di estrema destra con alcuni manifestanti che portavano la bandiera imperiale nera, bianca e rossa del Kaiser. I manifestanti hanno ballato e cantato “Siamo gente libera!” sulle note del gruppo rock dei Queen, We Will Rock You. Altri hanno marciato con cartelli dicendo “Stiamo facendo rumore perché rubi la nostra libertà!” e “Pensa! Non indossare una maschera! ‘. “La nostra richiesta è di tornare alla democrazia”, ​​ha detto un manifestante: “La maschera che ci rende schiavi.”

Sempre per Reuters, manifestanti hanno risposto “a un appello a protestare lanciato da Michael Ballweg, un imprenditore estraneo alla politica che ha organizzato manifestazioni simili a Stoccarda e sta concorrendo per diventare sindaco della città”. A cui si sono uniti Hendrik Soderkamp e Anselm Lenz, fondatori di una organizzazione mai sentita prima, Kommunikationsstelle Demokratischer Widerstand (« Agenzia di comunicazione della resistenza democratica”); i due sono descritti come “attori di secondo piano della scena teatrale alternativa”, che manifestano periodicamente contro le mascherine dal marzo scorso, “in piazza Rosa Luxemburg, simbolo della sinistra radicale tedesca”.  Certo è che sventolavano una marea di bandiere arcobaleno.

Quanti erano i manifestanti? Per qualche entusiasta, “sei milioni”.

Per altri, 1,5. Gli organizzatori ne aspettavano 500 mila. Certo che erano a perdita d’occhio.

Invece, dice la polizia, erano 17 mila. Ad ogni buon conto ha denunciato gli organizzatori per volazione delel restrizioni sanitarie.

Per i media italiani, quattro nostalgici nazisti. Negazionisti del virus e della democrazia. Violatori delle norme sanitarie, da punire.

Alcuni dei manifestanti avevano apposto sulla maglietta una stella gialla con la scritta “Non vaccinato”: una evidente denuncia della discriminazione di cui si lamentano i manifestanti; siamo noi gli ebrei di questa stagione…

Qui il commento di Stefano Parisi:

Parisi ha voluto capire il contrario. Chi è, precisamente, sto Parisi? Il tizio scelto da Berlusconi, che se n’era innamorato, per competere al posto di sindaco di Milano contro il piddino Sala. Ovviamente ha vinto Sala. Parisi pretende di aver fondato un suo proprio partito.

Ancora più notevole il commento del Kommissario Europeo Gentiloni.

Noi ovviamente abbiamo paura della idea di libertà che Gentiloni non solo ha, ma che impone come Kommissario, in complicità coi 5Stelle. I quali infatti vogliono far diventare la libertà di cura, da diritto un reato:

Senza commenti. Posto qui sotto un articolo di Enrica Perucchietti sul senso di queste censure.

Verso lo Psicoreato

I media mainstream non hanno perso tempo a bollare la protesta oceanica di Berlino come un insieme di pazzi, pericolosi negazionisti, persino estremisti di destra. Questa modalità rientra non nella corretta informazione quanto semmai andrebbe etichettata come una meschina forma di “propaganda”.

Propaganda è infatti liquidare, denigrare e insultare i manifestanti di una protesta pacifica come nazisti, negazionisti, estremisti di destra, complottisti, no mask (ne parlavo qua 👉🏻 https://enricaperucchietti.blog/2020/05/27/chi-critica-le-mascherine-viene-deriso-come-no-mask/) e quant’altro.

Si ricorre al divide et impera e alla solita fallacia ad hominem per screditare il dissenso, ridicolizzandolo e distorcendone l’immagine. Si induce persino nell’opinione pubblica il senso che coloro che protestano possano rappresentare una minaccia sociale. 

Come? Si sposta l’attenzione dalle rivendicazioni e dalle richieste dei manifestanti per concentrarsi sugli insulti creati ad hoc, attaccando etichette denigratorie e infamanti, creando così un frame negativo. 

Il pensiero unico su cui si deve assestare l’opinione pubblica è infatti una forma di “politicamente corretto”, il più possibile allineato a quelli che sono gli obiettivi del potere.

Il totalitarismo democratico ha i suoi cani da guardia, i suoi psicopoliziotti, pronti a riportare all’ovile chiunque dissenta od osi manifestare pubblicamente dei dubbi.

Il dubbio non è consentito ed è pericoloso perché può “contagiare” il resto della popolazione, portando a un calo di consenso.

Il paradosso (potremmo parlare di vero e proprio bipensiero orwelliano) è che i mastini del pensiero unico, gli stessi che abbracciano la creazione di task force e che vorrebbero introdurre disegni di legge per censurare il web da fake news e teorie del complotto, sono i primi a perseguitare in modo violento, volgare e sguaiato i propri avversari, ricorrendo anche a falsità, strategie retoriche e a diffamazioni.
Oggi, purtroppo, il confronto è stato abolito per lasciare spazio al cyber bullismo. Si critica giustamente il bullismo quando nel mirino finiscono gli adolescenti o le minoranze, ma poi ipocritamente lo si usa come il braccio armato del potere per “mettere in riga” chi traligna dalla retta via.

Quando non si sa come attaccare il contenuto di certe ricerche si passa al bullismo vero e proprio con attacchi personali tanto vili quanto violenti o all’inserimento dei nomi dei ricercatori in liste di proscrizione.

Denigrando e perseguitando chi non si allinea al pensiero unico si spera di disincentivarlo dal continuare le proprie ricerche.

Sono metodi di bassa lega usati da tempo e che con l’avvento della tecnologia e dei social funzionano in modo più capillare.

Mettendo pubblicamente alla gogna i ricercatori “scomodi” si introduce di fatto uno psicoreato, un reato d’opinione di orwelliana memoria.

Si crea, come anticipavo, un frame, una cornice negativa, con cui stigmatizzare un ricercatore e le sue teorie in modo che il biasimo collettivo lo preceda e lo segni inesorabilmente. Si diffonderanno articoli, commenti su forum per confermarne il frame e si modificheranno persino le voci su wikipedia per avvalorare la veridicità delle accuse anche qualora siano assurde.

Il bullismo del potere tramite i suoi cybermastini si sta scatenando in questi mesi con il ricorso al noto argumentum ad hominem: si tratta di una fallacia o tecnica fuorviante che serve per screditare un argomento scomodo spostando l’attenzione dall’argomento della polemica, contestando non l’affermazione in oggetto, ma l’interlocutore stesso.

Invece di confutare l’argomentazione che si vuole negare, si attacca così la fonte o la persona che la sostiene. Si sposta pertanto l’attenziona dalla tematica alla persona che ne parla e la divulga.

Le argomentazioni ad hominem sono manovre diversive che servono a distogliere l’attenzione dall’argomentazione centrale per spostarla e focalizzarla su temi collaterali o estranei alla discussione:

invece di controbattere gli argomenti dell’interlocutore lo si attacca screditandolo, minacciandolo o deridendolo.

Ultimamente si usano le solite etichette per denigrare i pensatori alternativi: si crea un frame, un fermo immagine, per inserire colui che si vuole attaccare in questa cornice, magari dicendo che è un complottista o un ciarlatano.
Si crea cioè una cornice, per esempio quella del “complottista” o “negazionista”: tutto quello che vi viene fatto rientrare, vi appartenga o meno non importa, sarà visto dall’opinione pubblica come qualcosa da cui stare alla larga. Persino pericoloso per l’ordine sociale.

Così chi viene incasellato, etichettato, in questa determinata categoria verrà considerato a priori un paranoico cospirazionisti, un pazzo negazionista, un estremista, e qualunque cosa dica verrà percepito e liquidato come farneticazione.
Il fatto che esistano evidenti eccessi nel campo della controinformazione non significa che tutti i ricercatori debbano essere additati e ridicolizzati come webeti e come degli squilibrati.

La propaganda vuole invece rassicurare l’opinione pubblica del fatto che non sono mai esistiti e non esistono trame occulte né complotti (facilmente smentibile a livello storico) e che chi diffida della ricostruzione ufficiale di alcuni eventi allora sarà un cretino che crede ai rettiliani o alla teoria della terra piatta, e via discorrendo.

Si tratta ovviamente di una tecnica per liquidare e denigrare chi si pone in modo alternativo rispetto alla propaganda e al pensiero unico, in modo da spingerlo a vergognarsi addirittura di aver osato pensare “male”, di essersi cioè macchiato di psicoreato.