Due storie mediche diversamente istruttive

Il carbonato di calcio è un minerale. Ed un farmaco da banco, usato come comune anti-acido, contro l’esofagite da reflusso, come rimineralizzante contro l’osteoporosi. Adesso dei ricercatori dello Washington University di Saint Louis sono riusciti a fermare metastasi in topi iniettando loro carbonato di calcio: in nano particole, questa è la novità (pubblicata su Nanotechnology) Che il cancro crei attorno a sé un ambiente acido, che favorisce la sua metastasizzazione, è un dato ormai assodato; una dieta alcalinizzante che mantenga poco acido il sangue è ritenuta una misura in qualche modo preventiva.

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“Il cancro uccide attraverso le metastasi”, come dice uno studioso della suddetta università, il dottor Avik Som. I ricercatori del suo gruppo hanno puntato   a combattere il tumore alzandone il pH, ossia rendendone “alcaline” le cellule, e l’ambiente strettamente circostante.  Ricordiamo che l’equilibri acido-basico del sangue dovrebbe essere mantenuto a pH 7,35-7,45 (il pH è una misura dell’acidità:   più il numero è basso, più il sangue o il tessuto è acido). Il carbonato di calcio, sciolto semplicemente in acqua, dà un pH 9 (alta alcalinità), come ci si può aspettare da un anti-acido. Quando è iniettato nel corpo, effettivamente fa’ salire il pH del corpo al livello fisiologico, 7,4. Però   solo per breve tempo. Il motivo, secondo i ricercatori è che il calcio carbonato cristallizza in cristalli troppo grossi per penetrare le cellule, e anzi nell’acqua la cristallizzazione continua a crescere, “come gli stalattiti in una caverna”. L’idea è dunque stata di ottenere la sostanza in forma di nano particole, mille volte più piccole dei cristalli naturali.

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La soluzione del problema ha richiesto la collaborazione di esperti della scienza dei materiali e di ingegneri che hanno affiancato i medici. Due le fasi: prima, la “fabbricazione” di nano particole di carbonato di calcio da 20 a 300 nanometri di dimensioni (ossia ultra-microscopiche), con un metodo detto di diffusione a base polietilene glicolica; poi, la creazione di un solvente di albumina  che impedisce alle nano-particelle di aggregarsi in grossi cristalli. Il preparato è stato iniettato per via intravenosa in topi con fibrosarcoma (un tumore solido), quotidianamente; effettivamente ha impedito il proliferare di metastasi.   Quando però le iniezioni sono cessate, il tumore ha ripreso a crescere.  La ricerca continua per determinare quale si il dosaggio ottimale per bloccare le metastasi, migliorare la capacità di “bersagliare” il tumore se possibile utilizzare la sostanza insieme a comuni chemioterapici.

 

http://www.nanotech-now.com/news.cgi?story_id=52959

Dr. Stefano Fais
Dr. Stefano Fais

Ora, è il caso di ricordare che questo tipo di approccio terapeutico –   l’alcalinizzazione del cancro – ha alcuni iniziatori italiani. Uno, il dottor Tullio Simoncini, convinto che una soluzione di bicarbonato di sodio (l’anti-acido delle nonne) possa bloccare i tumori, è stato radiato dall’albo, condannato per truffa ed omicidio colposo per la morte di alcuni pazienti (il 98 per cento di mortalità dopo cinque anni che falcia i pazienti di famosi oncologhi   che usano la chemio non è considerato omicidio), ed è ritenuto un ciarlatano.

 

Il direttore del Reparto farmaci tumorali all’Istituto superiore d Sanità, dottor Stefano Fais, nulla ha in comune   con Simoncini e ancor meno con la ciarlataneria: da anni sta cercando di proporre una terapia del cancro basata sulla somministrazione di “inibitori della pompa protonica”, i cosiddetti prazoli – somministrati a sofferenti di ulcera gastrica – che ottengono per vie più fini (l’inibizione di un enzima) lo stesso risultato: sono anti-acidi, la cui somministrazione aumenta l’alcalinità del sangue e dei tessuti. In una intervista del 2010, Stefano Fais diceva:

“L’acidità è un meccanismo che il cancro usa per isolarsi da tutto il resto, farmaci compresi. Ma le cellule tumorali, per difendersi a loro volta da questo ambiente acido, fanno iperfunzionare le pompe protoniche che pompano protoni H+. Se si bloccano queste pompe, la cellula tumorale rimane disarmata di fronte all’acidità, e finisce per morire autodigerendosi». E’ la “apoptosi”, l’autodistruzione ordinata della cellula.

Organizzatore di convegni internazionali sul tema, a Stefano Fais – che è, ripetiamo, un medico dell’Istituto Superiore di Sanità, non un alternativo – han consentito di fare piccole prove cliniche (30 pazienti all’Istituto Tumori di Milano) ed altrove; con alte dosi (200 milligrammi) di   prazoli; risultati promettenti. “Ma la vera svolta – dice Fais in quell’intervista – sarà se avremo l’approvazione per uno studio clinico in cui useremo solo con gli inibitori della pompa protonica, senza chemioterapici. Così dimostreremo la loro efficacia e la possibilità di usarli come alternativa alla chemioterapia».

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Quindi le prove sono avvenute unendo agli anti-acidi,   sempre, obbligatoriamente, anche la chemio – di cui ormai è accertato che favorisce la crescita del cancro, dopo una prima fase di temporanea riduzione del volume, rendendolo incontrollabile. Non si riesce, in Italia, a provare sperimentazioni cliniche “solo” con gli inibitori della pompa protonica. Non è consentito, chissà da chi (avete qualche sospetto?). Un filone di ricerca che potrebbe portare al Nobel (per non parlare dei brevetti miliardari) è ferocemente o surrettiziamente ostacolato in Italia. Alla fine, la scoperta la faranno negli Stati Uniti, magari alla Washington University di Saint Louis.

 

 

Il virus Zika trasmette l’aborto

 

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A proposito di “scienza medica”, come non inchinarsi davanti all’Organizzzione Mondiale di Sanità? Ha scoperto la Zika, malattia simile all’influenza, che però produrrebbe bambini microcefali alle donne incinte che ne venissero affette. Immediatamente Repubblica.

Zika, l’appello dell’Onu: “I paesi più colpiti autorizzino contraccezione e aborto” .

E poi:

“L’Alto Commissariato per i diritti umani ha preso una posizione decisa, rivolgendosi ai governi un appello che diventa una sfida anche per la Chiesa, dal momento che in gran parte delle nazioni coinvolte dall’epidemia la religione cattolica è la più seguita e l’aborto è vietato”.

 

Cos’ ha visto giusto il medico, scrittore ed amico Paolo Gulisano, che ha scritto quanto segue un giorno prima:

“Il virus Zika è meno pericoloso di un’influenza, ma è imbattibile per trasmettere l’aborto.

 

Ecco il suo testo, su “La nuova Bussola Quotidiana”

É il virus del momento. Quest’anno niente presunte aviarie o suine, e nemmeno il flagello autentico di Ebola, per ora circoscritto e neutralizzato. É Zika, il virus venuto dal Brasile. Non proprio da Rio, come dicono i mass media, ma dalle zone tropicali, quelle dove vive la zanzara del genere Aedes, che trasmette la malattia. La stessa modalità di trasmissione di malattie che fanno ogni anno centinaia di migliaia di morti- come la malaria o la febbre gialla- senza che questo sconvolga l’opinione pubblica dell’Occidente.

Per Zika è diverso: il Brasile è il Brasile, terra di vacanza e divertimento, e la prossima estate ci sono anche le Olimpiadi. Quindi: bisogna fare qualcosa. L’immancabile Obama già ha alzato subito la voce per chiedere ricerche veloci ed efficaci nella diagnosi e nella cura, e magari pure un vaccino. A questo punto è doveroso chiedersi di che stiamo parlando. Perché improvvisamente si parla tanto di Zika? Cominciamo a dire che cosa provoca: praticamente uno stato patologico simil-influenzale. Febbre, dolori muscolari e articolari, congiuntivite, spossatezza. Passa in una settimana senza lasciare strascichi. A oggi non si è verificato nessun caso di decesso. Evidentemente l’influenza, cui come si diceva assomiglia moltissimo nella sintomatologia, è decisamente più pericolosa.

Quindi perché tanto allarmismo? Perché Zika può tornare molto utile alle lobby abortiste che cercano di introdurre una normativa permissiva sull’aborto nel grande Paese sudamericano. Ci sono, infatti, delle ipotesi, lanciate da alcuni ricercatori, e rilanciate anche da «avvocati e attivisti politici», come dice la britannica Bbc, che sostengono che si sta registrando negli ultimi anni un significativo aumento delle microcefalie nei nuovi nati. La microcefalia è un difetto congenito dello sviluppo embrionale, che può portare a morte il bambino, in una minoranza di casi, oppure a deficit neurologici e cognitivi. Per usare il linguaggio crudo con cui si sta cercando di spaventare le donne brasiliane, il bambino potrebbe essere un “ritardato mentale”.

Ora, l’allarme partito da alcuni ricercatori brasiliani, sta venendo amplificato dall’Organizzazione Mondiale della Salute, un organismo sempre più discusso e sempre meno autorevole, spesso per gli ingiustificati allarmismi divulgati negli ultimi anni, in particolare sulle presunte pandemie, che hanno portato all’apertura di inchieste per verificare anche eventuali interessi economici in queste operazioni. A seguito dell’Oms si è immediatamente accodata la International Planned Parent Federation, Ippf, una ben nota organizzazione impegnata nella diffusione di mezzi di controllo delle nascite, tra cui l’aborto.

Questo organismo, così come altri ambienti politici e culturali che da anni cercano di introdurre nella legislazione brasiliana il presunto “diritto” ad abortire, stanno utilizzando l’allarme Zika per ottenere una sorta di “legislazione d’urgenza” per l’epidemia. Un grimaldello per far saltare il divieto all’aborto. Fu la stessa tattica usata a suo tempo in Italia. Nel 1976 la nube tossica provocata da un incidente all’azienda Icmesa, nel cuore della Brianza, fece gridare all’allarme per i “mostri” che sarebbero nati, e venne chiesta una liberalizzazione ad hoc dell’aborto. Due anni dopo la legge 194 trasformava “l’emergenza” in istituzione. E i mostri? Non ne nacquero, ma ormai il danno era fatto.

La “teratogenesi”, ossia la nascita di bambini con malformazioni, è un’arma tattica per creare paura e allarmismo che non fallisce mai. Come si fa a far nascere una creatura “infelice”? Meglio l’aborto pietoso, no? Eppure, come l’opinione pubblica purtroppo non sa, i difetti alla nascita sono presenti nel 3-5% di tutte le nuove nascite. Essi sono la principale causa di mortalità infantile negli Usa. Ora, quali sono i numeri di Zika? I casi di infettati, nel corso dell’ultimo anno, sono stati pari allo 0,04% della popolazione. I casi di microcefalia segnalati sempre in Brasile, sono pari allo 0,005 % dei nati.

Si può dire che le malformazioni congenite in Brasile sono decisamente inferiori agli Stati Uniti. Forse Obama dovrebbe preoccuparsi di più di quelle che sono le più comuni e accertate cause di malformazioni: il consumo di alcool, il fumo, l’uso di droghe, anche leggere, di farmaci, l’esposizione ambientale a determinati agenti chimici, tra cui vari tipi di idrocarburi, o radiazioni ionizzanti. Ce n’è di tutti i tipi. E se fosse più teratogeno un diserbante, un eccesso di uso di smartphone, o una canna piuttosto che Zika?

C’è da sottolineare un ulteriore aspetto: gli stessi ricercatori che hanno lanciato l’allarme-malformazioni causate da Zika, hanno usato un condizionale d’obbligo. La loro ipotesi deriva dall’osservazione che nelle aree in cui si sono avute più nascite con microcefalia si era avuto anche un riscontro di casi di Zika. Ma un nesso di questo tipo può essere anche casuale, come insegna la Statistica, e si devono trovare delle serie prove biologiche che esista una correlazione tra Zika e teratogenesi. Ma i fautori dell’aborto non sono interessati ad un serio lavoro scientifico, e magari una ricerca finalizzata all’eliminazione della malattia, o della sua causa, la zanzara. Meglio creare le condizioni di terrore psicologico adatte per imporre anche in Brasile la cultura eugenetica e abortista.

Paolo Gulisano