DON ARIEL SU PAPA E “NUBIFROCIO” DELLA GERARCHIA

(mb. Poiché i media stanno difendendo il loro “Francesco” dalle precise ecircostanziate accuse di monsignor Vigano – ossia che Bergoglio è statos empre perfettamente informato delgli scandali omosessuali nei più alti livelli dei cardinali, spesso i suoi “favoriti”,  posto qui il tetso do Don Ariel LEvi di Gualdo sul problema)

Se l’omosessualismo ha invaso anche il Collegio Episcopale, anziché scrivere lettere al Popolo Santo di Dio, andrebbe attaccato sulla Chiesa madre di Roma il Cartello: “svendita totale per fallimento!”

 

 

Qualcuno si è forse accorto che nel clero abbiamo un problema di omosessualità sfuggito ormai a ogni controllo? Chiedo perdono se mi ripeto tornando ad affermare, a distanza di pochi giorni, che questa situazione l’avevo pronosticata nei dettagli dieci anni fa in numerosi testi pubblicati e sempre pagati ad elevato prezzo [cf. QUI]. Soprattutto preciso di non provare alcuna soddisfazione nel ribadire questo, posto che quando indicavo certi problemi e facevo certe analisi, desideravo che il tempo mi desse torto, non certo ragione.

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Un decennio fa, dinanzi al problema oggi molto grave, seppur non ancora esploso con l’odierna portata, due soli presbiteri trattarono in Europa il problema: uno in Polonia e uno in Italia. Il presbitero polacco è Darius Oko, quello italiano Ariel S. Levi di Gualdo. Parecchio importante è stato poi il lavoro scientifico del presbitero polacco Andrzej Kobyliński che ha dato un contributo molto prezioso all’analisi del problema [cf. vedere uno dei suoi lavori scientifici QUI].

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Il Padre Darius Oko ed io abbiamo scambiato in passato molte opinioni sul tema, concordi tra di noi su un preciso punto: il problema di questa «lobby gay che condiziona la Chiesa» [cf. sua intervista del 2013 QUI] e che al suo interno ha compiuto un «golpe omosessualista» [cf. mia intervista del 2013 QUI], sarebbe divenuto un problema irreversibile quando questo nubifrocio universale avesse toccato il proprio apice investendo il Collegio Episcopale.

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Inutilmente anni fa ribadivo: i vescovi che in modo scellerato favoriscono e proteggono i preti gay, sono una pericolosa piaga, ma quando i preti gay diventeranno vescovi, saremo di fronte ad un disastro irreversibile dinanzi al quale due sole forze potranno aiutarci a risollevarci da siffatta desolazione, seppure con impiego di molto tempo e di molta fatica: lo Spirito Santo ed il Santo Popolo di Dio [cf. QUI].

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I miei numerosi scritti pubbicati su L’Isola di Patmos testimoniano che più volte, parlando del ministero petrino e del Pontefice Regnante ho ripetutamente spiegato e affermato:

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«quel povero uomo imprudente di Jorge Mario Bergoglio, che di tutti i decenni di pregressi danni compiuti è soltanto la prima vittima, o come ebbi a scrivere in un recente passato usando un’immagine allegorica [cf. QUI]: egli è solo l’ultimo dei clienti giunto nel ristorante e che appena varcata la soglia è stato aggredito dai camerieri che hanno preteso da lui il pagamento dei conti di tutti coloro che prima di lui avevano pranzato e cenato senza però pagare, ma lasciando fior di conti sospesi [cf. QUI]».

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Questo mio concetto, pare che sia stato ripreso dal mio caro amico Andrea Tornielli nei suoi ultimi articoli sull’agenzia di stampa Vatican Insider, il quale giustamente richiama tra le proprie righe il fatto che certi problemi non nascono sotto questo pontificato [cf. QUI, QUI, QUI]. E fin qui, tutti noi dotati di menti razionali tendenti più al logico che all’umorale, siamo perfettamente d’accordo. Ciò che però noto negli articoli del mio caro amico, che più volte ho felicemente difeso quando è finito sotto il tiro dei cecchini per avere semplicemente esercitato il diritto proprio di cronaca [cf. QUI], oppure quando qualcuno gli ha prima rilasciato delle dichiarazioni e poi se le è rimangiate [cf. QUI], è che egli pare non porsi il quesito se l’uomo Jorge Mario Bergoglio, nel proprio governo, ha compiuto degli errori, oppure se sia gravato di difetti e limitatezze che caratterizzano tutte le nostre umanità imperfette segnate dalla corruzione del peccato originale. Di umane imperfezioni, di difetti e di limitatezze era gravato persino il Sommo Pontefice Gregorio I, universalmente noto come San Gregorio Magno, che forse di qualità dottrinali, pastorali e di governo ne aveva una o due in più del Sommo Pontefice Francesco I, ma sia chiaro: solo una o due, nulla di che!

È quindi vero ― ed io per primo come  l’ho affermato e più volte ripetuto — che il Sommo Pontefice Francesco I non può pagare il conto elevatissimo di una crisi dottrinale che ha infine generato una grande crisi morale nel clero [cf. mio articolo su TheologicaQUI], anche perché questa crisi comincia a prendere forma negli anni Sessanta e si diffonde vistosamente a partire dagli inizi degli anni Settanta del Novecento. In quegli anni l’Augusto Pontefice Regnante non era stato ancora consacrato sacerdote, perché la sua sacra ordinazione è avvenuta in Argentina alla fine del 1969, per l’esattezza il 13 dicembre.

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L’uomo Jorge Mario Bergoglio ha le sue gravi responsabilità, se poi queste oggettive responsabilità non le vogliamo vedere, allora si corre il serio rischio di cadere in uno dei peggiori vezzi dei nostri politici, che dopo avere svolto delle campagne elettorali fatte di promesse rasenti le sceneggiature dei film di fantascienza, una volta eletti e catapultati in problemi reali e soprattutto di difficile soluzione del Paese, cominciano a difendersi dicendo che è tutta colpa dei governi precedenti. Se dunque da una parte credo che all’uomo Jorge Mario Bergoglio non siano imputabili le responsabilità di diverse scelte infelici compiute dai suoi Sommi Predecessori, Beati e Santi Pontefici inclusi, egli, dal canto suo, che peraltro non è stato ancora né beatificato né canonizzato, trovandosi dinanzi a certi gravi problemi non facilmente risolvibili ci ha messo dentro parecchio del suo, ad esempio in spirito imprudente, lanciandosi con discorsi a braccio su temi scivolosi, facendo scelte infelici e ricorrendo ad espressioni ambigue nelle quali è difficile cogliere lo spirito della involontaria buona fede, specie quando queste ambiguità hanno poi generato nella Chiesa visibile liti e divisioni come mai prima s’erano viste. E seppure ripetutamente supplicato da cardinali, vescovi, sacerdoti e fedeli laici di offrire delle parole di chiarimento [cf. QUI], si è sempre rifiutato di rispondere con uno spirito che denota permalosità ed altezzosità. Però, poco dopo, sfoggiava umiltà mediatica lavando e baciando i piedi alla Missa in Coena Domini a musulmani e prostitute, per la gioia dei giornalisti ultra laicisti e con lo smarrimento di noi sacerdoti esterrefatti che in quel giorno santo celebriamo la istituzione della Santissima Eucaristia e del Sacerdozio ministeriale, non celebriamo la giornata mondiale del profugo o della redenzione delle prostitute [cf. QUI].

È vero che il capitano di una nave deve fare affidamento sui marinai che ha a propria disposizione, ma è anche vero che l’uomo Jorge Mario Bergoglio pare che degli uomini più sbagliati, spesso sia andato quasi a caccia. E la cosa che addolora è che il Pontefice Regnante, senza prestare ascolto a numerosi prelati di grande esperienza in servizio presso la Santa Sede anche da decenni, si è ostinato ripetutamente ad approvare le nomine episcopali di soggetti che erano stati ripetutamente esclusi dalle cosiddette terne perché gravati di grossi problemi di carattere dottrinale e morale, indotto in ciò da persone che godono della sua fiducia e che in modo a dir poco pericoloso egli seguita a tenersi attorno. In altre parole, o per meglio intendersi, si tratta di quel problema che io ho chiamato corte dei miracoli [cf. QUI, QUI] e che il Cardinale Gerhard Ludwig Müller ha invece chiamato cerchio magico:

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«Ho l’impressione che nel cerchio magico del Papa ci sia chi si preoccupa di fare la spia su presunti avversari, così impedendo una discussione aperta ed equilibrata. Classificare tutti i cattolici secondo le categorie di “amico” o “nemico” del Papa, è il danno più grave che causano alla Chiesa» [cf. QUI].

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cco perché nel 2015 io esordî con due articoli tristemente ironici nei quali affermavo sin dal titolo qual fosse il cuore del drammatico problema: «Vescovi, mode e consigli per i nuovi carrieristi: siate poveri, periferico esistenziali e sciatti» [cf. QUI], «Stanno buggerando il Santo Padre: proteggiamo Pietro! I peggiori gattopardi stanno giungendo in pauperistica gloria all’episcopato» [cf. QUI].

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Piaccia o non piaccia, ma se i dati di fatto purtroppo incontrovertibili non sono solo delle fatue opinioni vaghe ed opinabili, in quei miei articoli di tre anni fa c’è il quadro di quello che potremmo definire come l’episcopato bergogliano. Fornirò allora qualche esempio per chiarire senza scendere nei particolari, ma premettendo che se l’Autorità Ecclesiastica mi convocasse fornirò a loro nomi e cognomi dei soggetti in questione, sebbene inutilmente, visto che conoscono molto bene sia i soggetti sia soprattutto le loro gesta. E gli esempi sono questi: in Italia sono divenuti vescovi due sacerdoti cinquantenni che costituivano una felice coppietta di fatto, tale nota e riconosciuta sin dai tempi del seminario, ed oggi, sulle loro bocche, usate purtroppo per tutto fuorché per pregare, è tutto e solo un incessante fiorire di poveri, povertà,  profughi, periferie esistenziali e via dicendo. È divenuto vescovo un soggetto al quale i giovanotti che all’epoca se la facevano con lui quando era giovane sacerdote, oggi si dilettano a narrare in giro dei suoi gusti da gay passivo sottomesso al maschio dominante. È divenuto vescovo, poi appresso insignito della dignità cardinalizia, un soggetto che ha coperto e protetto per anni le più immonde schifezze di preti che frequentavano marchettari a pagamento e che si imboscavano nelle saune gay. È diventato vescovo un prete di cui un intero presbiterio ricorda esattamente con quali e quanti altri seminaristi, poi con quali e quanti giovani sacerdoti appresso se la faceva, tanto che il suo ordinario diocesano, per evitare che questa volpe seguitasse a seminare danni nel pollaio, sbagliando gravemente lo tolse dalla diocesi e dal contatto con i giovani preti mandandolo a Roma a studiare. Non parliamo poi dei giovani sacerdoti, allontanati allo stesso modo dalle diocesi con la scusa degli studi specialistici, che una volta finiti i loro corsi nelle università ecclesiastiche romane, grazie ai buoni uffici di alti prelati gay o gay friendly sono poi entrati come officiali nei vari dicasteri della Santa Sede. E tanto per chiarire: durante il mese di settembre io salirò per la seconda volta le scale della Segreteria di Stato per andare a conferire con chi di dovere ma soprattutto per consegnare un dossier di prove e di documenti da me redatto e firmato dinanzi al quale i racconti sulle città di Sodoma e Gomorra sono un fanciullesco racconto da educande, il tutto affinché sia scongiurata la folgorante carriera di un altro soggetto ad altissimo rischio.

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Tutto questo nubifrocio che è molto peggio di quegli tsunami che hanno devastato intere nazioni, è forse colpa dei membri dei precedenti governi? Il Sommo Pontefice Francesco I, in certe nomine pericolose non è stato ingannato, tutt’altro: quand’è stato messo sull’avviso circa la natura e le gesta di certi soggetti già in precedenza bocciati come candidati all’episcopato, se n’è bellamente fregato e li ha promossi vescovi, qualcuno anche cardinale.

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Il Sommo Pontefice Francesco I non è uomo che ami essere contraddetto, né ama sentirsi dire da seri e onesti collaboratori che certe scelte pastorali e di governo potrebbero essere molto sbagliate, o che certe nomine dovrebbero essere evitate, pertanto, agendo secondo gli schemi tipici dei mediocri, si è circondato di pericolosi nani, che poi sono il meglio del peggio dei trasformisti in carriera, quelli che oggi sono tutti poveri, povertà e profughi. Se però domani cambiasse il vento e giungesse un nuovo Papa Re, dalla sera alla mattina vedremmo costoro entrare nelle loro chiese cattedrali con sette metri di cappa magna, le chiroteche alle mani e le mitrie damascate decorate con gemme preziose sulla testa.

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E qui mi si potrebbe richiamare all’ordine, perché nelle precedenti righe ho osato dare del mediocre all’Augusto Pontefice Regnante. Detto questo chiarisco a chiunque considera l’Augusto Pontefice Regnante la terza persona della storia dell’umanità esente da qualsiasi macchia di peccato dopo il Verbo di Dio fatto uomo e dopo la Gran Madre di Dio Maria Santissima, che definire l’uomo Jorge Mario Bergoglio equilibrato, dotato di solida dottrina e di capacità di governo, sarebbe come magnificare gli abiti stupendi di quel certo re narrato dalla celebra fiaba, che però in verità è nudo. Si rasserenino pertanto tutti i papolatri, perché agli inizi del Novecento abbiamo avuto un Sommo Pontefice che era un uomo mediocre e sotto certi aspetti anche limitato, costui si chiamava Pio X, oggi amato e venerato Santo Pontefice della Chiesa. E non è stato l’unico, il Santo Pontefice Pio X, ad essere un uomo mediocre e limitato, lo sono stati molti altri Santi e Sante oggi molto venerati dal Popolo di Dio, a partire dal Santo Patrono dei Sacerdoti, San Giovanni Maria Vianney. In che cosa consisteva dunque la eroicità di quelle virtù che rese un uomo mediocre e anche limitato come il Sommo Pontefice Pio X un grande Successore di Pietro e poi un Santo? San Pio X aveva una virtù che alla personalità dell’uomo Jorge Mario Bergoglio pare al momento sconosciuta: il Sommo Pontefice Pio X aveva lo straordinario dono di grazia di quella umiltà che lo rese grande, ma soprattutto capace a circondarsi degli uomini di più alto talento ed intelletto, a partire dal Servo di Dio Cardinale Rafael Merry del Val, che fu la grande mano della memorabile Enciclica Pascendi Domici Gregis. E un Santo, come nel caso del Santo Pontefice Pio X, si circonda di santi uomini di Dio, al contrario di soggetti come l’uomo Jorge Mario Bergoglio che tendono invece a circondarsi — se mi si passa il termina romanesco davvero poco ecclesiastico — de pore mezze seghe.

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Da un punto di vista pastorale ed ecclesiologico, dinanzi all’attuale irreversibile nubifrocio che ormai ha inondato anche il Collegio Episcopale, non posso affatto esultare dinanzi alla Lettera al Popolo Santo di Dio del Sommo Pontefice Francesco I [cf. QUI], dinanzi alla quale c’è poco da esultare, perché si tratta del cosiddetto ennesimo testo bergogliano nel quale si cerca di dire tutto allo scopo di non dire niente di ciò che si dovrebbe invece dire, in modo soprattutto chiaro e preciso. Un testo davvero povero, se messo a confronto di un testo memorabile, ma purtroppo dimenticato dalle menti di corta memoria, come quello scritto appena otto anni fa dal Venerabile Pontefice Benedetto XVI e titolato: «Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda» [cf. QUI].

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La lettera del Sommo Pontefice Benedetto XVI ha una struttura pastorale, teologica e socio-ecclesiale che parte anzitutto da un grande senso di umanità. In essa si indica il problema, si analizza e si prospettano tutte le soluzioni. La lettera del Sommo Pontefice Francesco pare ostentare umanità artificiosa nel tentativo di mostrare umana sensibilità al mondo, ma soprattutto è priva di una struttura pastorale, teologica e socio-ecclesiale.

etto questo: se i teologi per un verso, i giornalisti per altro verso, vogliono fare entrambi delle analisi nelle loro diverse e rispettive competente, dobbiamo purtroppo giungere a questo risultato: la Lettera di Benedetto XVI ai Cattolici dell’Irlanda dice tutto in modo drammatico, pastorale ed ecclesiale; la lettera di Francesco I al Popolo Santo di Dio non dice niente perché non analizza il problema, non indica con precisione soggetti responsabili e non offre soluzioni, sino al punto di prendersela con un non meglio precisato «clericalismo», quando invece la Santità di Nostro Signore il Pontefice Regnante dovrebbe sapere bene che il problema drammatico è l’alto tasso di omosessualismo diffuso nel clero.

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Questa è la differenza che corre tra un uomo mediocre e limitato come il Sommo Pontefice Pio X, ed un uomo mediocre e limitato come il Sommo Pontefice Francesco I. Il tutto premettendo che lo Spirito Santo offre e ricolma da sempre di grazie del tutto speciali il Successore di Pietro, ma se il Successore di Pietro non è aperto ad accogliere e mettere a frutto i doni di grazia abbondanti e speciali su di lui riversati, in tal caso lo Spirito Santo non opera. E non opera perché Dio non si può contraddire né può contraddire il mistero della creazione: l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, libero e dotato di libero arbitrio. Se chiunque, dinanzi ad un Sommo Pontefice che può essere parzialmente o saltuariamente od anche totalmente chiuso alle azioni di grazia dello Spirito Santo, se ne uscisse fuori dicendo che comunque, essendo egli il Successore di Pietro, in ogni caso non può errare mai in materia di dottrina e di fede, in tal caso si uscirebbe dai principi fondanti e fondamentali della fides catholica per cadere neppure nel fideismo, ma nella vera e propria magia. Come ad esempio fanno da tempo tutti coloro che ormai si sono specializzati a cercare nei documenti pontifici ciò che essi non contengono, od a fargli dire ciò che essi non dicono, convinti attraverso le loro interpretazioni pindariche di difendere e di proteggere quel papato il cui primo difensore deve essere il Successore di Pietro, perché se il papato non lo difende lui, ogni difesa nostra rischia di essere inutile e del tutto vana, nonché ridicola.

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Nella Lettera al Popolo di Dio, il Sommo Pontefice Francesco I se ne guarda molto bene di indicare la gran piaga dell’omosessualità e dell’omosessualismo diffuso ormai anche ai più alti vertici delle gerarchie ecclesiastiche; tutt’altro, egli si ostina a tenersi attorno come consulente un soggetto come il pericolosissimo gay friendly James Martin S.J. [cf. QUI].

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Il Sommo Pontefice Francesco I se ne guarda bene dal chiarire che i casi di pedofilia diffusi tra il clero, ciascuno dei quali è destinato a creare effetti mediatici devastanti, oltre che danni atroci alle vittime, sono casi reali e riscontrati, ma rarissimi, perché la maggior parte di quelli indicati come casi di pedofilia, in verità sono solo casi di efebofilia, ossia di ordinaria pratica dell’omosessualità da parte di preti che esercitano quel puro, semplice, bello nonché tutelato esercizio alla sessualità omosessuale riconosciuto come un vero e proprio diritto dalla Legge stessa.

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Per capire quanto i casi di pedofilia nel clero siano rarissimi, basta fare una semplice analisi di proporzione numerica: nel mondo il clero cattolico secolare e regolare è composto da circa 450.000 sacerdoti [cf. QUI], se raffrontiamo questo numero con quello dei sacerdoti condannati per pedofilia con sentenza passata in giudicato, scopriremo in che proporzione numerica stiamo parlando veramente di pochissimi presbiteri, all’incirca nell’ordine dello 0,02% scarso. Siccome però l’efebofilo rientra in quelli che sono i vizi legati alla pratica della omosessualità, se si tratta di preti si urla invece “al pedofilo!”, anche quando un prete comunemente gay e non certo pedofilo, ha profanato il Sacro Ordine Sacerdotale consumando un sacrilegio carnale con un ragazzo di diciassette anni e undici mesi, il quale era semmai dedito ad attività sessuali da quando ne aveva tredici e che si prostituiva a pagamento da quando ne aveva quattordici.

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La gran parte dei preti indicati come pedofili ― che ripeto non sono però pedofili ma efebofili o semplicemente e giosamente gay —, che hanno avuto con adolescenti rapporti sessuali in assenza di coercizioni psicologiche e di violenze fisiche, hanno consumato solo e null’altro che rapporti omosessuali. E ciò detto ripeto: se in assenza di provate violenze psicologiche e fisiche un sedicenne assieme ai suoi familiari si presentassero assistiti da un esercito di avvocati dinanzi ai magistrati chiedendo la condanna del prete per pedofilia, costoro sarebbero sbattuti letteralmente fuori da qualsiasi tribunale del mondo, semmai pure col serio rischio di essere loro querelati dal prete gay che ha avuto solo un rapporto sessuale con un minore in fascia di età post puberale, senza sottoporlo ad alcuna coercizione fisica e psicologica e per ciò palesemente consenziente. E tutto questo — ripeto ancora senza pena di essere prolisso — si chiama omosessualità e non pedofilia.

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Questa mancanza di chiarezza e di distinzione tra casi molto rari di pedofilia, casi di efebofilia, casi di rapporti sessuali di preti gay con giovani consenzienti e spesso lautamente ricompensati per i loro servigi prestati non di rado a pagamento, rischiano quindi di creare un grosso e pericoloso equivoco: se un adulto gay ha un rapporto sessuale con un adolescente ultra sedicenne consenziente o con un quattordicenne già navigato e come tale psicologicamente riconosciuto, in tal caso ha avuto solo e null’altro che un lecito rapporto sessuale; se però ad avere avuto un rapporto sessuale con questo stesso soggetto è un prete, in quel caso si urla “al pedofilo”. I primi grandissimi ipocriti che grideranno immediatamente “al pedofilo” saranno proprio i figli della potentissima lobby LBGT, coloro che l’insegnamento sulla sessualità intesa come genere a scelta o sulle bellezze dell’amore gay, lo hanno già imposto in molti Paesi del mondo a partire dalle scuole elementari.

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L’Augusto Pontefice Regnante, è stato per caso informato dal suo gaio consulente gesuita James Martin che in giro per il mondo, molte scuole cattoliche hanno dovuto chiudere e poi liquidare i loro stabili ormai inutilizzati, perché i governi locali avevano loro imposto insegnamenti incompatibili con la fede e la morale cattolica, quali ad esempio l’esaltazione dell’omosessualismo e la teoria del genere, l’obbligo della educazione alla contraccezione ed il diritto all’aborto? Che poi questi casi non siano documentati da quella succursale di Radio Radicale al quale ormai da tempo è ridotto il quotidiano dei Vescovi d’Italia L’Avvenire, non vuol dire che non siano casi reali e soprattutto in costante aumento, quelli delle scuole cattoliche costrette a chiudere i battenti e vendere gli stabili.

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E di questo grande e pericoloso equivoco che nasce anzitutto dalla mancata informazione e distinzione tra pedofilia, efebofilia ed omosessualità, con tutte le relative statistiche numeriche, il responsabile è l’uomo Jorge Mario Bergoglio, che non è il Santo Pontefice Gregorio I Magno né il Santo Pontefice Pio X, che pure avevano, come uomini, delle limitatezze che non hanno affatto pregiudicato il raggiungimento della loro santità, semplicemente perché erano andati al di là di se stessi per aprirsi alle azioni della grazia di Dio su di loro.

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Devo infine dare ragione al Professor Roberto de Mattei, che sovente ho amabilmente criticato, senza mai avere messo in discussione la sua preparazione e soprattutto la sua vita esemplare ed il suo essere un autentico modello di intellettuale, di marito e di padre cattolico. La mia onestà cristiana e intellettuale mi impone di affermare che il Professor Roberto de Mattei ha purtroppo ragione quando parla dei papolatri, perché a questo taluni sono ormai giunti: il Padre e il Figlio possono anche sbagliare a far procedere lo Spirito Santo, ma l’uomo Jorge Mario Bergoglio no, lui non può sbagliare e non sbaglia mai, qualunque cosa dica o faccia.

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Poste queste premesse, sulla Basilica Maggiore di San Giovanni in Laterano, Cattedrale di Roma e Madre di tutte le Chiese del mondo, possiamo anche affiggere il cartello: svendita totale per fallimento, consapevoli che nel futuro, da questa immane devastazione operata dai suoi vescovi e dai suoi preti, con molto tempo e dolorosa fatica la Chiesa visibile pellegrina sulla terra potrà riprendersi ed essere risollevata solo dallo Spirito Santo e dal Santo Popolo di Dio.

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Il 18 febbraio 2013, a pochi giorni di distanza dall’annuncio dell’atto di rinuncia dato dal Venerabile Pontefice Benedetto XVI, l’agenzia di stampa Vatican Insider riportava meritoriamente un testo dimenticato del giovane teologo Joseph Ratzinger, risalente al 1969 e contenuto in un suo ciclo di lezioni radiofoniche:

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«Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare molti degli edifici che aveva costruito nella prosperità. Poiché il numero dei suoi fedeli diminuirà, perderà anche gra parte dei privilegi sociali […] Ma nonostante tutti questi cambiamenti che si possono presumere, la Chiesa troverà di nuovo e con tutta l’energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio Uno e Trino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell’assistenza dello Spirito, che durerà fino alla fine. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell’esperienza e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica. Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la sinistra e ora con la destra. Essa farà questo con fatica. Il processo infatti della cristallizzazione e della chiarificazione la renderà povera, la farà diventare una Chiesa dei piccoli, il processo sarà lungo e faticoso. Ma dopo la prova di queste divisioni uscirà da una Chiesa interiorizzata e semplificata una grande forza. Gli uomini che vivranno in un mondo totalmente programmato vivranno una solitudine indicibile. Se avranno perduto completamente il senso di Dio, sentiranno tutto l’orrore della loro povertà. Ed essi scopriranno allora la piccola comunità dei credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto […] A me sembra certo che si stanno preparando per la Chiesa tempi molto difficili. La sua vera crisi è appena incominciata. Si deve fare i conti con grandi sommovimenti. Ma io sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico […] ma la Chiesa della fede. Certo essa non sarà più la forza sociale dominante nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa. Ma la Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà come la casa dell’uomo, dove trovare vita e speranza oltre la morte» [cf. QUI].

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In queste parole è dipinta la devastazione operata nel nostro recente passato, la situazione sfigurante della Chiesa visibile del presente, ed infine il futuro che ci attende, basta non essere ciechi e non pensare che questo momento per alcuni di gloria, per altri di aberrante confusione, assieme a questo pontificato non passerà mai, tra gridi di «rivoluzioni epocali» e «processi irreversibili». Urla giacobine tipiche di coloro che, non avendo una prospettiva futura ed escatologica, sono capaci di vivere solamente il tutto e subito del presente, cercando come dei pirati all’arrembaggio di arraffare in questo presente tutto quello che si può arraffare, quasi come se … «di doman non c’è certezza», quindi «chi vuol esser lieto sia», come diceva il padre rinascimentale dello gnosticismo neo-pagano Lorenzo il Magnifico, che era per l’appunto un padre dello gnosticismo neo-pagano, non era un padre della fede cattolica.

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dall’Isola di Patmos, 24 agosto 2018

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rivendicare rispetto e diritti insultando in modo dissacrante la cristianità ed i suoi simboli più sacri è ormai costume della lobby LGBT. Nella foto: Gay Pride di Roma, partito dalla piazza antistante la Cattedrale di San Giovanni in Laterano sede episcopale del Vescovo di Roma, ed infine giunto in Piazza della Repubblica, già Piazza Esedra, dove si trova l’antica basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, eretta sulle antiche terme di Diocleziano in ricordo dei Martiri uccisi in odio alla fede durante le persecuzioni del III secolo [vedere filmati QUI e QUI]