DALLA ZONA ROSSA: GRIDANO PER LAVORARE

“…Non si entra e non si esce dalla zona rossa, e  noi abbiamo dei manufatti da spedire, alcuni sono urgenti e se non troviamo il mondo di spedirli ai nostri clienti saremo costretti a distruggerli». Chi parla è il titolare della  Printall  srl, un’azienda di stampa di Codogno, uno dei Comuni del lodigiano della cosiddetta “zona rossa”.  «Ho provato a sentire anche i trasportatori, ma anche loro non possono operare. Alcuni clienti ci hanno detto che si dovranno rivolgere ad altri fornitori».  E’ una tipografia particolare, artistica, con solo sei dipendenti. Tutti forzatamente a casa per la quarantena. «Lavoriamo su commessa, se non consegniamo non possiamo mettere in magazzino», dicono.

A  Codogno c’è anche un’azienda  con 650 dipendenti bloccati a casa in quarantena,  la MTA Automotive, prima fornitrice di case automobilistiche estere  (morsetti e fusibili) ,  il cui direttore generale, Antonio Falchetti, implora : “Dateci almeno 60 lavoratori perché non si fermi tutto.  Chiede di poter fare lavorare l’azienda in sicurezza quanto basta per non bloccare a catena produzioni in tutta Europa, perché serve BMW,  Renault, PSA; FCA, Land Rover, Iveco…

Molte Case oggi non hanno doppia fornitura”, spiega: “ Se noi non forniamo un componente, le linee possono avere problemi dopo due o tre giorni. Da domani o dopo ci potranno essere”.  Le Case  estere  ci chiedono  in tutti i modi di avere permessi, dagli enti, per continuare a lavorare. Chiediamo di produrre in sicurezza almeno con il 10% della forza lavoro. Serve a garantire un minimo, per non fermare linee produttive sia italiane, sia europee, di Francia e Germania“.

Ma non solo: “A Codogno forniamo sia le Case sia altri nostri stabilimenti, come il nostro in Slovacchia, dove lavorano 450 persone e quello in Marocco. Certi componenti realizzati all’estero a loro volta dipendono dall’Italia, per dei semilavorati“.

Una  indagine superficiale mi dice che a Codogno hanno sede altre  ditte. Tipo

“La Misolet”, “ materiali dielettrici, termo-meccanici, termo-elettrici, elettronica, illuminazione con materiali come  BAKELITE, carta bachelizzata, tela bachelizzata, vetronite epossidica, vetronite melaminica, vetronite siliconica, termoisolanti, PVC, ABS, carta aramidica, mylar“.

Le  Officine Verbano   –  meccanica di precisione che opera dal 1960 nella progettazione, costruzione, manutenzione e assistenza post-vendita di ferri da trancia a blocco e a passo, stampi di piega, stampi imbutitura per particolari di piccole e medie dimensioni e maschere di foratura. L’azienda esegue lavori per conto terzi in elettroerosione a filo e nella produzione di particolari di profonda imbutitura e tranciatura acciaio, ferro, alluminio, ottone e bronzo”.

La COM di Orlandini Marco (etichette e nastri decorativi),   la Eurometal   che “Progetta, produce e costruisce : porte, finestre, grate di sicurezza, verande in pvc e infissi antirumore, blindati e di alluminio. A disposizione per ogni tipo di esigenza particolare del cliente”.

E questo solo a Codogno,  dal cui perimetro le polizie sorvegliano che uomini, lavoratori e  merci, non possono né uscire né entrare, e hanno urgenza e  clienti che gli fanno fretta.  Ma  mi manca il coraggio di  guardare quante industrie esportatrici  e aziende artigiane di qualità ci  sono nei comuni  di Bertonico, Casalpusterlengo , Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia e Terranova dei Passerini, e non possono lavorare .

Basta dire che nella sola Casapusterlengo stanno la Unilever, la  Serioplast, che fa contenitori per i prodotti della  Unilever, “Poi ci sono la Sasol Italy di Terranova dei Passerini, specializzata in principi attivi per i detersivi, e la Thermal Ceramics che produce mattoni: lì alcune persone che abitano in zona rossa sono ancora al lavoro per spegnere gradualmente i forni senza danneggiarli”, dice un sindacalista della CGIL.

Ho appreso come voi  lettori che, oltre alle  industrie (e di quale livello), negli stessi undici comuni della zona rossa  sono insediate “oltre 500  stalle e aziende agricole” che ora rischiano la paralisi:  Ci sono stati diversi casi di mungitori che sono stati bloccati ai posti di controllo e fatti allontanare, sebbene si siano presentati con i documenti che attestano il loro lavoro in aziende zootecniche della zona rossa.   La  Coldiretti  ha stilato un elenco delle imprese zootecniche e dei nominativi dei lavoratori operanti nelle stalle, da comunicare alla Prefettura per poter risolvere quanto prima la situazione garantendo anche il movimento degli operai impegnati nella lavorazione di „prodotti deperibili nelle industrie e cooperative agroalimentari limitrofe”.“

“Nella fascia di quarantena – ha spiegato la Coldiretti   – vivono oltre 100 mila fra mucche e maiali e la limitazione della circolazione di merci e persone nonché le misure di prevenzione impediscono una adeguata assistenza nelle stalle mentre nei campi pesano i vincoli agli spostamenti degli operai trattoristi dalle proprie abitazioni al posto di lavoro, in vista delle semine. Occorre verificare quanto prima che tutto il personale addetto al controllo dei varchi tra zona rossa e gialla sia adeguatamente formato ed informato sulla deroga alla movimentazione di persone, mezzi e prodotti per il settore agricolo ed agroalimentare, comprese le aziende di biogas”.

Carabinieri e poliziotti, con le migliori intenzioni,  semplicemente “non capiscono”   le necessità di questa produzione, di questa antropologia operante e complessa – come vivessero in un altro mondo,  o  più precisamente  in un’altra epoca.   Nemmeno i prefetti capiscono (ed è abbastanza strano). Figuratevi i burocrati di Roma  e ministri grillini e piddini.

Una prodigiosa densità industriale

 Vorrei solo che i miei lettori meridionali “sentissero”  la densità, e la qualità,  di opifici concentrati su quel territorio ora chiuso: da  enti e ministri che, essendo meridionali, abituati al deserto economico del Sud – che inevitabilmente è anche un deserto di conoscenza, di ingegno, di responsabilità  verso gli altri , senza loro colpa non ne hanno un’idea.  I  5 Stelle e  loro elettorato,  che chiamano gli imprenditori “prenditori” perché conoscono  solo quel tipo  di imprese: appalti e subappalti in opere pubbliche, strade da asfaltare e commesse del Comune e della Regione. Adesso  possono utilmente imparare che le loro concezioni sono antiquatissime e arretrate, che avendo  saltato non una, ma due o tre rivoluzioni industriali – e non hanno la minima nozione di cosa sia la “tela bachelizzata”, la vetronite melaminica, o cosa sia “l’imbutitura profonda in acciaio e l’elettro-erosione” .

Anche io non so  cosa siano questi prodotti e processi: ma ho grande rispetto per loro e  chi li ha progettati, inventati  su richiesta di clienti sofisticati, e delle mani sapienti  dei lavoratori lombardi che oggi – col loro direttore generale  – vogliono  tornare in fabbrica, almeno in 60, perché lo chiedono le Case estere con urgenza, essendo  quei prodotti difficili da sostituire.

Mi basterebbe che le Regioni meridionali, che per il coronavirus a Casalpusterlengo hanno chiuso le  scuole (quasi non aspettassero altro) e i ben sei comuni di Ischia che vogliono vietare lo sbarco di lombardi e veneti, avessero rispetto,  dirigente che – in fondo – con quel che esporta gli sta pagando la benzina,  il gas,  lo smartphone, il reddito di cittadinanza. Che ogni italiano del Sud  sentisse il valore di questa ricchezza operosa come parte della patria.

Però ho una sensazione: che qui  siano ormai in causa due tipi antropologicamente diversi di italiano, e  che  la crisi economica romperà tragicamente questo paese che non ha mai conosciuto una vera comunità di destino.