Come evitare un attacco stile 2011 contro l’Italia?

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rischi di un attacco finanziario che arrivano dall’estero, le tensioni sui mercati, le mosse del governo, i progetti in cantiere (anche sui Btp), gli scenari e qualche consiglio. L’analisi di Marco Rocco

Osservando gli sviluppi internazionali sembra pericoloso illudersi che prossimamente l’Italia non venga messa sotto l’attacco da parte dei mercati, come fu nel 2011. Forse – in realtà – l’Italia è già sotto attacco e lo spread tra i 250 e i 300 bps ne è la riprova.

I calcoli di Mr. Cottarelli che conducono a circa 6 miliardi di extra costo di interessi in 2 anni causa spread potrebbero infatti essere non molto lontani dalla realtà: se ad esempio nel periodo 2018-2019 si dovessero rinnovare 200 miliardi di BTP, cifra coerente, l’extra costo rispetto ai bund sarebbe di 6 mld di euro, a meno di spostare le scadenze sui BOT ossia prendendosi un rischio ulteriore da ribaltare sui prossimi anni di governo pagando molto meno di interesse a breve. Rispetto invece al costo che si sarebbe avuto con lo spread a 150 bps come era qualche mese fa, beh, i conti di Cottarelli traballerebbero alquanto, secondo chi scrive nell’ipotesi sopra sarebbero circa la metà. Va ricordato che Cottarelli sembra da tempo eccessivamente pessimista in riguardo ai conti nazionali, forse più del dovuto (probabilmente ancora spera di rientrare in gioco in politica, chissà).

Il problema infatti è come da incipit: l’Italia probabilmente è già sotto l’attacco, una pistola alla tempia dell’esecutivo: se infatti il governo gialloverde cercherà di forzare la mano approvando quanto promesso in campagna elettorale – flat tax, reddito di cittadinanza e cancellazione anche solo parziale della legge Fornero – partirà il colpo mortale, altrimenti lo spread si assesterà su questi livelli per qualche trimestre.

Alla fine si sta vivendo una specie di dilemma del prigioniero: faccio quanto richiesto da chi “comanda” o mi attivo per fare quello che “dovrei fare” nel supposto interesse del Paese?

Di Maio e Salvini, che hanno tutta la mia simpatia, da una parte in caso di attacco dello spread verrebbero messi sul banco degli imputati per i danni causati all’Italia in forza delle loro ipoteticamente (come leggereste sui media) “scellerate politiche economiche populiste”. Dall’altro, in caso di accondiscendenza con l’EU, non riuscirebbero a mantenere le promesse elettorali rischiando a termine un aumento delle tasse e non una discesa.

Ed ecco quindi nascere il più classico esempio di doublespeak: “Non ci sarà attacco speculativo contro l’Italia come nel 2011”, proprio per negare l’evidenza dei fatti che va in senso opposto, forse trasposta in un eventuale ricatto dei mercati nei confronti di Roma. Vedremo a breve la riprova di quanto esposto.

Dopo l’analisi, vediamo le alternative a disposizione per uscire dal cul de sac fatto di promesse elettorali e di vincoli di bilancio euroimposti. In soldoni, il governo ha solo una possibilità: trovare fondi per fare crescita. E trovare fondi – nelle more dell’impossibilità di incrementare il debito pubblico, che secondo FMI, EU e Germania, va comunque ridotto, notando che chi scrive non è assolutamente d’accordo con le istituzioni sovranazionali – significa:

1. o aumentare le entrate ossia le tasse (come faceva il PD)

2. o accedere a fondi straordinari, per investimenti straordinari. Ad esempio in infrastrutture, leggasi, proprio quegli investimenti che dovrebbero almeno in teoria garantire alto moltiplicatore di crescita.

Alla fine molto probabilmente sarà un mix, tasse ma non troppe, attaccare privilegi evidenti e soprattutto trovare fondi straordinari.

I cosiddetti “BTP riservati” ipotizzati alcune settimane fa da Armando Siri sembrerebbero una possibile rappresentazione dell’ultimo aspetto: trovare fondi convincendo gli italiani, non si capisce se forzosamente o meno, ad investire in una nuova forma di BTP “riservata solo agli italiani”. Ossia, BTP esclusi dalle negoziazioni internazionali che dovranno invece essere – proprio come la detenzione fisica – solo nazionali. Una moderna moneta parallela, anzi un’unità di conto capitale che, come tutti gli omologhi esempi storici, avrà necessariamente un valore DIVERSO da quella ufficiale, ossia dai BTP senza riservazione espressi in euro (…). Con tutti i problemi del caso, prima di tutto di monetizzazione e liquidità del prodotto prima della scadenza ovvero di sconto in caso di vendita ante scadenza per incassare euro. Quello che si può dedurre dalle parole di Siri è che tali BTP saranno di fatto degli strumenti assimilabili alle future lire senza necessariamente esserlo; ovvero – indovino – se andrà per il verso giusto, ossia se l’economia italiana si riprenderà, tutto andrà bene e la restituzione sarà come da attese. Altrimenti, beh, si vedrà…

Mi sono posto ripetute domande su come sia possibile conciliare la giusta necessità del governo di trovare fondi per fare crescita con quello di non approfittarsi indebitamente di coloro che in Italia i soldi ce li hanno, le famiglie italiane (che poi sono gli stessi soggetti che più hanno sofferto per la crisi ormai decennale dell’euro). Infatti sarebbe inaccettabile che siano proprio le famiglie italiane a doversi sobbarcare l’onere di un surrogato dell’uscita dall’euro, senza però ottenere in cambio alcun vantaggio.

Guardando e riguardando gli esempi internazionali, avendo più possibilità ad accedere ad archivi esteri che italiani, mi sono reso conto che l’unica possibilità di successo dello strumento dei “BTP riservati” sta nel permettere che tali buoni del tesoro riservati ai soli italiani possano essere usati per pagare le tasse in Italia monetizzandoli alla bisogna ossia liberamente al valore nominale di emissione, facendoli dunque diventare un ibrido tra uno strumento di investimento ed un miniassegno/minibot. Pensate che questo suggerimento mi è arrivato da un amico, che lo ha colto da un commento in rete (alla fine le risposte arrivano sempre da dove meno te l’aspetti).

In tale caso i BTP riservati avrebbero un senso compiuto: un interesse solo leggermente più alto dei BTP normali ma a fronte di una speranza di crescita per l’Italia. Ed in ogni caso la possibilità di usarli liberamente ed in qualsiasi momento per pagare le tasse – qualsiasi tassa dovuta allo stato o a sua entità correlata, inclusi gli enti locali – al valore nominale, 1:1, dunque con garanzia di liquidità al 100% dello strumento (sempre al valore nominale, ossia di emissione).

Se Paolo Savona percorrerà questa strada potrà avere successo, provvisto che la blindatura presente e soprattutto futura sull’utilizzabilità a nominale dei BTP riservati per pagare le tasse sia robustissima se non totale. Se invece non ci sarà tale clausola di utilizzabilità a valore nominale per pagare le tasse, beh, significherà che lo scopo è diverso rispetto ad una compenetrazione dei rispettivi interessi tra Stato e cittadini. Ossia qualcosa è stato taciuto (…).

L’alternativa nucleare, più una chimera in realtà, è che l’Italia sfori bellamente i parametri di Masstricht facendo debito in forza di un uno sforzo all’unisono con gli USA di Trump, sempre più in guerra con l’EU. Certo, è una possibilità, ma che resta assai remota. Possibilità che – va notato – per essere sdoganata dovrà necessariamente passare attraverso un macro evento travolgente, che comporterebbe probabilmente danni collaterali molto superiori rispetto all’obiettivo sperato dai gialloverdi.

Marco Rocco

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