Censimento rom, Tinti: sugli zingari, Salvini ha ragione

Non si capisce perché quanto si pretende faccia un cittadino italiano, non dovrebbe essere preteso da uno zingaro; la parità dei doveri sembra concetto ignoto a chi si riempie la bocca tutti i giorni con la parità dei diritti. Lo dico malvolentieri, per vari motivi, ma il segretario della Lega ha ragioni da vendere

di Bruno Tinti (*)

Quando sono nato, mio papà ha dovuto andare dall’ufficiale di Stato Civile a dirgli che, appunto, ero nato e che mi chiamavo Bruno. Mi hanno diligentemente «schedato», specificando che ero figlio di mio papà e mia mamma e che abitavo in un certo posto del quartiere Nemorense di Roma. Poi la mia «scheda» è stata diligentemente aggiornata. Ci hanno scritto che sono stato iscritto in una scuola elementare e che dunque i miei genitori avevano obbedito al precetto di farmi frequentare la scuola dell’obbligo; e hanno annotato tutti i miei progressi scolastici, fino alla laurea, consentendomi così di farmi chiamare legittimamente «dottore» dai parcheggiatori abusivi.

Arrivato a 18 anni, lo Stato mi ha ricordato che dovevo fare il soldato. Poi sono diventato giudice e lo Stato non si è lasciato scappare l’occasione di aggiornare la mia «scheda»: codice fiscale e controllo annuale: l’hai presentata la dichiarazione dei redditi? Da allora, ogni anno, l’ho presentata perché sapevo bene che, non l’avessi fatto, lo Stato l’avrebbe subito saputo e mi avrebbe fatto a strisce. Così come ho pagato bollo (e superbollo ahimè) di tutte le mie macchine perché alla mia «scheda» non ne è mai scappata una.

E non parlo delle multe che mi sono arrivate perché lo Stato ha sempre saputo dove abitavo e me le ha puntualmente notificate. Addirittura, se avessi preso la residenza in un posto diverso dal centro abituale dei miei interessi e del mio nucleo familiare, avrebbe fatto i doverosi accertamenti e mi avrebbe obbligato a risiedere dove, secondo lui, era giusto che lo facessi. Quando avevo provato a risiedere a Gressoney perché, in crisi esistenziale, avevo deciso di fare il «guardiano di sentieri» (ma non l’avevo proprio deciso, traccheggiavo e quindi non avevo ancora dato le dimissioni dalla magistratura), lo Stato mi scrisse subito dicendomi che non ci dovevo nemmeno provare: prima smettevo di fare il giudice e poi potevo trasferirmi a Gressoney a fare quello che mi pareva.

Insomma, sono stato «schedato», nel bene e nel male, tutta la vita. Proprio io, guardiano della legge, professionista, onesto lavoratore, sono stato classificato, sorvegliato, rimbrottato. E adesso che il ministro dell’Interno Matteo Salvini vuole censire gli zingari, tutti si incazzano. Secondo me c’è in giro un’epidemia di stupidità.

Lasciamo perdere che non si capisce perché quanto si pretende faccia un cittadino italiano, non dovrebbe essere preteso da uno zingaro; la parità dei doveri sembra concetto ignoto a chi si riempie la bocca tutti i giorni con la parità dei diritti. Ma possibile che nessuno ci rifletta sulle conseguenze dell’inesistenza amministrativa degli zingari?

Cominciamo dall’ovvio: è gente che non lavora, però mangia, beve e guida macchine e carrozzoni di proprietà (forse …). La ovvia conclusione è che il denaro per vivere arriva da fonti illecite. Però sembra giusto che lo Stato non sappia come si chiamino i pochi delinquenti zingari che riesce ad acchiappare; che sia costretto a fare perizie mediche sulla densità ossea di quelli (tutti) che si proclamano minorenni e dunque non punibili dalla giustizia ordinaria; che, quando (cosa ridicolissima) si concedono gli «arresti domiciliari» in luogo della prigione a gente che non si sa nemmeno come si chiama, si scriva nel relativo provvedimento «arresti domiciliari presso il campo nomadi del Sangone» o «dell’Arrivore», cioè una specie di casbah dove non si riuscirebbe a trovare nemmeno un gigante alto tre metri e mezzo.

Poi naturalmente c’è il meno ovvio. Gli zingari italiani sono stanziali, o perlomeno «nomadizzano» da un campo a un altro. Ma le loro abitudini igieniche restano quelle di nomadi primitivi: sporcizia ovunque. Avete mai visto un campo nomadi? Io sì, per ragioni di lavoro. Da entrarci con tuta, guanti e stivali. Monouso. Posto ideale per i bambini.

Già, i bambini. Scuola dell’obbligo? Come no! Al seguito di zingare elemosinanti e ladre professioniste, questa è la loro vita fino a quando diventano maturi per fare gli zingari a tempo pieno; cioè i ladri. Naturalmente di imposte e tasse non se ne parla; il che può non fare troppa impressione a cittadini adusi all’evasione come gli italiani ma che, a «schedati» come me, proprio gli scoccia.

Eh, ma si sa come si comincia… gli ebrei… Peccato che lì si schedavano, per ragioni politiche, banchieri, professionisti, commercianti, professori, gente di alto livello umano e professionale; e, qui, si propone di sapere chi sono e dove abitano persone che vivono di reati, per cercare di contenerli e garantire ai loro bambini una vita più o meno civile. Lo dico malvolentieri; ma Salvini ha ragioni da vendere. Se lascia perdere l’euro, l’Ue, le tasse e l’economia in genere, potrebbe anche essere un buon ministro.

(1) Ex magistrato, giornalista ed editore italiano.

Fonte: https://www.italiaoggi.it