AIUTARE EUROPEI POVERI NON E’ ABBASTANZA “SOCIAL”

(MB. Ricevo e pubblico)

Una foto “con il bambino africano” vale 200 foto “con il bambino europeo”

Buongiorno Direttore,
è la prima volta che Le scrivo direttamente;  con ogni probabilità
avrei lasciato questo commento in calce all’articolo che tra poco citerò, ma  comprendo e appoggio la Sua decisione di chiudere le discussioni.
Sono poco più anziano di Silvia Romano, la ragazza rapita in Africa,  e sono lombardo come lei (ma immagino che queste sfumature non le  siano interessanti, ma anzi sinonimo di “razzismo nordista”. Se fossi  di una tribù africana e rivendicassi la mia identità, invece, il  discorso sarebbe ben diverso); il mio impegno nell’aiuto umanitario  non è totale, essendo costretto a lavorare per creare una mia realtà imprenditoriale.
Nell’articolo “La più bella virtù italiana…”, Lei, Direttore,  definisce “Africa Milele” una ONLUS “sconosciuta”; una breve ricerca  sulle reti sociali, ed invece si scopre che questa associazione ha un  suo radicamento, tante iniziative di autofinanziamento (5×1000, “pizzate”, etc.), ondate di  fotografie e grandinate di “mi piace” (12mila alla pagina), etc. Queste interazioni da reti sociali aumentano a dismisura nelle fotografie raffiguranti la nuova famiglia “colorata” della presidente di tale associazione; sono sicuro  che altrettante ne ha ricevute la fotografia in abiti tribali africani  fatta dalla ragazza rapita. Tutto è pubblico ed ampiamente visibile sui profili ospitati sulla piattaforma Facebook, vedere per credere.
Allorché mi dico: quanta attenzione per il mondo del volontariato!
Sicuramente, mi dico, se la passano bene allora anche i volontari ai quali,  quando posso, allungo un biglietto di carta firmato Draghi.
Nella “razzista” e “padanista” Brescia, scaldata dall’impianto di  termovalorizzatore più grande di Little Italy (che barbari!) esiste  l’associazione ESTportiamo, che al motto di “Cercare il pane per sè  può essere egoismo, ma cercare il pane per gli altri può essere  spiritualità”in estrema sintesi carica di viveri, attrezzi per
lavorare il terreno, per riscaldare, etc., dei grandi TIR (solo quelli che, per un caso o per l’altro, devono tornare a casa loro senza carico, per questo accettano, dietro prebenda, di aiutare i loro indigenti) per poi distribuirli all’estremità d’Europa: Romania, Ucraina, ma anche Libano, Siria, Betlemme… tra le varie cose, si impegna anche a sensibilizzare le donne locali a non praticare l’aborto. Chiaramente è di ispirazione cattolica, ma non si pone nessun quesito sui destini della Chiesa, come invece fa il Suo blog.
Insomma, una candidata ideale per avere altrettanti “mi piace”, condivisioni, etc., quanti quelli di “Africa Milele”.
Ed invece non è così, mi sbagliavo.

La pagina “social” langue di interazioni (Africa batte Est Europa 12mila “mi piace” a 500), figuriamoci quindi di volontari (i quali son sempre gli stessi, ogni anno chiaramente più anziani); La fotografia della ragazza nemmeno 18enne, volontaria al centro pro-life in Transcarpazia che cura il bambino di un’altra donna, evidentemente “piace” meno dei bambini africani con un cartello in mano (come se fossero marionette, poveracci).

 La fotografia dell’aiuto alla Caritas greco / cattolica di Maramunes  (dove esistono pregevoli chiese in legno, e l’agricoltura è tutto  meno che meccanizzata e ) con le bambine in abito tipico evidentemente  “piace” meno della foto della ragazzina Y, mentre fa le smorfie in Kenya, con il nulla come sfondo.
(Tantissimi “LIKE”. Volontari Africa Milele)
(Pochissimi)
Un piccolo contributo sulle attività pro-vita ai confini d’Europa, a Maramunes, e sulle nuove difficoltà create da…
 “Per noi europei occidentali è sorprendente sapere di come in una nazione in cui l’aborto è molto diffuso, per antico e sovietico retaggio, le iniziative e le manifestazioni anche collettive (a volte quasi di massa) dei movimenti – soprattutto religiosi – in difesa della vita, siano bene accetti dalle autorità e dagli organi d’informazione a stampa e radiotelevisivi. Ed è anche marcata la presenza pubblicitaria su questo problema, anche sulle strade urbane con cartelloni, manifesti, poster, volantini, ecc. Non solo: a volte gli stessi medici degli ospedali, per saperne di più su queste iniziative dialogano con gli esperti del locale Movimento per la Vita. Particolarmente positivo è il fatto che questo tipo di azione abbia accesso anche al mondo della scuola, con gli esperti del Movimento invitati a tenere delle lezioni. I nostri amici di là, coi quali siamo in relazione, non hanno però mancato di osservare (ce ne hanno fatto partecipi proprio in questo 2017) che si sta insinuando in modo strisciante dall’Occidente una deleteria mentalità “libertaria”, al punto di far temere che in futuro non sia loro consentito l’accesso alle scuole e alle istituzioni pubbliche per poter parlare di aborto e sessualità responsabile. E’ questo uno dei motivi per cui l’attività Pro-Life prosegue senza sosta sui siti web, sulle pagine Facebook, e con gli altri mezzi di divulgazione. Situazione paradossale: l’aborto visto dalle autorità come piaga nazionale, e insieme (ma sperando che non sia così) penetrazione dall’Occidente (cristiano?) di una mentalità e di un clima “culturale” che da noi ben conosciamo. ”
Ad “Africa Milele” e alle sue volontarie con i rasta in testa interessa nulla di questi disperati est europei, sono troppo occupate ad organizzare “Aperitivi Solidali a Palazzo Camozzini” (Fonte https://www.facebook.com/events/1922255488068880/)
a Verona (complimenti! Ma chi paga?) per poi raccogliere vestiti da inviare (o da far portare in valigia a qualche turista) in Africa Nera.
Se c’è qualche europea in più che abortisce perché non sa come crescere suo figlio, pazienza. Anzi, probabilmente meglio, posto “occupato” in meno per qualche “risorsa”. Inutile cercar di far capire loro che, prima vengono risolti i problemi dei vicini, poi si può pensare ai lontani. Ma aiutare gli europei non è abbastanza social.
Una foto “con il bambino africano” vale 200 foto “con il bambino europeo”, purtroppo. E la colpa, non è del povero bambino africano utilizzato qui come se fosse un bambolotto, ma di chi non vede l’ora di tornare a casa a mostrare la fotografia all’apericena con le amiche.
 Avrei voluto anche citare la ONLUS francese (rialziamo un po’ l’onore dei vicini transalpini su questo blog, dopo le Macronate) “Solidaritè Kosovo”, la quale cerca di portare aiuti fisici all’enclave serba – cristiana nel  Kossovo e si premura di redimerci un bollettino di quel che succede ai poveri disgraziati che si professano cristiani.
Il presidente di questa associazione, il grenoblino trentatrenne Arnaud Gouillon, ha già contribuito con la sua opera a scolarizzare oltre 500 bambini serbi, ad aiutare migliaia di famiglie e salvaguardare quei pochi monasteri che ancora resistono alle barbarie dei kosovari islamisti.
Risultato? Un bel divieto, redatto dalle autorità (?) kosovare, ad entrare nella loro zona, pena l’arresto
Ovviamente, Gouillon trattato come un terrorista (jihadista, magari?), mentre mano libera viene lasciata ai barbari, da parte delle autorità (?) locali. Eccone una piccolissima cronaca:
3 Novembre, raid a Mušnikova, colpita famiglia  Petrović  , serba. Casa devastata, particolare accanimento contro l’icona di San Giorgio, patrono della famiglia. https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/v/t1.0-9/45232415_2083817001639358_3529333845855830016_n.jpg
3 Novembre, devastazione e saccheggio del cimitero serbo di Orahovac. Particolare accanimento, ovviamente, contro le croci sulle lapidi.
6 Novembre: il priore del monastero di Decani lancia un appello: “i nostri permessi di soggiorno potrebbero non venir più rinnovati (ad un monaco è già stata rifiutata la richiesta), vogliono forzarci a diventare kossovari, o altrimenti verremo espulsi”
E’ disponibile gratuitamente il documentario, girato dai volontari dell’associazione: Kosovo, una cristianità in pericolo
Giovanni