ABU DHABI. NOBILE: UN PRIMO MEZZO PASSO IN AVANTI. UN’ESPERIENZA PERSONALE.

6 Febbraio 2019

Cari Stilumcuriali, Agostino Nobile ci ha inviato un articolo estremamente interessante sulla visita del Pontefice regnante negli Emirati Arabi Uniti. Condividiamo il tono sostanzialmente positivo dell’articolo, e della dichiarazione firmata dai responsabili religiosi, anche se sulla famosa frase relativa alla diversità di religioni “voluta” da Dio avremmo preferito un verbo diverso, che suonasse meno a negazione della Via indicata da qualcuno per la salvezza un paio di migliaia di anni fa…Ma per quello che valgono questi documenti, qualche cosa che almeno nella forma sembri portare i chierici islamici a riconoscere strade di reale accettazione dell’altro è positivo. Buona lettura.

Ad Abu Dhabi papa Bergoglio ha incontrato il grande imam sunnita Ahamad al-Tayyib.           Perché proprio adesso?

Prima di parlare del viaggio papale ad Abu Dhabi, capitale della meno repressiva monarchia araba, per dare un’idea della società emiratina voglio raccontare brevemente alcuni aneddoti vissuti personalmente a fine anni ’90. Gli immigrati, prevalentemente provenienti dall’India, Pakistan e Filippine non hanno gli stessi diritti concessi in occidente. Una volta entrati nel paese, per evitare fughe indesiderate sono obbligati a lasciare il passaporto al proprio dare di lavoro, il quale diventa padrone assoluto. Nessuno straniero ha diritto alla cittadinanza, neanche gli immigrati musulmani di seconda e terza generazione. La Costituzione e il codice civile sono stabiliti dalla sharia.

Ero appena arrivato a Dubai. Viaggiando insieme a due libanesi su un pulmino, guidato da un giovane indiano che ci raggiunse alle due di notte all’aeroporto per portarci all’hotel, a un incrocio fummo investiti da un camion della nettezza urbana. Dato che il conducente del gigantesco Volvo non si preoccupò di frenare, il nostro pulmino fu trascinato per una trentina di metri fino a quando s’incastrò contro un semaforo situato ai bordi di un largo marciapiede. Il fumo, creato dall’attrito dei copertoni con l’asfalto, rese il nostro abitacolo come una camera a gas. Poco dopo, insieme ai due libanesi, che oltre all’arabo grazie al cielo parlavano francese, fummo circondati da alcuni poliziotti. Il conducente del nostro pulmino se l’era data a gambe prima del loro arrivo.

Nonostante i due libanesi avessero detto chiaro e tondo che alla guida del pulmino c’era un giovane indiano che era scappato, i poliziotti mi accusarono di essere il conducente. Probabilmente il mio aspetto europoide fece scattare una forma di cinismo schiettamente anti-occidentale.

Ci portarono tutti e tre a quello che noi chiameremmo Commissariato. Per due ore hanno cercato di farmi firmare un foglio, in arabo, dove confermavo di essere il conducente di quel benedetto pulmino. Cosa che, ovviamente, non feci.                                                                                                          Il notturno kafkiano non finì lì. Facemmo l’alba. Ma per non farla troppo lunga andiamo al finale. Dopo una decina di giorni, fui invitato a presentarmi al Tribunale. Giunto davanti a un signore baffuto seduto dietro un lungo bancone, tipo ufficio delle poste, per la prima volta dopo l’incidente vidi il giovane indiano. Magrissimo, un po’ più basso del sottoscritto, non capivo perché aveva il mento tremulo e lo sguardo supplichevole. Il signore baffuto, con un inglese approssimativo ma sufficientemente chiaro, mi domandò: ” Il dottore certifica che a causa dell’incidente lei ha passato una settimana a letto e perso una settimana di lavoro. Le basta essere ricompensato dal signore (l’indiano), o preferisce mandarlo in galera?” Il giovane, guardandomi, in un inglese maccheronico, borbottò: “Please… please I have family India… no money!”

Girandomi verso il baffone, gli dissi che non volevo niente. Sorpreso, sgranò gli occhi. “È sicuro? Lei può chiedergli anche dieci, ventimila dollari…”

Ovviamente rifiutai.

Non ho mai saputo chi nell’incidente avesse torto, perché non fu fatta una perizia, e dato che le strade a quell’ora erano deserte, l’unica persona ascoltata fu il conducente del gigantesco camion dell’immondizia. Evidentemente, in casi come questi, la testimonianza di una persona “credibile” è sufficiente per rovinare la vita a chiunque. Io mi sono salvato grazie ai due libanesi che mi hanno tradotto l’infame dichiarazione che mi avrebbe condannato. Infatti, i poliziotti, che fino alle quattro e mezza di mattina mi hanno messo insistentemente davanti il foglio da firmare, mi dicevano che era solo una dichiarazione che attestava la mia presenza sul pulmino. Questo è un piccolo esempio della sharia.

In un precedente viaggio, arrivando all’aeroporto di Abu Dhabi, un agente di frontiera ha letteralmente strappato il crocifisso dal collo di un’anziana signora inglese, per poi gettarlo platealmente a terra con stizza.

Sempre ad Abu Dhabi, un collega mi chiese se conoscevo un buon avvocato in Italia. Un’italiana sposata con un ricco arabo, chiedeva aiuto perché il marito le aveva requisito il passaporto, vietandole di uscire di casa senza di lui. Dato che la sharia permette la segregazione delle donne, e l’avvocato italiano o europeo che sia non avrebbe potuto fare niente per ovvi motivi giurisdizionali, molto probabilmente la signora sposata con l’emiratino si trova ancora là.

Nello stesso periodo a Sharjah, terza città dell’emirato, la polizia, allertata dai vicini, arresta cinque cristiani statunitensi e canadesi, colpevoli di pregare nel proprio appartamento. Rilasciati dopo una settimana li hanno accompagnati all’aeroporto col biglietto di sola andata. Sono stati fortunati. In Arabia Saudita avrebbero forse perso la testa.

Dunque, avendo visto la situazione degli immigranti negli Emirati, la Dichiarazione di Abu Dhabi sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmati dal grande imam sunnita dell’università al-Azhar Ahmed al-Tayyib e papa Bergoglio non può che essere positiva.  .

Senz’altro un documento pieno di buoni propositi, anche se, come sappiamo, passare dalle parole ai fatti ce ne vuole.

Perché il monarca e presidente degli Emirati Khalifa bin Zayed Al Nahayan, ha invitato il papa in pompa magna proprio adesso? Possiamo fare solo alcune ipotesi, e tra le prime abbiamo senz’altro il terrorismo che, dicono i governi arabi, è finanziato da Iran e Qatar. Forse temono che il terrorismo possa colpire le monarchie. Probabilmente qualcosa è scappato di mano ed è diventato difficile da gestire, ma dubito che il terrorismo sia finanziato solo dai due paesi sotto accusa. Nell’attacco alle Torri Gemelle i terroristi erano quasi tutti sauditi sunniti. L’Iran è sciita, ma i gruppi terroristici e i cosiddetti lupi solitari sono sunniti. Dobbiamo pensare che è tutta farina del sacco qatariota? Difficile crederlo. È più probabile che i sunniti, attraverso questa Dichiarazione firmata con Bergoglio, tentino di mettere in angolo gli odiati governi iraniano e qatariota.

Un altro motivo che ha spinto la monarchia degli emirati a invitare il papa, come rilevato nel Documento firmato, potrebbe essere la valanga inarrestabile dell’immoralità che, nonostante le leggi dittatoriali, arriva come uno tsunami anche nei paesi musulmani.

La Dichiarazione condanna l’estremismo e tutte le pratiche disumane che umiliano la dignità. Promettendosi di “lavorare per modificare le leggi che impediscono alle donne di godere pienamente dei propri diritti”, affermano che Dio “non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati”. La Dichiarazione ricorda inoltre quei “popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre”. Questi passi pieni di umanitarismo ricordano molto da vicino il mondialismo onusiano. Buono a parole, feroce nella pratica. Non possiamo fare a meno di pensare, infatti, alle migliaia di yemeniti che in questi mesi stanno morendo sotto le bombe delle monarchie arabe, e ai cristiani copti egiziani che vengono perseguitati e massacrati anche nelle chiese. Parlando dell’Egitto, ricordiamo che il grande imam al-Tayyib, è uno sfegatato antisemita che non disdegna di assolvere metodicamente i terroristi.

Comunque, leggendo la Dichiarazione la prima cosa che risalta è senz’altro la negazione della sharia e, oserei dire, di gran parte del Corano e degli atti di Maometto. Dobbiamo forse pensare che gli imam musulmani si sentano pronti ad una lettura interpretativa del Corano? Nutriamo molti dubbi, ma certamente questo documento potrebbe rappresentare un primo mezzo passo. Non nascondo che sarei stato più fiducioso se il grande imam sunnita di al-Azhar avesse chiesto perdono per i milioni di schiavi e di morti fatti in nome di Allah durante quattordici secoli. Evidentemente i poteri forti non potevano ottenere più di tanto. Dopo che Bergoglio ha cancellato dal suo vocabolario Gesù Cristo come unico Salvatore, per ora si accontentano della Dichiarazione onusiana firmata dal grande imam al-Tayyib. Temo, comunque, che alla fine, mentre molti musulmani continueranno a fare i musulmani, in Vaticano apriranno le porte all’islam come hanno fatto con Lutero. Magari erigendo una statua di Maometto. Una boutade? Vedremo.

Concludo. La pace e il rispetto per la famiglia umana si può realizzare solo e in parte con la conversione dei cuori e col timore di Dio. Gesù Cristo è l’unico che ci offre questa opportunità.

Agostino Nobile

ABU DHABI. NOBILE: UN PRIMO MEZZO PASSO IN AVANTI. UN’ESPERIENZA PERSONALE.