Heiner Flassbeck: l’Italia verso la tempesta perfetta – e Moscovici ha torto

da Voci dalla Germania

Il grande economista Heiner Flassbek su Makroskop ci spiega perché sull’Italia si sta addensando una tempesta perfetta e perché questa volta il governo tedesco preferisce tenere un basso profilo e lasciare il lavoro sporco alle istituzioni europee. Per Flassbeck in questi giorni stiamo assistendo al funerale della socialdemocrazia europea: l’ultimo socialista francese con un incarico politico importante che per qualche decimale di deficit diventa il boia di un paese che sta cercando di uscire da una lunga crisi economica. 
Il fatto che l’ultimo socialista francese con un alto incarico politico, sia il anche il boia dell’Italia, è più che tragico. Ci mostra il modo in cui alla fine i socialdemocratici cadranno in rovina: per la paura che hanno del neoliberismo.
Ma se i socialisti francesi viaggiano intorno al 5%,
per Flassbeck non è un caso. Da Makroskop un ottimo Heiner Flassbeck
Pierre Moscovici, che nel suo ruolo di Commissario europeo per gli affari economici e finanziari potrebbe essere l’ultimo socialista francese a ricoprire un alto incarico politico, insieme al vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, ha scritto una lettera. Nel testo inviato al Ministro delle finanze italiano, in risposta al progetto di bilancio del governo, Moscovici scrive che rispetto ai tagli concordati, nella bozza di bilancio sarebbe presente una deviazione senza precedenti nella storia del Patto di stabilità e crescita. Entrambi danno tempo al governo italiano fino ad oggi pomeriggio per rispondere.
Si tratta di tabacco forte, ed è chiaro il significato: la Commissione, sotto la guida di un commissario francese, che appartiene a un partito ormai defunto chiamato Parti Socialiste, vorrebbe fare dell’Italia un esempio. E dal momento che la BCE non sta facendo nulla per frenare i  cosiddetti “mercati”, dove la speculazione sui titoli di stato italiani va avanti, sopra il governo italiano si sta addensando una tempesta perfetta. Non c’è dubbio che questa tempesta abbia l’obiettivo di indebolire il governo italiano appena eletto o almeno di intimidirlo abbastanza da farlo rientrare all’interno della “disciplina” europea.
Chi ha preparato la tempesta perfetta?
Si può essere certi del fatto che la preparazione di questa tempesta sia avvenuta in maniera concertata e che il governo tedesco vi sia decisamente coinvolto. È davvero incredibile come ormai da settimane da parte del governo tedesco sul caso italiano si senta molto poco. A parte un’intervista relativamente moderata del ministro federale delle finanze, dal governo tedesco o dai partiti che lo sostengono, sull’Italia non si sono registrate praticamente altre uscite significative. Anche se i media  tedeschi “mainstream” da settimane commentano con la bava alla bocca, la politica è rimasta sorprendentemente silenziosa. Questo può solo significare che nel governo tedesco e al vertice dei partiti c’è un accordo: in considerazione dell’atmosfera anti-tedesca presente fra la popolazione italiana, questa volta il lavoro sporco sarà lasciato alle istituzioni europee, invece di farlo fare ai brutti tedeschi
Sicuramente anche la BCE è stata pienamente coinvolta, e data la sua posizione legale (divieto di finanziamento agli stati), la massiccia pressione politica e il fatto che al vertice si trova un italiano, non avrà altra scelta che fare quello che da lei ci si aspetta, cioè restare passivamente in attesa e lasciar fare i “mercati”. Anche i critici della BCE dovrebbero essere consapevoli che nonostante la resistenza dei tedeschi e contro la giurisprudenza tedesca, la Corte di giustizia europea non ha classificato l’intera operazione del Quantitative Easing come un finanziamento pubblico, semplicemente perché la BCE è riuscita ad argomentare in maniera convincente che questo programma doveva essere considerato uno strumento di politica monetaria, in quanto aveva l’obiettivo di evitare la deflazione in tutta l’eurozona. Un intervento a favore di un paese, che è esattamente ciò che sarebbe necessario vista la speculazione sulle obbligazioni italiane, dati gli ostacoli giuridici, non potrebbe in alcun modo essere realizzato.
Cosa dovrebbe fare l’Italia?
È difficile prevedere il modo in cui il governo italiano reagirà. Soprattutto in considerazione delle numerose voci che anche in Italia mettono in guardia dall’avviare un percorso che si concluderebbe con un’uscita dall’Italia dall’euro e in cui il Movimento 5 Stelle in particolare, che ha scarse competenze economiche al proprio interno, potrebbe uscirne indebolito. Tuttavia, nel merito della questione, è certo che un cedimento avrebbe  degli effetti fatali per l’Europa.
Le vie d’uscita dell’Italia dalla crisi sono legalmente impossibili, bloccate da altri paesi oppure impraticabili per ragioni di cui l’Italia non è responsabile. La strada verso l’aumento dell’avanzo commerciale con l’estero, percorso sul quale in passato l’Italia ha avuto successo, nell’unione monetaria non è piu’ possibile, perché da anni la Germania attraverso  il suo dumping salariale e grazie ad una posizione competitiva decisamente migliore impedisce ogni tentativo in questa direzione. Tagli salariali assoluti, non diversamente dalla Grecia, porterebbero al collasso del già debole mercato interno e farebbero aumentare immediatamente la disoccupazione.
Le possibilità offerte dalla politica monetaria sono da tempo esaurite, sia per l’Italia che per tutta l’Europa, e non ci si può certo aspettare una soluzione da parte delle aziende, o dal “mercato”. Inoltre, anche in Italia, le aziende sono dei risparmiatori netti, il che significa che invece di migliorarla, contribuiscono a peggiorare la situazione complessiva della domanda. In questa situazione logicamente resta solo lo stato, vale a dire il solo che grazie a spese e deficit crescenti potrebbe provare a portare il paese fuori da una crisi che dura ormai da anni. Chiunque blocchi questo percorso, politicamente o legalmente, è un folle.
La fine della socialdemocrazia
Il fatto che la socialdemocrazia in Europa da anni non sia piu’ in grado, oppure non sia disposta, ad appropriarsi di un contesto così chiaro e ad usarlo politicamente, dimostra che i loro giorni sono contati. Né i socialisti francesi né i socialdemocratici tedeschi (e molti altre “sinistre”, in particolare i Verdi) si oppongono alla follia neo-liberista, perché già diversi decenni fa non sono riusciti a fondare il loro programma su una base macroeconomica ragionevole. La loro paura del Keynesianismo con i suoi “debiti” era talmente grande che hanno preferito scegliere la variante codarda dell’arruffianamento al mainstream.
Oggi che quella dei “debiti” è diventata una questione esistenziale per le nazioni e per l’Europa, la vendetta è amara. Un partito in grado di affrontare con sicurezza questo problema e tematizzare il nuovo mondo economico avrebbe sin dall’inizio un enorme vantaggio intellettuale rispetto ai suoi concorrenti. Poiché si tratta di considerazioni puramente logiche e non di una “teoria”, un partito (o un movimento!) potrebbero facilmente comunicarlo anche a una popolazione scettica, e chiarire agli elettori il modo in cui il cittadino comune spesso viene ingannato dai cosiddetti benpensanti. Ma evidentemente manca il coraggio e la capacità di comprendere tre semplici passaggi logici. Chi sceglie di affondare in questo modo, evidentemente non meritava di meglio.

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