A peste, fame, et bello, libera nos Domine!

 

Di luciano garofoli

A peste, fame, et bello, libera nos Domine!
A flagello terrae motus, libera nos Domine!

Te rogamus. Audi nos Domine

C’è stata un’epoca in cui il cristianesimo non era soltanto una religione ma il vero e proprio modus vivendi che regolava la vita del mondo. Tutto si conformava ad esso ogni più piccola azione, ogni modo di fare quotidiano: dal come relazionarsi con gli altri, cioè con il “prossimo”, al concepire gli spazi dove passare l’esistenza, alla stessa toponomastica delle città e dei luoghi di normale svolgimento di qualsiasi tipo di attività.

E non ci si venga a raccontare che queste erano manifestazioni conseguenze dirette di un potere religioso che tendeva a soffocare qualsiasi anelito di libertà o di novità. O peggio erano lo stereotipo prefabbricato ed imposto con la forza, se non addirittura con il terrore, da un sodalizio formato dal potere temporale e da quello spirituale uniti e fusi per puntellarsi a vicenda e schiacciare la gente.

Ogni cosa della vita aveva la sua attenzione anche in campo religioso ed ognuno, anche singolarmente, sentiva l’intima e forte esigenza di fare le cose con la protezione di Dio o di implorare la sua misericordia ed il suo aiuto sia in maniera preventiva, sia nel momento di chiedere conforto quando si era nella prova e nel dolore.

Da un punto di vista sociale il lavoro era quello che aveva più bisogno dell’aiuto e delle benevolenza divina, per gli uomini  rappresentava la fonte di sussistenza, la possibilità di poter sopravvivere singolarmente ed anche garantire il giusto sostentamento alla propria famiglia ed ai propri cari.

All’epoca l’agricoltura rappresentava l’attività di gran lunga più diffusa: essa forniva sia il lavoro sia direttamente anche i prodotti necessari alla sussistenza. Accanto a questa l’artigianato era in grado di creare tutta quella serie di prodotti collaterali che coprivano le necessità immediate più importanti: vestiario, attrezzi necessari al lavoro, prodotti utili per la casa.

C’era la forte esigenza di implorare la benevolenza divina.

La chiesa supportava questa spinta dal basso con tutta una serie di mezzi spirituali tra cui le famose rogazioni.

Il termine rogazioni  deriva dal latino  rogatio preghiera, supplica: altro non erano che processioni di supplica che si snodavano dal centro abitato verso la campagna coltivata, soprattutto nei giorni precedenti la festività dell’Ascensione. Si partiva dalla chiesa di buon mattino, in processione, cantando le litanie e quando si arrivava alla meta prestabilita  si benediceva il terreno a coltura, poi seguiva una messa solenne celebrata in loco.

Pare che le Rogazioni siano state istituite nel 470 da San Mamerto, vescovo di Vienne. Le processioni rogazionali furono poi regolate da un ordine del Vescovo Bascapé:

“Siano avvisati gli abitanti delle strate perché puliscano e vi spargano rami, erbe e fiori. Lasciati i lavori e chiuse le botteghe vi convengano numerose persone. Non si mangi, non si beva, non si usino strumenti musicali durante le processioni penitenziali.

Viene davvero da ridere, ma fa davvero pensare tanto, a questo tipo di modo di comportarsi: oggi non c’è cerimonia religiosa che non debba essere “animata”, in cui non si debba per forza chiacchierare, leggere scritture, dare delle spiegazioni più o meno “creative” a quello che si sta facendo. E nei momenti in cui non si parla per forza bisogna almeno ascoltare della musica: la valenza del silenzio come momento di comunicazione umile e devoto con Dio è stato abolito e preso a martellate. Ci deve per forza essere almeno un rumore di fondo, il che distoglie la concentrazione dal dialogo intimo  personale con Nostro Signore rendendo questo momento di abbandono assolutamente impossibile.

Francesca Sbardella è un’antropologa e storica delle Religioni presso l’università di Bologna ed ha pubblicato un libro intitolato: Abitare il silenzio.

In esso racconta l’esperienza che ha fatto in maniera personale vivendo  per alcuni mesi presso due monasteri francesi di Carmelitane scalze.

L’autrice, rispondendo alle domande di un giornalista afferma:

“La cosa che più mi ha colpito è il silenzio. Un silenzio che non è naturale e che a tratti e quasi fastidioso. Il quotidiano è scandito da una sequenza ordinata di silenzi e di momenti di preghiera in cui la sola parola di devozione è permessa.

Il silenzio si esprime anche attraverso i gesti. Il silenzio delle monache è un silenzio che ha dentro molta vita, loro stesse lo definiscono un silenzio abitato.”

La Sbardella in parte ha capito ed in parte no, o non riesce a dimensionare bene il problema: in convento si vive in un’altra dimensione, ci si relaziona non con il mondo, ma si dialoga con Dio ed anche il proprio corpo si atteggia alla sua maestosa presenza. Ella dice che le suore riescono ad avere una totale capacità di controllo del proprio corpo che permette loro di:

“stare ore ed ore in ginocchio immobili come se fosse una posizione naturale, mentre io, durante i cicli di preghiera, avevo sempre male alle braccia. Desideravo cambiare posizione e talvolta nell’appoggiarmi  per sbaglio al bracciolo facevo rumore. Alla fine del ciclo di preghiera avevo le gambe addormentate e dolenti, mi alzavo in modo scomposto e facevo sempre rumore”.

La strada dell’ascesi è dura e faticosa cara signora ed a certi livelli ci si arriva attraverso una disciplina ferrea ed un abbandono totale, abituale, confidenziale tra le braccia di Dio!!

Altre straordinarie benedizioni furono create per implorare l’aiuto divino contro i continui “perigli” che minacciavano le campagne come tempeste, brine grandinate. Ricordiamo che era abitudine mettere delle croci fatte con delle canne intrecciate e con un ramoscello di olivo, benedetto la Domenica delle Palme, in ogni campo coltivato. Adesso l’agricoltura industrializzata e laicizzata preferisce affidarsi alle “amorose” e mortifere cure dei prodotti di quella macchina infernale che è la Monsanto: diserbanti, prodotti OMG e contro grandine e rischi vari, ma per bacco basta fare un’assicurazione!! Di Dio si è perduta ogni traccia, meglio lo si è cancellato applicandogli una lenta e progressiva eutanasia.

Vediamole queste Rogatorie che oltre tutto venivano espresse con il canto che qui ovviamente è impossibile riprodurre. Ma le rendevano assolutamente suggestive. Dimenticavo sono il latino, quella lingua che un sacerdote, molto progressista, definiva già molti anni fa “la lingua del diavolo” (sic!):

A damnatione perpetua libera nos Domine.
A subitanea et improvvisa morte, libera nos Domine.
Ab imminentibus peccatorum nostrorum periculis, libera nos Domine.
Ab infestationibus daemonum, libera nos Domine.


Ab omni immunditia mentis et corporis, libera nos Domine.
Ab ira, et odio, et omni mala voluntate, libera nos Domine.
Ab immundis cogitationibus, libera nos Domine.
A coecitate cordis, libera nos Domine.


A fulgure, et tempestate, libera nos Domine.
A peste, fame, et bello, libera nos Domine.
A flagello terrae motus, libera nos Domine.
A omni malo, libera nos Domine.


Per mysterium sanctae incarnationis tuae, libera nos Domine.
Per passionem et crucem tuam, libera nos Domine.
Per gloriosam resurrectionem tuam, libera nos Domine.
Per admirabilem ascentionem tuam, libera nos Domine.
Per gratiam sancti Spiritus Paracliti, libera nos Domine.
In die judicii, libera nos Domine.
Peccatores, Te rogamus audi nos.


Ut pacem nobis dones, te rogamus audi nos.
Ut misericordia et pietas tua nos custodiat, te rogamus audi nos.
Ut Ecclesiam tuam sanctam redigiri, et conservare digneris, te rogamus audi nos.
Ut domnum[1] Apostolicum, et omnes gradus Ecclesiae in sancta religione conservare digneris, te rogamus audi nos.
Ut Episcopos et Praelatos nostros, et cunctas congregationes illis commissas in tuo sancto servitio conservare digneris, te rogamus audi nos.
Ut inimicos sanctae Ecclesiae humiliare digneris, te rogamus audi nos.
Ut regibus et principibus nostris pacem et veram concordiam, atque victoriam donare digneris, te rogamus audi nos.
Ut cunctum populum christianum pretioso tuo sanguine redemptum conservare digneris, te rogamus audi nos.
Ut omnibus benefactoribus nostris sempiterna bona retribuas, te rogamus audi nos.
Ut animas nostras, et parentum nostrorum ab aeterna damnatione eripias, te rogamus audi nos.
Ut fructus terrae dare, et conservare digneris, te rogamus audi nos.
Ut oculos misericordiae tuae super nos reducere digneris, te rogamus audi nos.
Ut obsequium servitutis nostrae, te rogamus audi nos.
Ut pacem nobis dones, te rogamus audi nos.
Ut loca nostra et omnes abitantes in eis visitare et consolari digneris, te rogamus audi nos.
Ut civitatem istam, et omnem populum ejus protegere, et conservare digneris, te rogamus audi nos.
Ut omnes fideles navigantes et itinerantes ad portum salutis perducere digneris, te rogamus audi nos.
Ut regolarisbus disciplinis nos instruere digneris, te rogamus audi nos.
Ut omnibus fidélibus defunctis requiem aeternam dones, te rogamus audi nos.
Ut nos exaudií dignéris, te rogamus audi nos.
Fili Dei te rogamus audi nos. Agnus Dei, qui tollis peccata mundi. Parce nobis, Domine.

Ma tutto questo non basta in particolari e gravi periodi si inserivano particolari preghiere addirittura nella messa.

Forse che a qualche Sacerdote o Vescovo durante il recente gravissimo terremoto che ha colpito le Marche ed il Lazio è venuto in mente, durante le messe, di recitare queste preghiere per tutto il tempo di durata dell’emergenza del terremoto?

 

Orazioni speciali in tempo di terremoto

 

 Oratio

Omnipotens sempiterne Deus, qui respicis terram et facis eam tremere: parce metuentibus, propitiare supplicibus; ut cuius iram terrae fundamenta concutientem expavimus clementiam contritiones eius sanantem iugiter sentiamus . Per Dominum nostrum Iesum Christum filium tuum

Amen.   

O Dio onnipotente ed eterno il cui sguardo fa tremare la terra, perdona chi è nel timore, sii benigno con chi supplica, affinché, avendo paventato il tuo sdegno che scuote i cardini  della terra, continuamente sperimentiamo  la tua clemenza che ne ripara le rovine. Per il nostro Signore Gesù Cristo tuo figlio.

Amen.

 

Secreta

Deus qui fundasti terram super stabilitatem suam, suspice oblationes et preces populi tui: ac trementis terrae  periculis penitus amotis divinae tuae iracundiae  terrores in humanae salutis remedia converte; ut, qui de terra sunt et in terram revertentur, gaudeant se fieri sancta conversatione caelestes. Per Dominum nostrum Jesum Christum, filium tuum.

Amen.

 

O Dio che hai formato e reso consistente la terra, accetta le offerte e le preghiere del tuo popolo; rimuovi completamente la minaccia del terremoto, muta la tua terrificante collera in rimedio per la salvezza degli uomini, affinché coloro che dalla terra vennero e ad essa ritorneranno, gioiscano al pensiero di poter divenire cittadini del cielo con una vita santa, Per il nostro Signore Gesù Cristo tuo Figlio.

Amen.

 

Postcommunio

Tuere nos, Domine quaesumus, tua sancta sumentes: et terram, quam vidimus nostris iniquitatibus trementem, superno munere firma; ut mortalium corda cognoscant et te indignante talia flagella prodire et te miserante cessare. Per Dominum nostrum Iesum Christum, Filium tuum.

Amen.

Difendi, o Signore, noi che abbiamo ricevuto il santo sacramento e per celeste grazia rassoda la terra che a motivo dei nostri peccati, abbiamo visto sussultare, affinché i cuori degli uomini comprendano che tali flagelli vengano dal tuo sdegno e cessano per la tua misericordia. Per il nostro signore Gesù Cristo, tuo Figlio.

Amen.

 

Quanto sopra riportato non pare sia stato abolito o soppresso da nessun documento specifico da parte della Santa Sede, ma due sono le cose che lo sterilizzano uno la lingua latina considerata ormai all’interno dell’ambito ecclesiale come qualcosa legata all’oscurantismo religioso, al fanatismo riconducibile al tradizionalismo ed all’integralismo cattolico. Tutte cose aberranti nella nuova impostazione e nelle direttive che vengono impegnate per la formazione dei sacerdoti del XXI secolo. La lingua latina sa di stantio, di ricordi di potenza di concezioni della vita legate al diritto, alla giustizia, alla Verità, all’affermazione di una civiltà ormai scomparsa e, diciamocelo francamente, troppo infarcita di fascismo e di grandezza magnificente se non retorica.

Da scartare a priori!

Ormai quello che impera è il terzomondismo più bieco e becero, la predicazione di un pauperismo egualitario marxisteggiante o meglio fabiano in cui tutto deve essere una concessione da parte di élites alle masse cieche ed ignoranti che devono essere imbrigliate, guidate e dominate.

Ma guai a dirlo tutto si copre con la dignità della persona umana, con i diritti egoistici e singolari che impediscono a chiunque di esprimere il ben che minimo giudizio su tutto e su tutti: il modello è “Chi sono io per giudicare?”, all’interno della Chiesa e del politicamente corretto nella società. Le persone non devono essere mai giudicate ce lo insegna il Vangelo, ma i fatti sì, sempre altrimenti come possiamo discernere il bene dal male?

Vorrebbe essere così gentile da spiegarcelo caro papa Badoglio? O è chiedere di schierarsi e lei santità, da buon gesuita, questo non lo farà mai?

Il latino è stato abolito anche dall’insegnamento nelle scuole e nelle nazioni “più avanzate e laiche” come la Francia Hollandiana si pensa di sostituirlo con l’arabo per poter essere più vicini agli immigrati mussulmani,  futuri padroni della nuova entità l’Eurabia.

Nessuno ovviamente forma più i sacerdoti attraverso questa lingua nei seminari, anche perché diciamocelo fuori dai denti: il latino è una lingua morta e quindi le sue parole non sono fungibili.  Questo impedisce quel grado di “creatività” e di “modernità” di “aderenza al mondo di oggi” che rende la Messa così seguita e partecipata e che  fa si che le chiese siano sempre … più desolatamente VUOTE!

Quando un sacerdote dal pulpito dice ai fedeli:

Ma che serve recitare la liturgia delle ore? Essa è solo uno strumento per inorgoglire chi la recita, per mettere tranquilla la sua coscienza e ciò è un formalismo sbagliato e fuorviante!!”Inizio modulo

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Pagina 438

OMnipotens sempiterne Deus , qui respicis terram , & sacis eam tre- mere , parce
metuentibus , propitiare supplicibus : ut cujus irám terrae fiinda- menta
concutientem expavimus,cletnen- tiam contritiones ejus sanantem jagiter
scntiamus .

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E no ormai i religiosi sono diventati un misto di custodi di un mondo “favoloso e mitico” passato, tramontato per sempre ed ormai non più accettabile e sostenibile ed i “disaster menager”. Dei sociologi, degli studiosi di antropologia culturale che si impegnano per stare sempre dalla parte dei più deboli e più poveri, perché questi non si sentano abbandonati e …. restino sempre tali ed a cui non venga minimamente in mente di cambiare rotta magari invertendola di 360° e tornare a come era sempre stato fatto da sempre.

Nella società civile la stessa cosa vale per il liberismo, il turbo capitalismo ed il libero mercato senza più frontiere: mai si potrà tornare indietro nemmeno davanti allo sfascio, alle crisi economiche, alla fame ed alla desolazione che causano solo insicurezza e suicidio.

Entrambi i processi sono irreversibili: come se umanamente tutto fosse eterno ed assoluto!!

Vedrete che con il passare del tempo la storia della Chiesa Cattolica (oddio si può ancora definire così? Speriamo che nessuno si offenda! Del resto se non esiste un Dio cattolico non dovrebbe nemmeno esistere, a rigor di logica, una chiesa cattolica) comincerà con il Concilio Ecumenico Vaticano II e tutto il resto cadrà nell’oblio e verrà presentato come una parentesi di passaggio per arrivare alla Nuova Vera Religione Mondiale adogmatica, mondialista, universalista ed assolutamente uguale per tutte le genti della terra!!

Insomma quella che Albert Pike chiamava la nuova e folgorante religione luciferina: in cui al posto di Adonai, l’arconte sadico ed osceno, seviziatore del genere umano, si insedierà Lucifero l’angelo buono cacciato e perseguitato da Adonai.

 

A damnatione perpetua, libera nos Domine.

Ab infestationibus daemonum, libera nos Domine.

E poi dopo anche: A flagello terrae motus, libera nos Domine.  

 

luciano garofoli

[1] Domnum è la forma contratta di dominum. In questo caso Dominum Apostolicum è il pontefice.