MANUALETTO DI ANTIECONOMIA. PER CAVALCARE LA TIGRE

PRIMA PARTE

Roberto Pecchioli

 

Introduzione

Generalità

Almeno due categorie metapolitiche sono chiare a chiunque affondi le proprie radici morali, prima ancora che culturali o politiche, nel mondo della Tradizione: una è la precisa convinzione di trovarsi nel pieno di un’epoca oscura ( il “kaliyuga”) , l’altra , collegata alla prima, è l’avversione totale, definitiva, irrevocabile, al dominio del mercante.

Il crinale è sempre quello scoperto da Carl Schmitt, amico/nemico . Il nemico individuato dall’ uomo della Tradizione  e da chiunque abbia capito il proprio tempo è il sistema finanziario globale, unito all’impresa multinazionale. Si tratta di un nemico assoluto, poiché si prefigge la fine della sovranità nazionale e popolare, stringendo nella morsa del debito Stati e popolazioni, espropriandole dei loro beni, ma anche dei costumi, delle tradizioni, delle identità, dei principi ricevuti. I suoi strumenti sono il controllo dell’emissione monetaria e la privatizzazione di tutte le attività economiche , compreso l’apparato informativo, e di tutti i servizi , anche quelli relativi ai beni comuni, come l’acqua.

Il braccio secolare è l’apparato militare e tecnologico di sorveglianza degli Stati Uniti d’America, l’ obiettivo finale l’instaurazione di un Nuovo Ordine Mondiale con un unico governo in mano all’oligarchia finanziaria alleata con i vertici delle grandi multinazionali . Già nel 1950, il banchiere James Warburg, promotore, con i Rockefeller del gruppo riservato che domina la politica americana, il Consiglio per le Relazioni Estere(CFR),  affermò apertamente : ”Avremo un governo mondiale, che vi piaccia o no. La sola questione che si pone è di sapere se questo governo mondiale sarà stabilito col consenso o con la forza”.

Nemico assoluto , dunque, con cui la posta in palio è la vita o la morte di una civiltà fondata sul primato della persona umana e sul rispetto del creato. Sentiamo lo Schmitt della Teoria del Partigiano: “La guerra dell’inimicizia assoluta non conosce alcuna limitazione.(…) La sola questione è dunque questa: esiste un nemico assoluto e chi è in concreto? “ (…). [occorre] Il riconoscimento che la distinzione tra amico e nemico è la cosa più importante. Solo la guerra rivoluzionaria è (….) vera guerra, perché nasce dall’inimicizia assoluta. Tutto il resto è gioco convenzionale.”

Riconosciuto il nemico, si tratta di combatterlo. Impegno di lungo periodo, rivoluzionario come tutto ciò che si propone di rovesciare l’esistente . Il metodo, nell’attuale drammatica vicenda storica, non può
che essere quello individuato da Julius Evola : cavalcare la tigre, assumere anche i processi più estremi ed irreversibili per farli agire nel senso di una liberazione, anziché in quello della dissoluzione.  Operazione difficilissima ed estremamente pericolosa, come avvertiva lo stesso pensatore romano, che deve essere preceduta da un ampio, severo , lavoro di conoscenza dei fatti.

 

Homo oeconomicus non è il destino

Obiettivo del presente elaborato, che aspira soltanto ad essere un modestissimo manuale, un bignamino per riconoscere il nemico ed i suoi strumenti, è dimostrare che il dominio dell’economia , non è il destino naturale o finale dell’umanità.  Antieconomia non perché non si voglia riconoscere l’importanza della materia, ma perché un giorno, sconfitta l’egemonia del pensiero strumentale, pensiero che non pensa, si possa tornare ad una vita “ normale”, in cui alla persona sia restituito il suo posto nel mondo, centrale e sovraordinato rispetto al mercato.

Quel mercato che ci viene presentato come la forma naturale, anzi lo scopo della vita sociale e comunitaria dell’uomo: un nuovo fondamentalismo , ovvero una torsione intellettuale attraverso cui una forma di organizzazione storicamente determinata viene innalzata a condizione ontologica dell’uomo. Il fondamentalismo del mercato esalta un individualismo radicale che rigetta ogni legame comunitario  e considera una prevaricazione l’idea stessa di bene ( o interesse) collettivo. Al riguardo, non è inutile un’altra citazione, dal “Capitalismo moderno” di WernerSombart: “L’economia non è il nostro destino; non esiste un sistema di leggi economiche autonome, vale a dire : l’economia non costituisce un processo naturale, ma è sempre stata una creazione culturale scaturita dalla libera scelta degli uomini. Sicché, anche il futuro dell’economia , o di un determinato sistema economico, è rimesso alla libera volontà di uomini”.

Cavalcare la tigre, dunque, ovvero esprimere l’idea, o almeno la speranza, che se si riesce a cavalcare il mercatismoglobalitario ( l’efficace definizione è di Diego Fusaro) , forse si può impedire che ci si avventi addosso, e, mantenendo la presa, può darsi che alla fine si abbia ragione della belva. Belva, perché questa è l’esatta qualifica del nemico padrone del denaro , padrone di tutto, anche delle anime di centinaia di milioni di nostri contemporanei.  Probabilmente, è necessario pervenire alla dissoluzione finale, per ricostruire . “Il deserto cresce. Guai a colui che cela in sé il deserto!” F. NIetzsche ,Ditirambi di Dioniso.

Nel deserto, anche una piccola oasi può celare la fonte attraverso la quale estinguere la sete dei primi di domani , ciò che noi dobbiamo essere, come ci ammoniva Drieu La Rochelle, secondo cui intellettuale vero è solo colui che è già oggi sulle posizioni in cui gli altri saranno domani.

Le note seguenti tenteranno di dare conto, in estrema sintesi, delle strutture , dell’ideologia e degli strumenti del nemico. Giova infine prendere atto della difficoltà di animare un fronte di opposizione e resistenza contro i banksters oligarchi, poiché la psicologia comune ha necessità di identificare anche fisicamente l’obiettivo. Un sistema reticolare, in larga misura anonimo, che alimenta la propria impersonalità dietro i meccanismi della società per azioni e della inevitabilità, anzi del carattere “naturale” e senza alternative delle sue azioni e dei suoi comandi , difficilissimo da smascherare , ancor più da combattere. Pure, non ci sono alternative: l’impresa è titanica, ma priva di alternative o scorciatoie.

Occorre lo spirito del ribelle, la forza interiore dell’uomo differenziato, la tenace impersonalità attiva prescritta da Evola e, comunque , è il dovere nostro. Disse Guglielmo d’Orange il Taciturno, che “non occorre riuscire per perseverare, sperare per intraprendere”.Pierre Drieu La Rochelle formulò l’obiettivo che ci prefiggiamo in modo molto appropriato: “non vogliamo alcuna vittoria elettorale o alcun successo accademico: noi vogliamo la rivoluzione come evento, in cui si fondono pensiero e azione”.

 

Idee e maestri dell’economia liberale

Economisti

Alcune note per citare i maggiori teorici dell’economia liberale. Unanimemente considerato il fondatore della (pseudo) scienza economica moderna è Adam Smith, professore scozzese vissuto nella seconda metà del Settecento. Teorico della “mano invisibile” , ovvero della capacità del mercato di autoregolarsi, Smith è stato anche il primo a raccomandare una sorta di globalizzazione, legata peraltro al ruolo coloniale della Gran Bretagna. Sostenne infatti la necessità che ogni paese produca esclusivamente i beni in cui ha un vantaggio comparativo , ossia dove è inferiore il costo finale del prodotto. Un’idea profondamente coloniale, e, nel mondo attuale, pericolosissima, specie dopo l’irruzione di Cina ed India nel sistema industriale. Il secondo “grande” fu uno speculatore inglese di ascendenza ebreo portoghese, David Ricardo, il primo ad analizzare compiutamente il sistema di retribuzione ( nell’Inghilterra del tempo lavoravano bambini di sei-sette anni e gli orari di lavoro degli adulti erano anche di 14 ore al giorno ) e ad introdurre la legge ferrea dei salari. L’effetto collaterale della globalizzazione immaginata da Smith ed accolta da Ricardo è infatti “la diminuzione costante dei salari, sino al semplice livello di sussistenza. Ciò in quanto nel mercato-mondo, l’unica merce sovrabbondante , anzi inesauribile, è la manodopera. E la manodopera è intercambiabile, fungibile, rimpiazzabile”. ( M. Blondet –Schiavi delle Banche).

Ricardo fu anche il primo studioso ad utilizzare ampiamente la matematica, e venne a lungo studiato da Karl Marx.  La matematizzazione integrale dell’economia arrivò tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo con la scuola neoclassica, ed in particolare con l’opera di Alfred Marshall, caposcuola del marginalismo. Se i classici sono stati il sostegno teorico della prima rivoluzione industriale, i neoclassici hanno organizzato la seconda .

Verso la metà del XX secolo, il più grande fu senz’altro il Keynes, che propugnò un sistema economico misto, con un ruolo importante dello Stato, la realizzazione di grandi infrastrutture finanziate con denaro pubblico ed il debito garantito da titoli di debito collocati a medio termine, e l’accettazione di un certo livello di inflazione. Le teorie del grande britannico hanno improntato i governi europei almeno fino alla seconda metà degli anni Settanta, e sono alla base di gran parte dello sviluppo delle nazioni europee.

La terza rivoluzione industriale ha avuto, come teoria economica vincente, purtroppo, il monetarismo di Milton Friedman e della scuola di Chicago, fautrice del controllo dell’emissione monetaria , da affidare alle banche, con l’effetto dell’ attuale deflazione ( carenza di attività economica , diminuzione dei prezzi per scarsità di moneta circolante). Nella parte finale del presente elaborato, parleremo brevemente degli economisti italiani e tedeschi dei regimi nazionali, autori di straordinari risultati, in termini di lotta alla disoccupazione, di infrastrutture , e di controllo del potere finanziario .

 

Economia politica

L’economia, fino a poco più di un secolo fa, era considerata una branca della politica. Fu Leon Walras, economista svizzero, a proporre la distinzione tra i due campi , mentre Alfred Marshall propose il termine “economics”, scienza economica, in alternativa ad economia politica.

Con lo sviluppo di modelli matematici, l’economia tentò di darsi una veste epistemologica analoga a quella delle scienze della natura ( fisica, biologia, ecc.) , analizzando con strumenti statistici e matematici i comportamenti umani e provando ad  assumere il carattere oggettivo e predittivo delle scienze esatte. E’ sotto gli occhi di tutti l’insuccesso di tali sforzi. La prima cattedra di economia politica, peraltro, venne conferita in Italia, a Napoli, alla metà del XVIII secolo, ad Antonio Genovesi, esponente dell’illuminismo partenopeo: un filosofo.

Una scoperta dell’economia politica è stata l’analisi microeconomica, ovvero lo studio del comportamento dei singoli attori economici, imprese e persone fisiche. Negli anni venti e trenta del 900, ad iniziativa di Maynard Keynes (Teoria Generale) ed al fine di individuare soluzioni alla lunga depressione di quegli anni, sorse la macroeconomia, dedicata alle interdipendenze dei grandi aggregati economici, quali reddito nazionale, livello dell’occupazione complessiva, livello generale dei prezzi, tassi di interesse , domanda ed offerta di moneta.

Con la macroeconomia si sviluppò anche una teoria della politica economica, disciplina che studia gli effetti dell’intervento dello Stato nell’economia, e si considera “economia applicata”, in quanto impianto teorico delle scelte concrete di governo. Un esperimento intellettuale detto sintesi neoclassica, descrive invece l’economia attraverso due soli grandi mercati: le merci e la moneta. Milton Friedman, in polemica con tale visione, criticò l’uso della politica monetaria quale modo di intervento nell’economia. La moneta era infatti giudicata un elemento destabilizzante, e in quanto tale doveva essere “controllata” .

La vittoria accademica del monetarismo friedmaniano ha offerto l’impianto teorico e parascientifico per la finanziarizzazione dell’economia , ed ha provocato il devastante effetto di sottrarre agli Stati l’emissione monetaria. L’espediente dialettico è sempre lo stesso: solo le “autorità monetarie”, eufemismo che indica i vertici delle banche, sono in grado di valutare quanta moneta emettere, a quale tasso di interesse ed in quale momento. E’ la storia del nostro tempo sfortunato.

Ulteriori ambiti dell’economia politica sono l’economia internazionale, oggi dominata dal fenomeno della globalizzazione, e l’econometria, ossia la misurazione e l’analisi statistica dei mercati finanziari.

 

La storia.

Dalle origini al 1694.

L’economia nasce con il passaggio degli uomini da cacciatori e raccoglitori ad agricoltori/allevatori, e la grande filosofia greca, da Aristotele in poi, ne ha teorizzato obiettivi e natura, inventando anche la parola: legge, norma della “casa”, della sua amministrazione e conservazione . Con ciò stesso, l’uomo greco ne circoscriveva il raggio d’azione e la subordinava alle altre più importanti e nobili attività umane, la conoscenza, l’arte, il combattimento, il pensiero, la contemplazione. E’ storia di tutte le civiltà, esclusa l’ebraica, il divieto di praticare l’usura, cioè di prestare denaro ad interesse, e il concetto stesso di denaro resta uno dei fondamenti dell’attività economica.

Misura del valore dei beni , facilitatore degli scambi , tesaurizzabile , il denaro era destinato a diventare l’elemento centrale  dell’intera vicenda umana sin da quando si iniziò a coniarlo in metalli preziosi.

Non esiste una definizione universale di economia, ma possiamo descriverla come la lotta infinita dell’uomo contro la scarsità. Non è possibile considerare l’economia una scienza, poiché mancano i classici presupposti teorizzati da Popper, come la ripetibilità e la non falsificabilità sperimentale, e soprattutto perché , se “dai fatti occorre trarre significazione” (Machiavelli) , non può essere attribuito lo statuto di scienza ad una materia che non sa, né riesce a risolvere alcuno dei problemi dell’uomo, ed il cui valore predittivo è quantomeno incerto.Per conseguenza, non possiamo accettare neppure per un attimo l’ideologia liberale nella sua pretesa di considerare lo scambio di mercato come  “fatto”, o naturale espressione del comportamento umano.

L’Inghilterra

L’economia moderna nasce in Inghilterra all’inizio del XVII secolo, quando la regina Elisabetta , grande sostenitrice del protestantesimo , fonda la Compagnia delle Indie, ossia la prima grande impresa “globale”, destinata a sfruttare le ricchezze delle nascenti colonie, specie asiatiche. Il modello inglese venne seguito negli anni successivi dalle altre potenze europee, specialmente dall’Olanda e dalla Francia. Contemporaneamente, in Inghilterra inizia la lunga battaglia giuridica per la recinzione delle terre comuni –le enclosures, conclusa con la distruzione della classe dei piccoli proprietari agricoli ( gli yeomen) , e la riduzione alla fame di milioni di contadini che vivevano dei frutti dei commons rinchiusi ( pascolo, legnatico, coltivazione di sussistenza). I grandi proprietari intendevano sfruttare al massimo i pascoli  per l’allevamento di ovini , la cui lana era destinata alla nascente industria tessile.

A ben vedere, la storia economica può essere letta anche come un processo di concentrazione progressiva in poche mani  della proprietà dei fondi, delle fabbriche, dei mezzi di produzione , delle conoscenze , nonché del controllo della moneta. Dopo le guerre dinastiche e religiose e la vittoria riportata da Guglielmo III di Orange  ( la “gloriosa rivoluzione”) , l’economia languiva ed il denaro scarseggiava. Nel 1694, data davvero storica, il re accettò i prestiti di un banchiere scozzese, Paterson, il quale comprò il debito reale di 700.000 sterline oro, richiedendo il diritto di emettere biglietti a corso legale, non più semplici lettere di credito, con l’effigie del sovrano e la dicitura Banca d’Inghilterra, per 1.200.000 sterline (notes of bank). Quel giorno nacque l’economia del debito , in cui siamo oggi del tutto immersi , e si cominciarono a creare i presupposti per il predominio della finanza, dunque del denaro, sull’economia, cioè sulla produzione di beni e servizi reali.

Il giovane Karl Marx intuì la natura del problema , denunciando che, fin dalla nascita, le grandi banche non sono state altro che società di speculatori privati che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipare loro denaro. “L’accumularsi del debito pubblico non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche, il cui pieno sviluppo risale alla fondazione della Banca d’Inghilterra” .Tuttavia, non comprese sino in fondo la perversità dei meccanismi che il Paterson aveva avviato . Il 27 luglio 1694 resta una data simbolica molto importante, perché è l’inizio del moderno signoraggio monetario. Si intende per signoraggio il diritto di tenere per sé, da parte dell’emittente, la differenza tra il valore venale della moneta ( ossia del metallo di cui era composta) e quello nominale.

La genialità luciferina di Paterson fu quella di inventare il corso legale della carta moneta, il cui valore reale è il costo tipografico, ma quello nominale è la somma impressa ( esempio dieci sterline). La garanzia era data dall’effigie del sovrano, quindi dallo Stato, ed aveva dunque natura fiduciaria. L’emissione era originariamente regolata dal possesso di quantità d’oro , con cui era teoricamente possibile scambiare le banconote ( note della banca) . Il “gold standard”, ovvero la convertibilità in oro, durò sino alla seconda guerra mondiale., con alterne fortune e periodi di circolazione forzosa della carta moneta, per mancanza dei corrispettivi in metallo fino.

 

Le Rivoluzioni industriali e l’economia fino a Bretton Woods. 

L’introduzione di macchinari di vario tipo, e soprattutto della macchina a vapore da parte di James Watt, dette l’avvio alla prima rivoluzione industriale. Uno storico della tecnica del calibro di Lewis Mumford considerava l’invenzione della macchina a vapore la seconda data per importanza nell’intera vicenda umana, dopo il controllo del fuoco. La partizione universalmente accolta è quella di tre successive rivoluzioni industriali, la prima dal 1760 circa al 1830, basata sul tessile e sulla metallurgia, con l’invenzione della spoletta volante, le prime ferrovie e lo sviluppo del telegrafo, dominata dall’Inghilterra. La seconda dopo il 1870, basata sul controllo dell’elettricità, sulla chimica e sulla scoperta delle proprietà dei combustibili fossili (petrolio), con la rivoluzione dei trasporti ed il predominio dei detentori delle tecniche estrattive e dei diritti di concessione sul sottosuolo. La terza rivoluzione industriale è databile dal 1970, con la crisi petrolifera e l’irruzione delle tecnologie elettroniche, informatiche e di telecomunicazione.

Come si vede, dopo millenni di prevalenza dell’economia agricola, ci sono stati circa due secoli di egemonia dell’industria, e, da pochi decenni, ci troviamo nell’era del predominio di un sistema economico basato sui servizi, le comunicazioni, l’informatica, le tecnologie “leggere”, contrapposte alla vecchia industria pesante.

Dal 1789, la Rivoluzione francese , figlia dell’illuminismo e della ragione strumentale, portava al potere la borghesia ed il suo spirito materialistico, esportato nel resto d’Europa da Napoleone, con le guerre e con il Codice Napoleonico, monumento giuridico del nascente spirito commerciale di impronta borghese.

Si rafforzava sempre più il potere delle banche e, tra loro, quello delle banche centrali, cui veniva conferito il potere esclusivo di emissione monetaria. In Italia, dopo l’unità nazionale ed il grande scandalo della Banca Romana, che aveva facoltà di emissione, ma non possedeva sufficiente oro a copertura, nel 1893 venne fondata, ad iniziativa di un gruppo di banchieri, la Banca d’Italia, la quale soltanto nel 1926 divenne ente di diritto e natura pubblica.

All’egemonia dell’economia liberale si cominciarono ad opporre grandi movimenti sociali, come i sindacati operai di ispirazione socialista ( Proudhon , Marx, le TradeUnions inglesi ) , e cattolica, dopo l’enciclica di Leone XIII “Rerum Novarum”. La sconfitta delle armate russe nella prima guerra mondiale produsse la Rivoluzione comunista di Lenin, del 1917, e, dopo infinite, sanguinose lotte, l’idea di Stalin del “socialismo in una soloPaese”, mentre il resto d’Europa venne attraversato da grandi movimenti nazionali e patriottici ispirati dai successi del fascismo . Il sistema liberalcapitalistico era messo in discussione ovunque, e la grande crisi che esplose negli Stati Uniti nel 1929, per il predominio dell’economia finanziaria e delle banche ( la Federal Reserve americana fu fondata nel 1913) , sembrava essere l’alba di un mondo nuovo. La stessa America, con il presidente Roosevelt, attuò riforme non dissimili da quelle di Mussolini , ad esempio il famoso Glass SteagallAct, mutuato dalle leggi bancarie italiane, con cui venivano impedite alle banche di deposito le attività speculative, abolito nel 1999.

Quanto all’Italia, l’economia nazionale, dopo gli sforzi post unitari, che privilegiarono la nascente industria settentrionale, venne riorganizzata dal fascismo con un sistema misto, iniziativa privata ed intervento pubblico, un ambizioso programma di infrastrutture pubbliche, la fondazione dell’ IRI, (Istituto per la Ricostruzione Industriale ), il controllo statale del sistema bancario ,  l’istituzione di grandi enti di previdenza sociale ( INPS, INAM ) ed un energico programma di bonifica fondiaria per il rilancio delle produzioni agricole, teso all’autosufficienza alimentare della Nazione. Poi venne la seconda guerra mondiale, e con essa, dopo la vittoria degli americani e dei russi, tramontarono le economie “nazionali” , ed il mondo fu diviso in due zone d’influenza, una dominata dal capitalismo privato di matrice anglosassone, l’altra dall’economia collettivista della Russia, ribattezzata Unione Sovietica dopo la rivoluzione del 1917.

L’assetto economico e finanziario del mondo venne completamente ridisegnata in senso liberistico dagli Usa e dai loro alleati, ormai certi vincitori della guerra nel luglio 1944 a Bretton Woods, cittadina della costa atlantica del New Hampshire .

 

Bretton Woods, FMI, Banca Mondiale , la crisi del petrolio. La fine del comunismo.

A Bretton Woods fu organizzata l’egemonia americana sul mondo occidentale, che, di lì a pochi mesi, a guerra finita, sarebbe stato definito “libero”, in opposizione alla parte di pianeta controllata dall’Unione Sovietica comunista. Venne abolito il “gold standard” e stabilito un sistema di cambi semifissi imperniato sul dollaro. Solo il dollaro manteneva la convertibilità in oro, al prezzo di $ 35 all’oncia. Vennero costituite due organizzazioni transnazionali che rappresentano tuttora lo strumento finanziario per la dominazione del mondo da parte dell’impero americano trionfante, il FMI, Fondo Monetario Internazionale, e la Banca Mondiale.

Finanziato in percentuali diverse dagli aderenti ( l’Italia detiene circa il 3,5 per cento) , ma con uno statuto che impedisce ogni decisione sgradita agli angloamericani, il Fondo Monetario ha lafunzione di impedire politiche protezionistiche e svalutazioni competitive. Nei fatti, è divenuto il gran finanziatore ad usura dei governi in difficoltà, cui impone , in cambio del denaro, politiche ultraliberiste, privatizzazioni, abbandono delle colture e delle attività tradizionali di quei Paesi , dirigendone l’economia secondo gli interessi dei soliti noti: multinazionali e sistema finanziario .

La Banca Mondiale nacque con lo scopo dichiarato di aiutare i contraenti in difficoltà , ma il suo ruolo , analogo a quello del FMI, è quello di costruire, determinare, un’economia del debito perpetuo ed impagabile. Invano , a Bretton Woods, il grande economista inglese John M. Keynes cercò di contrastare tali tendenze , che hanno prodotto una dittatura monetaria del dollaro, valuta in cui ancora oggi si compravendono il petrolio , le materie prime industriali ed agricole, e che fa da riferimento per il prezzo di qualsiasi bene o speculazione. Di più: sganciata da controlli, la Federal Reserve ha continuato a stampare dollari senza copertura in oro, come dimostrò il generale De Gaulle. In sostanza, gli americani pagavano in pezzi di carta, sette volte il valore dell’oro fisico detenuto: falsari in grande stile , armati fino ai denti.  La crisi petrolifera degli anni Settanta determinò la fine del meccanismo: il 15 agosto 1971, gli Stati Uniti sospesero il sistema ed abolirono l’ultima traccia di “gold standard”. Le divise fluttuarono liberamente, ed il problema fu la sostanziale abolizione della riserva, ovvero della garanzia reale sull’emissione.

Un colpo formidabile verso la finanziarizzazione dell’economia , ed un ulteriore stretta della legge del più forte. Con l’aumento costante e definitivo del prezzo dell’energia, iniziò in Europa la lunga marcia a tagliare i diritti sociali conquistati dal mondo del lavoro, che l’Italia aveva conosciuto sin dagli anni Venti, si esaurì la spinta di un ciclo che venne poi chiamato dei “trenta gloriosi”, e si impose nel mondo la forza dei petrodollari dei Paesi produttori di petrolio. In quegli anni, la Libia arrivò a detenere il 12, 5% delle azioni della Fiat.

L’Italia, spinta dall’inventiva di centinaia di migliaia di imprenditori e dalla capacità di milioni di tecnici ed operai diveniva intanto un grande produttore industriale. L’ENI di Enrico Mattei, poi ucciso nel 1962 da sicari del mondo petrolifero faceva ricerca di altissimo livello e permetteva all’Italia di ottenere idrocarburi a basso prezzo. La Fiat seppe diventare un gigante automobilistico, e la Olivetti inventava il primo computer. Buona parte del merito andava al sistema economico misto ereditato dall’epoca fascista e conservato dai governi democristiani, nonché al controllo del credito , attraverso le BIN ( Banche di Interesse Nazionale) e la prevalente struttura pubblica della Banca d’Italia.

Il liberismo, tuttavia, avanzava e negli anni 80 conquistò il governo di Usa e Gran Bretagna, e soppiantò, a livello politico, universitario e scientifico, l’economia keynesiana dei decenni precedenti, basata sull’intervento pubblico a debito. La Scuola viennese ( Von Hajek e Von Mises) , rigidamente liberista , prese il sopravvento, completata dal monetarismo di Milton Friedman ( Scuola di Chicago), il cui principio base era, ed è, il controllo della circolazione della moneta, quindi l’istituzionalizzazione della scarsità. L’implosione del comunismo per l’incapacità di offrire benessere materiale e libertà ai popoli, nel 1989, cambiò radicalmente la geopolitica internazionale, determinando un repentino cambiamento nelle prospettive di vita di tutti i popoli, a seguito della vittoria planetaria del modello capitalista di tipo americano.

 

La globalizzazione. La terza rivoluzione industriale.

Non è possibile comprendere gli sviluppi dell’economia e della finanza contemporanea , a partire quindi dalla caduta del muro di Berlino ( novembre 1989) e della successiva fine dell’Unione Sovietica (1991) , con la secessione di pezzi importantissimi degli Stati che la componevano ( Kazakhstan, Ucraina, Azerbaijan su tutti) senza richiamare il ruolo dei un’altra organizzazione internazionale , l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), che sostituì nel 1994 il vecchio GATT ( Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio), fondato nel 1947, e senza prendere atto dell’immensa importanza assunta nel tempo dal sistema delle Banche Centrali , soprattutto dagli anni Ottanta .

Per l’Italia, la data chiave è il 1981, allorché, con una semplice lettera al governatore, il ministro del Tesoro Beniamino Andreatta cambiò radicalmente il ruolo della Banca d’Italia , che non fu più obbligata all’acquisto illimitato di titoli di Stato. In sostanza, con la scusa delle conseguenze di lungo periodo della crisi petrolifera e l’entrata dell’Italia nello SME ( Sistema Monetario Europeo, a cambi flessibili ), si toglieva alla banca centrale il ruolo di compratore finale, e si rinunciava a calmierare il prezzo delle emissioni di titoli pubblici .Vedremo più avanti il ruolo delle banche centrali e la loro progressiva privatizzazione .

Altri strumenti di dominazione

Il WTO è un altro degli organismi transnazionali dominati dagli Usa, che costituiscono la spina dorsale del potere economico e finanziario globale, imperniato sull’ideologia delle privatizzazioni, dell’abolizione delle barriere doganali ( dazi) e dell’esproprio della sovranità politica, economica e finanziaria degli Stati. Obiettivo del WTO è  la completa liberalizzazione del commercio mondiale, da perseguire attraverso l’uguale trattamento riservato ai beni importati rispetto ai beni nazionali e la formulazione di regole commerciali comuni .

L’accordo di Marrakech nel 1995 ne è stato il cardine, e l’esito sono state le delocalizzazioni massicce delle aziende, l’importazione selvaggia di beni a basso costo e bassa qualità, ma soprattutto l’irruzione nel mercato globale del gigante Cina, ammesso , con mossa a sorpresa di parte americana, a far parte del WTO nel 2001, evento che ha cambiato la storia economica del mondo. Intanto, l’economia reale si è spostata dall’industria pesante a quella “pensante”, tecnologica, leggera. Ciò ha determinato una bolla finanziaria speculativa impressionante nei settori informatici ed elettronici. Tiscali , la società di servizi di Renato Soru, arrivò ad essere più capitalizzata di Fiat. Sgonfiatasi, la bolla lasciò sul lastrico milioni di investitori – sempre i piccoli e medi, il parco buoi di einaudiana memoria-  ma anche una poderosa, inedita riconversione di interi apparati industriali, al termine delle quale sono risultati milioni i nuovi disoccupati, i lavoratori anziani non ricollocabili, i giovani privati di prospettive.

Anche i limoni arrivano dagli antipodi, ed è questa la cifra della globalizzazione come oggi la intendiamo. Possiamo definirla il sistema in cui il pianeta intero, o gran parte di esso, è coinvolto in un immenso processo di omologazione economica, finanziaria , politica e culturale, volto ad affermare la completa liberalizzazione della circolazione di beni, denaro, uomini e servizi, sotto l’egida di un’ unica autorità la cui ideologia ufficiale è il liberismo economico ed il cui obiettivo è il controllo completo delle risorse e degli Stati. La chiamano, opportunamente, “governance” nella loro lingua ufficiale, l’inglese globale, per significarne la depoliticizzazione, il carattere di amministrazione dell’esistente, ovvero del mercato unico mondiale, asserito come fatto naturale e snodo finale della storia dell’umanità. Uno dei banchieri Warburg, famiglia tra le più potenti e ricche da generazioni,  ammise fin dal 1950 che l’obiettivo finale della sua iperclasse è l’istituzione di un unico ordine e governo planetario diretto dall’alta finanza. (NWO Nuovo Ordine Mondiale).

 

FINE PRIMA PARTE