LA BIBBIA GRECA, ANTIDOTO AL TALMUD

Fra i giudei di Alessandria folgorati di Ellenismo, Filone è il caso più impressionante. Di potente famiglia, fu nel 40 d. C. nella delegazione che gli ebrei alessandrini inviarono all’imperatore Caligola per lamentarsi del governatore Flacco (per una volta la lobby fallì: Flacco rimase al suo posto). Doveva allora essere un sessantenne; era   dunque un colto e maturo signore quando Gesù concludeva sulla croce la sua missione terrena. Se l’ha saputo, è più che probabile; ma nulla risulta dai suoi scritti.

Il suoi scritti sono numerosi; ovviamente, tutti in greco. Sono tutti dediti all’esegesi delle Sacre Scritture: che Filone – si prega notare – conosceva solo in greco, la Bibbia dei Settanta; si sarebbe stupito a sentir parlare di testi “masoretici”. E’ il primo grande commentatore dell’Antico Testamento: una specie di talmudista, se vogliamo, ma neoplatonico – differenza essenziale. Come i suoi correligionari, Artapano o Aristobulo, anche Filone sostenne la tesi che i grandi filosofi greci, Platone, Aristotile, avevano plagiato Mosé: avevano letto di nascosto la Torah (il Pentateuco, che si asseriva scritto da Mosè) e ne avevano ricavato le verità di cui si vantavano nelle loro opere. Più intelligente però di loro, però, Filone si dedicò a dimostrare l’assunto – secondo lo spirito di Atene. Imbevuto di spirito ellenico, la sua “lettura” della Bibbia segue il metodo usato dagli stoici per commentare Omero: quello dell’integrazione allegorica. La narrazioni “storiche” sono prese come metafore di quel che Dio ha voluto comunicare agli uomini. A tutti gli uomini, si noti, non solo agli ebrei. Filone non può se non mettere in sordina l’etnicismo ebraico, il rozzo antropomorfismo, la fede nella letteralità degli eventi; fuga in Egitto, traversata nel deserto, conquista della terra promessa, sono per lui allegorie di conquiste interiori e superiori.

Facciamola breve: dò qualche esempio del suo metodo [1 Gli esempi li ricavo da Andè Paul, “Jésus Christ, la rupture”, Bayard 2001.]

. Prendiamo l’evento in cui Genesi narra come il servo inviato da Abramo a cercare una moglie (della sua famiglia…) per Isacco, identifica Rebecca come la prescelta dal fatto che questa, con somma bontà, gli dà acqua da bere dalla sua brocca.

“…E’ detto: Ella (Rebecca), discese alla fonte alla fonte, riempì l’anfora e risalì (Gn 22,16). Questa fonte è la Sophia divina, alla quale bevono le scienze particolari e tutte le anime di contemplazione, che son possedute dall’amore per la perfezione” (Filone, De fuga et inventione, 195).

Quel pozzo beduino per uomini e cammelli, che la Bibbia descrive così concreta – prego di rileggervi il 22 – sarebbe la Sophia, la ateniese Sapienza.  Capite in che clima eleva le narrative ebraiche, il Filone. Oltretutto, ci dice che Sophia è per “tutte le anime contemplative”; non solo per gli ebrei. In un altro libro (De confusione linguarum, 41)   commenterà il Genesi 42,11 in questo modo:

“Quando intendo coloro che dicono: ‘Siamo tutti figli di un solo uomo, siamo uomini di pace’ (Gn 42,11, appunto) sono colmo di ammirazione davanti all’armonioso concerto di parole. Volentieri direi loro: ‘Nobili fratelli, come non sareste pronti a detestare la guerra ed amare la pace, voi che siete iscritti sotto il nome di un unico e medesimo padre? Padre non mortale ma immortale, l’uomo di Dio che, in quanto Logos dell’Eterno, non può che essere lui stesso che imperituro (aphtartos)?”.  Inaudito: qui un ebreo parla degli altri uomini come fratelli, e di Dio come universale salvatore e soccorritore di tutti gli uomini, atttraverso il Logos…

Altro esempio: l’Esodo (16). Nel deserto, gli ebrei non hanno da mangiare e mormorano contro Mosè che li ha trascinati nell’avventura: com’erano buone le cipolle egiziane! Dal cielo scende la manna. A tutta prima gli ebrei non pensano affatto a mangiarla; glielo deve dire Mosé, il condottiero, che è una cosa commestibile.

Sentiamo Filone: “Quando gli israeliti ebbero cercato ciò che nutriva l’anima – “in effetti non sapevano cosa fosse, dice Mosé” (Esodo 16,15) – appresero e scoprirono che è la Parola di Dio (in greco: rhéma Théou), il Logos divino: tutte le forme di istruzione e di saggezza ne sprizzano, inesauribili. Questo è il nutrimento celeste; è rivelato dalle Scritture in questi termini: Ecco, io faccio piovere per voi pane dal cielo. In realtà, è la Sophia eterea che Dio distilla dall’alto sugli spiriti dotati ed amici della contemplazione”.

Sicuramente conscio che il YHVH etnico ed esclusivista faceva una spiacevole figura nella cultura greca, il neoplatonico ebreo giungerà a scrivere: “Esamina a fondo se realmente ci sono due Dei. Perché è detto: ‘Io sono il Dio che ti è apparso’ non già nel mio luogo, ma ‘nel luogo di Dio’, come se fosse il luogo di un altro (…) Nel caso presente, la Parola sacra (hieròs Logos) designa il vero Dio con l’articolo: ‘Io sono il Dio’ e il Dio chiamato così senza l’articolo: ‘Colui che è apparso nel luogo’ non del Dio, ma semplicemente ‘di’ Dio. Chiama Dio il suo Logos più venerabile”. E’ quel Dio, aggiunge, che “non ha nome proprio se non per abuso di linguaggio. Perché è nella natura di Colui-che-è di non per essere nominato, ma solo di Essere” (De somniis, I, 228-e seguenti).

Sensazionale Filone  Ebreo

Subito dopo, ecco un’affermazione sensazionale: “Come continuare a stupirsi che Dio si faccia simile a un angelo, dal momento che per soccorrere quelli che ne hanno bisogno, può prendere la forma d’uomo?” .

Si resta senza fiato: Filone adombra due divinità, anzi la stessa divinità è due; la seconda è il Logos; e può prendere forma umana…Si tenga presente che Filone sta commentando una sola riga di Genesi 31,13: quella dove Giacobbe riceve in sogno la visita di “un angelo”, che gli dice: “Io sono il Dio di Bethel, dove tu hai unto una stele e mi hai fatto un voto” .   Si riconosce la capziosità puntigliosa che gli esegeti ebraici sfoggeranno senza limiti  cervellotici nel Talmud.  Ma quale Talmud avrebbero dati i savii rabbini ebrei, se avessero continuato sulla linea di Filone!

Non ricorderò   gli infiniti passi in cui i talmudisti s’ingegnano a “leggere” la sacra parola come in modo da far dire alla Legge il contrario di quel che afferma. Mi limito a un solo esempio che basta a rendere lo spirito. Genesi 22 racconta come Abramo, ricevuta da Dio il comando di sacrificare il suo unico figlio maschio Isacco, con la morte nel cuore  sale al monte con una fascina per il rogo caricata sull’asino e due servi. Arrivato ai piedi del monte, “disse ai suoi servi: voi restate qui con l’asino, mentre io col ragazzo salirò ad adorare” [2 “ In un commento a questo brano, il talmud racconta di come Abramo, dopo l’intervento di Dio, se la prese moltissimo con lui, accusandolo di avergli chiesto una cosa assurda. Abramo disse di avere superato la prova e chiese a Dio, in cambio, di perdonare qualunque peccato sarebbe stato commesso dai discendenti d Isacco. Dio, vergognandosi per cià che aveva chiesto ad Abramo, acconsentì”].

Ebbene: da questa riga, i talmudisti traggono la conclusione che i non ebrei (i servi) sono come l’asino, animali parlanti. Zoologicamente inferiori. Dio non estende ad essi la sua promessa di salvezza. «Il gentile è escluso, perché non è nostro prossimo» ( Trattato Baba Kamma 37b).   «Gente simile agli asini, schiavi che si considerano proprietà del padrone» (Trattato Kethuboth, 111°) Ne segue che, nel Regno futuro, il non ebreo sarà trattato come uno schiavo, “e notte e giorno non li lascerai riposare” (Sanhedrin, 58b): non avranno nemmeno il diritto di riposare il Sabato. Ne consegue che la   proprietà dei non ebrei è “come terra deserta e non reclamata, l’ebreo che la occupa per primo ne diventa padrone» (Baba Bathra, folio 54b). Il che è proprio ciò che fanno oggi ai palestinesi, e vogliono fare a tutta l’umanità quando YHVH darà loro il Regno di questo mondo.

Di Logos, costoro, nella Bibbia non ne hanno trovato una briciola.

Ora, quale delle due letture della Bibbia è la più legittima? Quale la più capziosamente abusiva? I talmudisti hanno rigettato deliberatamente la grecità. Ma si è tentati di supporre che la lettura “alta” di Filone, sia nell’occhio del lettore imbevuto fino al midollo di ellenismo. E’ lui che vede nella manna Sophia, e nella parola di Dio il Logos? In generale, la bellezza e bontà, la divinità della Bibbia è forse nell’occhio di chi la legge?

Il dubbio mi è stato sciolto di recente da un profondo articolo di Michael Jones, il filosofo cattolico americano [3 Michael Jones, “Ethnos need Logos”, Culture Wars, june 2015] .

 

Sì, dice Jones, il concetto che si chiama “Logos” è entrato nella storia coi greci. Più o meno da quando Anassagora, un presocratico ,quarto secolo a. C., proclamò che il “Nous” governa il mondo. Il “Nous” significa “la mente”:   c’è una intelligenza che amministra il mondo, un “intelligent design”. E’ la scoperta che appassionò i greci; i dialoghi di Platone evocano lo stupore con cui, in piazza o sotto un albero, tracciando linee e cerchi sulle polvere, risolvevano discutendo teoremi di geometria. La geometria era la prova che dietro le cose si nascondeva un sapientissimo Nous, una intelligenza; il Logos. Oggi, i vocabolari ci dicono che “logos” significa “parola”. E’ giusto ma insufficente. Ricordiamo che si era allora in un mondo che non conosceva la lettura mentale [4 Il primo uomo di cui sappiamo che adottò la lettura mentale fu Ambrogio di Milano. Sant’Agostino, che lo vide leggere senza muovere le labbra, ne fu così impressionato da segnalare il fatto nei suoi scritti] , dove perciò ”parola recitata” e “pensiero” sono tutt’uno; e discussione, scoperta dialettica del vero, erano la stessa cosa. Attenzione: il motivo per cui Socrate cominciò la sua missione di interrogare i passanti con domande scomode, veniva da questo: era scandalizzato che la Parola potesse essere usata   per dire menzogne: ciò che facevano i sofisti, insegnando a far prevalere il “discorso falso” sul vero, e facendosi pagare per questo (nella carriera politica lo trovavano utile). Non doveva esser così, per Socrate: ed usò la parola per smascherare il discorso falso. Era la riaffermazione del Logos – Parola – nella sua pienezza: verità. Non ci renderemo mai conto di come fossero elettrizzati da scoperte come, diciamo, il teorema di Pitagora. Incredibile, ma se sai la misura dei due cateti di un tirangolo rettangolo, e disegni due quadrati su di essi…il quadrato che disegni all’ipotenusa è la somma dei due.   E’ il segno che una Intelligenza è nascosta sotto, agisce e governa ciò che sembra casuale.

Il punto è che il teorema di Pitagora non è proprietà dei greci, come YHVH era proprietà degli ebrei. Una volta scoperta, la verità del teorema (ma anche ogni verità) vale e serve anche ai cinesi ed è utile agli egizi. Non c’è copyright. La verità – il Logos – l’hanno scoperta i greci ma è un patrimonio universale. Filone giungerà a far balenare che la Verità può prendere forma d’uomo. Prima che Filone morisse, foorse evangelista Giovanni già stava forse scrivendo che il Logos s’era incarnato, ed era un tal Gesù, galileo, che guariva i malati e dava la vista ai ciechi.

“Da quel momento” – scrive Jones –  “la storia umana è legata all’incorporazione cristiana del Logos”. Persino Hegel – Hegel! – riconosce in qualche modo che il Logos, lo Spirito nella storia agente, è cristiano. Persino Croce: non possiamo non dirci cristiani. I cattolici di fede sanno e fanno di più: offrono a tutti quella Verità, mostrano che ora che il Logos e Cristo, “non c’è più né giudeo né greco”.

Per questo Benedetto XVI, nel suo celebre (e famigerato) discorso di Regenburg, ha detto: “L’incontro tra il messaggio biblico e il pensiero greco non è avvenuto per caso. (…) La fede biblica ha incontrato il meglio del pensiero greco ad un livello profondo, da cui è venuto un mutiuo aricchirsi, evidente nella ultima letteratura sapienziale”.  E ha aggiunto, proprio a proposito della Bibbia dei Settanta: “ Un profondo incontro di fede e ragione ha luogo qui, un incontro tra illuminismo genuino e religione. Dal profondo cuore della fede cristiana, e allo stesso tempo dal cuore del pensiero greco adesso unito alla fede, Manuele II Paleologo poté dire: ‘Nessun atto ‘con Logos’ è contrario alla natura di Dio’. Ciò significa che il Logos, lungi dall’essere un’escrescenza culturale, è parte della natura d i Dio e, quindi, parte della creazione. L’Europeo è nato in un mondo che è radicalmente ragionevole, radicalmente logico, perché questo mondo rispecchia la mente di Dio; il quale agisce in modo che talvolta superano quanto l’umana ragione può capire, ma mai in modi che contraddicono la ragione”.

Bellissimo discorso. Dopo il quale ci si sarebbe aspettati la frase seguente: “Ragion per cui io Benedetto, rivestito dell’autorità di Sommo Pontefice e vicario di Cristo, dichiaro che la Chiesa cattolica romana adotta la Bibbia greca dei Settanta come unico testo divinamente ispirato. Di conseguenza vieto l’uso liturgico di tutte le Bibie “concordate” con giudei e protestanti , tutte le Bibbie masoretiche e simili documenti falsi e posteriori”. Come sapete la frase non è stata pronunciata. E il caro Benedetto s’è anche dimesso. Resterà nella storia dei nostri tempi perigliosi come il Papa che vide il vero e il bene, ma gli parve indelicato ordinarlo.