Frau Merkel, Marx e il Cardinale

Di Giuseppe Reguzzoni

 

 

 

«Putin impedisce la pace in Siria», così Frau Merkel, poco fa. La CDU, il suo partito è in picchiata libera, principalmente a causa della dissennata politica immigratoria, posta in essere in ubbidienza alle indicazioni di Washington e Tel Aviv. Vuol dire che la Cancelliera ha già pronta un’alternativa, un posticino alle Nazioni Unite o in qualche loculo bilderberghiano. Frau Merkel non è un’idealista. È una che i conti li sa fare. I suoi non sono errori, sono calcoli, sia nel senso di calcolate macchinazioni, sia di pietruzze che ostacolano il libero flusso dei veri interessi della Germania, che, ormai è chiaro, non sono né atlantici né filoamericani. Del resto, mentre richiamano noi mediterranei al dovere di osservare le sanzioni contro Putin, i Tedeschi, tramite il loro ex cancelliere Schröder, li affari con i Russi li fanno alla grande. Il Southstream fu cancellato, contro gli interessi italiani, forse proprio per aprire spazi al Northstream, alla cui approvazione Schröder ha fattivamente collaborato. Eppure, in Germania, quando si pensa alla doppiezza politica e al malgoverno, si pensa subito all’Italia. Al punto che uno dei pochi volumi intelligentemente critici contro la Cancelliera, uscito nel 2012 (e, dunque, in un periodo non sospetto) si intitola, con lessico paramafioso, “Die Patin” la padrina (OrellFüssli, 2012) ed è dedicato ai retroscena dell’ascesa politica di Angela Merkel e alla sua strategia di potere, con un’accusa precisa: «Chi fa di norme e valori di una società democratica una pura massa di manovra, sta lavorando alla rovina della democrazia». A scrivere è una che la Cancelliera la conosce molto bene. Si tratta infatti di GertrudHöhler, per lunghi anni consigliera di Helmut Kohl e del CEO di DeutscheBank Alfred Herrhausen.

Al centro delle critiche sta soprattutto l’operazione di salvataggio dell’Euro portata avanti dalla Merkel nel 2011/2012. L’invasione dei “profughi siriani” era,allora,di là da venire.

 

La Höhlervi dimostra che la signora Merkel aveva posto in essere una sistematica violazione di tutti i principi costituzionali e parlamentari della Repubblica Federale Tedesca, e non certo nell’interesse nazionale della Germania. Mutatismutandis, la stessa cosa vale per lagestione della questione dei “profughi” e l’apertura incontrollata delle frontiere.

 

A sud delle Alpi conosciamo il problema, visto che, da anni, abbiamo governi perfettamente legali (Monti, Letta, Renzie), per volontà del Quirinale e delle Logge, ma del tutto illegittimi, visto che non si poggiano su elezioni democraticamente vinte, ma su pressioni esterne che fanno strazio di qualunque principio costituzionale. A proposito di ESM, che nel volume della Höhler, è definito senza mezzi termini una «struttura corrotta e stabilmente corruttrice», la strategia di Angela Merkel non è stata meno invasiva di quella dei nostri “tecnici”, ma, quanto meno, ha saputo abilmente porsi come forma di mediazione tra i “falchi” (Wolfgang Schäuble e la Commissione Europea) e gli alleati di governo restii ad avviare la rovina economica della Germania (CSU bavarese). Angela Merkel non ha difficoltà a “mediare” tra posizioni differenti, vista la sua totale indifferenza alle questioni «di valore».

Lo si comprende meglio ripercorrendo la sua storia politica, sin da quel lontano autunno 1989, quando Angela Merkel osserva la caduta del muro di Berlino uscendo da una sauna con l’accappatoio in mano, mentre la folla si accalca verso la parte occidentale della Città.

La giovane ricercatrice universitaria guarda quelle persone esultanti, rimanendo sostanzialmente indifferente, ma altrettanto freddamente pronta a cogliere i possibili vantaggi della nuova situazione. Il segreto del suo successo èstato ed è la sua disarmante incapacità ad appassionarsi per alcunché. «La giovane Angela Merkel sale sulla scena politica con forze che molti democratici descrivono come debolezze: relativismo, indifferenza nelle questioni di valore, disinteresse etico, rinuncia ad appartenenze identitarie (…). Tutto è relativo, tutto è provvisorio, tutto è reversibile. Anche i valori sono relativi. Chi si lega a dei valori, potrebbe ritrovarsi dalla parte dei perdenti. La diffidenza è buona perché gli altri sono diffidenti». La figlia del Pastore resta indifferente a tutto. Il 24 settembre 1989 è seduta in una chiesa protestante, con centinaia di altri tedeschi orientali, mentre il coraggioso parroco dissidente inizia il suo sermone, dicendo: «Israele ha attraversato 40 anni di deserto». La folla rumoreggia, perché tutti pensano ai tragici quarant’anni della DDR. Lei no. Rimane impassibile, non una grinza di emozione. Osserva e studia quel che potrebbe accadere. In Occidente, è Lei stessa a confessarlo in un’intervista, non sarebbe mai divenuta politica: insegnante di fisica e di russo, ricercatrice, forse dirigente.  Invece non è ancora passato un anno da quel fatidico 9 novembre 1989 e Angela chiede ai colleghi dell’ex DDR di essere presentata ad Helmut Kohl. Indecisa sino all’ultimo tra SPD e CDU, alla fine ha scelto. Kohl le spiana la strada, la chiama con affetto «Mädchen», «ragazza», ne fa il volto nuovo della riunificazione. Faceva impressione vedere il gigante della politica tedesca – non solo in senso metaforico, con i suoi due metri di altezza – , accanto alla sua esile figura. Angela osserva e impara, studia i meccanismi del partito, sfrutta sino in fondo la carta della «ragazza dell’Est». Sa benissimo che per farsi strada dovrà scavare la fossa al suo benefattore, ma questa è la politica. Quando i vecchi vertici della CDU si rendono conto che «la ragazza» è pericolosa, è ormai troppo tardi. Il 7 novembre 1998 la CDU perde le elezioni e il congresso, alla ricerca di un volto nuovo e di consensi in aree del Paese dove la CDU è debole, la nomina segretario generale.  Il partito è rapidamente tutto nelle sue mani e lo governa con freddezza e calcolo, di volta in volta promuovendo o emarginando i potenziali dissidenti. La parola d’ordine è ora la “modernizzazione” del Partito: la CDU deve divenire il più moderno partito popolare d’Europa e questo, per la Merkel, significa presa di distanza dalle questioni etiche e di valore e costruzione di un sistema di potere in linea con le grandi tendenze dell’opinione pubblica. Per la Germania e per la CDU è una svolta radicale e inaspettata. Nessuna donna ha mai ricoperto un ruolo così alto in Germania; nessun politico, nel secondo dopoguerra, ha mai avuto tanto potere in Germania, ma, davvero, Angela Merkel ha fatto e fa tutto da sola? La sua carriera è iniziata con Kohl, ma ha potuto procedere solo attraverso l’uccisione (simbolica) del suo padre politico. Angela non è donna da rivoluzione: le manca la capacità di entusiasmarsi per i valori che le rivoluzioni in qualche modo sottendono. Non è neppure l’erede di una scuola politica modellata sull’idea del bene comune, com’era la CDU di Adenauer e di Kohl. La Merkel non ripeterebbe mai la frase di Kohl: «Il partito ha un’anima», quella cristiana.   Non la Höhler, ma I dirigenti del Movimento per la Vita (Lebensaktion) ricordano la lunga anticamera, prima di essere ricevuti dalla segretaria della CDU, poi Cancelliera, che alla richiesta di interventi in difesa della famiglia e della vita indifesa, rispose, sarcastica: «Quanti voti portate? Io devo tener conto anche degli altri …». La sua carriera non si spiega solo con la sua lucida e fredda intelligenza. La storia va avanti, e con essa le esigenze della geopolitica. La strategia del superstato europeo è sempre più marcata,  e di essa è parte integrante la tempesta dell’Euro-crisi. Qui Angela Merkel ha, però, «un vantaggio tattico: ella è tanto poco europea, quanto poco è realmente conservatrice». Anche riguardo all’Europa la Merkelèanzittuto una che osserva e studia: «Senza una rivendicazione di potere per la Germania, l’Europa per la Cancelliera non ha alcuna attrazione» L’Euro-crisi si presenta così come un’irrepetibile occasione per piegare lo stato di diritto. Il passaggio essenziale, in piena sintonia con la lobby che controlla la Commissione Europea, è proprio l’ESM, unitamente al Patto Fiscale e alle sanzioni previste per gli Stati inadempienti. Qui cominciano però le resistenze: quella inglese, anzitutto, e quella “interna”, con i ricorsi alla Corte Costituzionale Federale e la nascita di nuove forme di opposizione: AfD, AlternativefürDeutschland, NPD, Pegida …

 

Il patto che lega la Merkel ai vertici dell’UE è una manovra dissuasiva, volta a distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dal suo vero scopo:la creazione di un sistema di tipo statale dove i più forti controllano i più deboli. La lobby che governa la Commissione Europea è il più forte;le lobbies bancarie e finanziarie tedesche, se stanno al gioco, come vuole la Merkel, avranno la loro parte. Per arrivare a questo scopo il fine giustifica il mezzo e, se è utile, si può e si deve persino aggravare ad arte la crisi. «Angela Merkel prosegue con rigore il suo percorso per la realizzazione di un partito unitario e di un’economia di Stato a livello europeo. Disprezza e viola i trattati europei, esattamente come fa con la Costituzione tedesca quando deve perseguire un proprio fine». Questa spinta alla centralizzazione passa attraverso il controllo della finanza e dell’economia e impone la perdita progressiva delle sovranità nazionali. Lo svuotamento della democrazia – non solo di quella tedesca – passa proprio attraverso lo spostamento dell’asse del potere in direzione di meccanismi di governo estranei al «problema del consenso popolare». La Merkel, profondamente indifferente ai “valori”, da tempo non crede più al «potere della libertà», come si ostina a chiamarlo il presidente Gauck.

Frau Merkel, si legge nelle conclusioni di questo coraggioso libro, «ha vinto una dopo l’altra tutte le battaglie della sua scalata al potere. Cristiana e democratica lo è solo in maniera molto aleatoria, quando questo serve allo scopo …». Il potere, però, aggiungiamo noi con una lunga tradizione spirituale, è un gigante di ferro dai piedi di argilla. L’elettorato tedesco rischia di essere meno conformista di quanto si possa pensare e, difatti, con l’acuirsi della crisi immigratoria sta premiando, almeno a livello di sondaggi AfD, che settimana scorsa è arrivata al 12%. Troppo poco per costituire un’alternativa di governo, almeno per il momento, ma abbastanza per spostare gli equilibri alla Grande Coalizione, tanto più che la SPD è molto meno russofoba della CDU e anche i Tedeschi ne hanno piene le scatole delle inutile sanzioni. Nel gioco di riequlibrio apparente, il sistema potrebbe decidere di tagliare qualche ramo secco, come, per esempio, i privilegi abnormi di cui godono le due chiese concordatarie, la Cattolica e l’Evangelica, soprattutto nel caso di un ulteriore calo di voti della CDU. Inoltre, AfD sostiene la ripresa del dialogo con Mosca e la fine delle sanzioni, è contraria alla politica verticistica della BCE e della UE e ha, al suo interno, pericolose spinte eurasiatiche.

Frau Merkel, davanti a questo quadro appare più che mai freddamente indifferente, e dopo avere, metaforicamente, ucciso l’ultimo grande segretario della CDU, si appresta a uccidere anche la CDU stessa, ridotta a mero strumento di controllo del potere. La Cancelliera guarda la storia travolgere la Germania con l’asciugamano sulle spalle, come se fosse un spettacolo che non la riguarda. Esattamente come a Berlino, nell’autunno 1989.

A essere preoccupato del tracollo di voti della CDU è, invece, l’ineffabile cardinal ReinhardMarx, segretario della potente (e ricca) Conferenza Episcopale Tedesca, che vede con timore il rischio di ogni possibile ritocco alle Kirchensteuer, le tasse ecclestiastiche, già in calo per l’emorragia di fedeli che, per non pagare, dichiarano la propria uscita dalla Chiesa. Il problema della Chiesa tedesca per Marx non sono i seminari vuoti (anzi, di seminari non ce ne sono proprio più, tranne quelli dei “tradizionalisti”, ampiamente emarginati, se non perseguitati). Non è nemmeno il tracollo della fede e la protestantizzazione delle strutture ecclesiastiche. No. Il problema è il foraggiamento delle istituzioni cattoliche (la Conferenza Episcopale Tedesca è, dopo il Bund, il primo datore di lavoro della Germania). Eccolo allora, pronunciare due interventi, ampiamente ripresi da tutta la stampa tedesca, nel giro di poche ore. «Alternative fürDeutschland non è un’alternativa per la Germania perché i profughi non si fermano sparando su di loro ai confine, atto profondamente disumano etc.». In realtà, AfD ha proposto di mandare l’esercito ai confine, ma il Cardinale ha tagliato corto e ha letto «sparare sui profughi». È il tipico stile cattoprogressista, cioè figlio della menzogna, che stravolge la parola altrui ai voleri del Politicamente Corretto e ai dettami della Lügenpresse. Poi, però, in un secondo intervento, ha precisato: «La Germania non può accogliere tutti. L’accoglienza deve essere misurata dalla ragionevolezza». Marx è un esperto della dottrina sociale della Chiesa e, con il suo secondo intervento, non ha fatto che ribadire la dottrina nota. Peccato che non abbia ricordato questo sacrosanto principio a ottobre 2015, quando le frontiere furono incautamente spalancate. Questo suo secondo intervento, per quanto in ritardo, è quanto meno, a suo modo, tempestivo, non per le sorti della Germania, ma per quelle della CDU, a sostegno della quale, in realtà, vanno letti ambedue gli interventi, il colpo al cerchio e il colpo alla botte. Nella speranza che rallenti l’emorragia dei voti e il rischio per le entrate delle Kirchensteuer.