“Fuori dalla Siria se vuole sopravvivere”. Il ministro israeliano che minaccia di morte Putin

“Se Putin vuole sopravvivere deve mantenere le sue forze armate fuori dalla Siria”, questo ha dichiarato pochi giorni fa Ayelet Shaked, il ministro della Giustizia di Israele, considerato “un falco” fra gli esponenti governativi.
Questo tipo di dichiarazioni si aggiungono a quelle fatte dal premier Netanyahu, il quale ha iniziato una pellegrinaggio fatto di viaggi frenetici tra Mosca e Washington che mettono in evidenza come Israele sia lo Stato che ha subito le sconfitte più dure per causa degli sviluppi del conflitto in Siria. Gli jihadisti sbaragliati dalle forze russe e siriane sono anche loro “creature” di Israele.
Oltre alle conversazioni diplomatiche, Israele si è vista costretta a passare all’azione diretta in Siria, senza intermediari, allo stesso modo che gli Stati Uniti. Nel 2015 Bashar al-Assad aveva definito il ruolo di Israele nella Guerra in Siria come “la forza aerea” della rete terroristica di Al-Qaeda. DI recente i droni israeliani hanno bombardato le posizioni vicine all’aeroporto di Damasco.

Tuttavia l’intervento di Israele nella guerra in Siria è andato  molto più in là di quanto appaia. Nel corso della battaglia per la liberazione di Aleppo dai gruppi terroristi, nell’inverno dello scorso anno, una quindicina di agenti sionisti sono morti per l’esplosione di un missile da crociera russo del tipo “Kalibr” lanciato da unità navali russe situate nel Mediterraneo. Questi agenti israeliani si trovavano in un bunker nella città, assieme ad altri elementi occidentali della NATO e coordinavano la difesa delle postazioni terroriste della zona esta di Aleppo, assediata dalle forze siriane. Naturalmente nessuna notizia è stata pubblicata dai media occidentali e tutto è rimasto riservato.
La falsificazione dei media atlantisti ha cercato sempre di giustificare le incursioni aeree israeliane sulla Siria come se fossero dirette non contro le forze siriane ma a colpire i depositi di Hezbollah, cosa del tutto falsa.

Accade quindi che una falsità viene coperta da un’altra, come accaduto all’inizio di questo mese quando un attacco aereo dell’aviazione israeliana contro l’Esercito regolare ad Hama si è giustificato affermando che aveva per obiettivo uno stabilimento di armi chimiche , uno degli abituali pretesti della propaganda di guerra svolta dai media atlantisti.

Tanto questi attacchi, come le dichiarazioni del tipo di quella fatta dalla ministra della Giustizia, potrebbero compromettere il buon clima esistente tra Israele e la Russia, che uno dei pochi pilastri che mantiene lo Stato sionista nel Medio Oriente.

Si deve considerare che circa un 15% della popolazione di Israele è di origini russe (1,25 milioni), un gruppo di pressione molto importante che risulta uno dei fondamenti delle buone relazioni tra entrambi i paesi.
La ministra Shaked è la stessa che poco tempo prima aveva proposto lo sterminio della popolazione palestinese, inclusi i bambini, oltre alla demolizione della loro case, come soluzione al problema dei territori occupati in modo da non dover più allevare dei potenziali terorristi.
Michael Lobovikow, presidente del Likud Russioa e membro del movimento degli ebrei sovietici, lo ha messo ben in chiaro affermando: “Israele soffre di grandi perdite per causa delle attività del BDS (Boicotta Israele) e questo ci obbliga a mantenere relazioni con una potenza mondiale che gode di molta influenza nel mondo intero come la Russia”.

Si può dire che – per lo meno in parte – Israele è nata a suo tempo grazie all’appoggio della URSS di Stalin e che – se tutto procede come adesso – in futuro potrà sopravvivere soltanto con l’appoggio della Russia. Le dichiarazioni della ministra mordono quindi la mano che assicura la sopravvivenza. Inoltre dimostrano come il Governo di Tel Aviv sia molto lontano da mantenere una politica accorta verso la Russia.
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