PER LA RIEDUCAZIONE

Un  popolino laborioso che attende ai suoi mestieri o faccende di  casa  in mezzo alla bellezza.  La respirava, se  ne impregnava, e la trasfondeva nelle modeste opere delle mani:  spade ageminate e coltelli, scarpe,  velluti,  tortellini.

In questa immagine (grazie Jacopo Veneziani, chiunque tu sia) vedo gli italiani che siamo stati,  una plebe ingentilita dal  vivere tra architetture e rovine indicibili.  Anni fa parlai con un docente di architettura americano che  teneva  una dozzina di suoi studenti a Roma  per un mese, perché “del barocco ci si deve impregnare”.

Parlammo del loro  genio assoluto della pittura del ventesimo secolo, un  Maestro  della Luce  senza eguali:  la  luce americana è proprio   così, lo senti appena atterrato: una luce estranea,  di un continente non ancora abitabile  veramente dall’uomo,  dove si sta accampati in case provvisorie ,  in attesa di andare via, più  avanti.

Stare a prendere quel sole, esposti alla vista,  richiede gente di coraggio.  C’è  qualcosa di epico, nel popolo americano di Hopper.  Ancor più stare con  la donna nel bar notturno, lui ha sicuramente un revolver in  tasca, perché sta  per compiersi un delitto.

 

 

 

 

Due popoli.  Hopper (più grande) e Canaletto colgono le due essenze dei rispettivi popoli.

So anche come cantava il popolino che sfaccendava sotto i colonnati, che canzoni s’inventava a Napoli –   dove senza saperlo echeggiava la lirica greca

 

E tu durmenno staje,
‘ncopp’a sti ffronne ‘e rosa!
‘O sole, a poco a poco,
pe’ stu ciardino sponta…

Chi si’? Tu si’ ‘a canaria…

Dopo l’orrore estetico e morale di Sanremo,  proporrei un programma di rieducazione: obbligare a   percorrere  il blog di Veneziani per trovare le proprie radici,  e ad  ascoltare le canzoni del popolo, con le voci dei popoli  d’Europa:   da  Massimo Ranieri, a Edit Piaf,  Amalia Rodriquez…

Jacopo Veneziani
@JacopoVeneziani
·
Jan 24
Un dettaglio indimenticabile per chi visita l’Accademia Carrara di Bergamo (
@La_Carrara
) è il velo di polvere che ricopre questi strumenti musicali dipinti da Evaristo Baschenis verso il 1670.

Silenzio e quiete assoluti sposano l’inesorabile scorrere del tempo.