12 settembre 1683: una vittoria da dimenticare.

 

 

 Di luciano garofoli

 

«Gli infedeli spuntarono sui pendii con le loro divisioni come nuvole di un temporale, ricoperti di un metallo blu. Arrivavano con un’ala di fronte ai valacchi e moldavi addossati ad una riva del Danubio e con l’altra ala fino all’estremità delle divisioni tartare, coprivano il monte ed il piano formando un fronte di combattimento simile ad una falce. Era come se si riversasse un torrente di nera pece che soffoca e brucia tutto ciò che gli si para innanzi.»

(Mehmed, der Silihdar, )

 

 

Il Kahlenberg, o Monte Calvo è una splendida colina che sovrasta Vienna e dalla quale è godibile una meravigliosa vista della città.  E’ l’alba quella mattina di settembre quando un cappuccino si appresta a celebrare la messa proprio sopra ad un superbo ed enorme accampamento turco.

Il suo nome è fra Marco d’Aviano ed ha alle spalle una solidissima fede ed un’altrettanto solida voglia di combattere contro i Turchi: qualche anno prima era  addirittura fuggito da casa per cercare di arrivare a Candia e combattere con i soldati della Serenissima contro il nemico ottomano. Il Signore aveva in serbo per lui una vita differente anche se da spendere per combattere i Turchi e fermarne l’avanzata contro le nazioni cristiane d’Europa.

Il suo saio è tutto liso e rattoppato ma lo spirito è quello di un leone indomito che difende la fede cattolica: a vederlo così dimesso  e quasi sembiante uno straccione non si direbbe che quest’uomo sia addirittura il Legato Pontificio ed il confessore dell’Imperatore Leopoldo I di Asburgo.

A lui  SS Innocenzo XI ha affidato l’arduo incarico di mettere d’accordo i principi cristiani nell’allearsi per formare una coalizione che permettesse di fermare l’avanzata turca.

Insieme a lui servono la Santa Messa due personaggi di tutto rispetto un re e suo figlio. Il re è Jan III Sobieski sovrano di Polonia e da poco nominato capo degli eserciti della Lega Santa antiturca, l’altro chierichetto è suo figlio Giacomo.

Il risveglio nel campo turco è piuttosto nervoso: i rinforzi agli assediati sono arrivati e l’unica via è far cadere Vienna prima del loro dispiegamento finale.

Vediamo un attimo cosa era successo prima.

Fra Marco era stato mandato dal papa a predicare in Germania ed aveva riconvertito una marea di protestanti: l’Imperatore Leopoldo lo aveva voluto come consigliere e confessore personale.

Nel 1682 presiedette la solenne celebrazione di ringraziamento per la cessazione della peste che aveva colpito la città, ma nella piazza del Graben, ispirato dal Signore, gridò: ”Vienna, Vienna convertiti, altrimenti verrà su di te un castigo maggiore.”

L’anno seguente il Sultano Mehmet IV, inviò una minacciosa lettera all’Imperatore ed al re di Polonia Jan Sobieski:

“Io ho in animo di invadere la vostra regione. Condurrò con me 13 re … Per schiacciare il vostro insignificante paese. Soprattutto ti comando, o Imperatore, di attendere me nella tua residenza, perché possa tagliarti la testa.”

Quanto a modestia e diplomazia la lettera ne aveva da vendere!

L’idea del’Sultano era quella di creare un secondo impero turco al centro d’Europa con Vienna capitale.

Nel luglio 1683 il Visir Kara Mustafa giunse a Belgrado e la conquistò; nell’avanzare le guarnigioni cristiane venivano massacrate. I Turchi dilagarono in Ungheria e l’Imperatore Leopoldo I, per non essere fatto prigioniero fuggì a Linz.

Le truppe turche arrivate sotto Vienna, trasformarono i sobborghi in un mare di fuoco. La città subì un assedio di due mesi. La popolazione poteva vedere l’immensità dell’accampamento turco ed udire la sera ed il mattino il terribile grido di Allah Akbar.

Padre Marco, su istanza dell’Imperatore Leopoldo I, fu nominato dal Beato Innocenzo XI, Legato Pontificio. La situazione destava grande preoccupazione ed il Papa temeva per la sorte del cattolicesimo e della cristianità in tutta Europa.

Padre Marco raggiunse immediatamente l’esercito della coalizione che era stata promossa dallo stesso pontefice. Contro l’esercito turco forte di 150.000 uomini, i principi cristiani ne potevano schierare a malapena 70.000: austriaci al comando del duca Carlo di Lorena, polacchi guidati dal re Jan III Sobieski soprannominato dai Turchi Leone di Lehistan, tedeschi guidati dai duchi di Baviera e di Sassonia, volontari italiani posti agli ordini delle truppe del principe Eugenio di Savoia, tutti erano coscienti del loro ruolo e del loro gravoso compito.

Come vedete mancavano del tutto i Francesi e gli Inglesi.

I primi si erano addirittura alleati con la Sublime Porta in chiara posizione antagonista nei confronti dell’Austria: tutto sommato la caduta del Sacro Romano Impero Germanico, avrebbe spalancato la porta alla loro egemonia sul continente, dopo che una dinastia francese aveva già sostituito i sovrani spagnoli.

Non so se balza alla vista la miopia di questo disegno e l’inconsistenza assoluta di certe mire. Ma se davvero i Turchi avessero vinto, forse che si sarebbero fermati a Vienna o, secondo i loro piani politici religiosi, sarebbero dilagati in Italia e messo in scacco e cercato di mandare in fumo i deliranti disegni del re di Francia?

Anche loro sempre presi dalla Grandeur pensavano che sarebbero riusciti a controllare e sfruttare le vittorie turche sull’Austria!

Anche oggi qualcuno cerca furbescamente di sgambettare il IV Reich per sostituirsi alla sua egemonia nell’Europa dei mercanti e dei

bankster !!

Forse la storia non ha insegnato niente alla Francia. La mania di primeggiare e di ritenere  gli altri dei semi dementi straccioni non ha mai abbandonato questo popolo che tuttavia tanto ha dato alla storia del mondo.

Gli inglesi, nel loro splendido isolamento insulare, erano pronti a fare affari con un’Europa musulmanizzata , ma alla fine il loro potenziale finanziario avrebbe comunque prevalso e reso dipendente in modo assoluto un Impero che oltre alla “vis religiosa” altro non offriva se non desertificazione e miseria! Quindi fingevano disinteresse e distacco aspettando di vedere come sarebbero andate le cose!|

I capi della coalizione cristiana, al solito, erano divisi ognuno avrebbe voluto essere il capo della coalizione medesima a dispetto degli altri. Il tutto mentre a Vienna si moriva di fame e le sue difese erano sempre più rese inoffensive dalle mine che Turchi facevano brillare sotto i forti e sotto le mura della città. I loro cannoni da assedio erano piuttosto obsoleti e quasi impotenti a scalfire le mura di Vienna: quindi gli ingegneri ripresero quanto avevano fatto con successo durante l’assedio di Candia: minare le mura e farle crollare ed anche a Vienna la tattica stava dando il risultato sperato: gli spostamenti delle truppe avvenivano dentro delle trincee che ne garantivano un ottima protezione.

Padre Marco con la forza che gli era concessa dal divino, dopo aver parlato con l’Imperatore Leopoldo, riuscì nella improba impresa di portare la pace e l’unità nel campo cristiano. Così si esprimeva in un dispaccio inviato al cardinale Cibo Segretario di Stato Vaticano:

“ Due volte composti e sedai il re di Polonia, altissimamente disgustato et indussi ad affrettare la marcia più di una settimana. Col Divino aiuto potei aggiustar moltissime e gravi differenze insorte nei primi capi dell’esercito.”

 

Poi, scrivendo all’Imperatore, affermò:

”… Ebbi tanta grazia di Dio da sollecitare il soccorso di almeno 10 giorni di quello che sarebbe conseguito; che essi soli cinque giorni fusse tardato, sarebbe forse caduta Vienna nelle mani dell’inimico”.

L’otto settembre, festa della Natività di Maria, l’esercito cristiano nella pianura di Tulnn si fermò per una giornata di preghiera. Una cosa del genere non si era mai vista prima: Jan Sobieski, il re polacco, scrisse alla moglie:

“Padre Marco ha celebrato la messa con molta devozione; ha tenuto un infiammato discorso; c’è chiesto di avere molta confidenza in Dio e nella Madonna, impartì la sua benedizione, facendoci ripetere più volte: Gesù! Maria!”

Alle prime luci dell’alba del 12 settembre 1683, padre Marco, celebra la messa sulla collina del Kahlemberg, messa che come abbiamo già detto viene servita dal re di Polonia e da suo figlio Giacomo. I paramenti usati per questo rito, sono ancora conservati a Rizzios di Calalzo in Cadore, ovviamente del tutto ignorati dimenticati. Certi avvenimenti e reliquie è meglio che cadano nell’oblio bisogna vergognarsene e chiedere scusa ai nemici della cristianità per essere stai così insulsi e feroci! La stessa sorte tocca alla vittoria sui protestanti ottenuta da Wallenstein alla Montagna Bianca oppure all’immagine della Madonna sfregiata dagli stessi protestanti e conservata a Santa Maria delle Vittorie a Roma. È quasi assurdo ma oggi ci si vergogna di certe vittorie cristiane volute e benedette da Dio.

Al rito seguì l’assoluzione e la distribuzione dell’Eucarestia ai comandanti cattolici, i protestanti furono comunque benedetti da Padre Marco che, ricordiamolo, era il Legato Pontificio.

Seguì la recita di una commovente preghiera da lui stessa composta.[1]

Quando parte la battaglia inizia con lo scontro tra i rinforzi arrivati in soccorso degli alleati ed i Turchi: Questi hanno un presentimento fortissimo o riescono a far cadere Vienna o il loro destino  è segnato.

Quindi cercano di concentrare le loro forze migliori sull’assalto delle mura. Queste unità di élite sono i Giannizzeri: giovani infedeli che vengono convertiti all’Islam ed allevati da piccoli all’arte della guerra. La fretta fa loro perdere lucidità e le truppe della Lega Santa guidate da Carlo di Lorena attaccarono i Turchi che si trovarono a doverle  fronteggiare con truppe stanche, falcidiate dalla dissenteria, ma soprattutto molto depresse dalle notizie dell’arrivo di forze fresche, anche se esigue, rispetto ai trecentomila soldati ottomani che stavano arrivando in aiuto degli assedianti. Kara Mustafa ancora una volta rinunciò ad ingaggiar battaglia in maniera massiccia sperando di riuscire a entrare in Vienna in extremis, lasciando così altro tempo alle forze cristiane di ultimare il dispiegamento.

Se i Giannizzeri erano il fiore all’occhiello dei Turchi, i Polacchi possedevano una arma potentissima gli Ussari Alati.

Il termine Ussaro deriva infatti dall’ungherese Huszàr, il quale è una derivazione del serbo Gusar, letteralmente “pirata”. Essi nascono come corpo di cavalleria leggera  ma con la riforma dell’esercito polacco voluta dal re Stefano I Báthory, già voivoda (principe) di Transilvania,  completa il tutto intorno al 1590, portò alla definitiva creazione degli Ussari alati, amalgamando il vecchio modello di Ussari con la cavalleria pesante per creare un corpo d’élite cui accedevano ormai non più guerrieri fuoriusciti ma i membri della nobiltà polacco-lituana, gli szlachta. Fu sempre durante il regno di Báthory che vennero apportati significativi cambiamenti all’armamentario degli Ussari; proprio in questo periodo infatti si diffuse l’uso di pesanti spade ricurve basate sul modello della scimitarra, le Batorówke da cui svilupparono successivamente le szable (sciabole). Le ali erano una sovrastruttura di legno ricoperta di piume che mosse dal vento, infatti, emetteva, vibrando, un rumore capace di spaventare i quadrupedi del nemico. Erano dotati di una lunga lancia e di potenti spade che permettevano l’offesa una volta che la lancia esaurito il suo compito doveva essere abbandonata. I cavalieri erano protetti da una pesante e lucente corazza che  conferiva loro una luce particolare e psicologicamente colpiva molto gli avversari.

Padre Marco piazzato sulla sommità della collina del Kahlemberg, come novello Mosè, pregava instancabilmente e levava alto il crocifisso verso il luogo dove maggiormente si manifestava il pericolo per le armi cristiane.

La battaglia andò avanti furibonda e caotica fino al pomeriggio: a quel punto Jan Sobieski vedendo che l’esito cominciava ad essere favorevole alle armi cristiane ruppe gli indugi.

Dio suscitò contro i Turchi una legione di angeli in vesti sfavillanti e bianchissime essa assunse le sembianze materiali degli Ussari alati polacchi.

All’improvviso i Turchi udirono un suono cupo che andava aumentando come qualcosa che ritmicamente colpisse il terreno: era il rumore degli zoccoli dei tremila cavalli degli Ussari polacchi.

A questo si aggiunse un urlo potente e per loro insopportabile: i cavalieri gridavano a squarciagola Gesummaria come ordinato da Padre Marco. Un urlo lancinante e poi quasi dal nulla una marea di luce cominciò a scendere impetuosa sui declini del Kahlemberg. La sua avanzata era irrefrenabile e si stava dirigendo proprio contro l’accampamento turco, saltava fossati, superava trincee ed alla fine irrimediabilmente penetrava sempre di più nel cuore dell’accampamento, come un coltello in un panetto di burro.

Jan Sobieski era, insieme al figlio Giacomo, davanti a tutti i suoi Angeli alati e puntava a raggiungere la famosa tenda turca di Kara Mustafa:  superò di slancio anche l’ultimo fossato che la circondava per difenderla. Il terrore si impadronì del Gran Visir che fece precipitosamente suonare la tromba della ritirata: più che una ritirata fu una vera e propria la rotta totale!

Ed il potentissimo esercito turco abbandonò tutto: tende, armamenti, vettovaglie persino quintali di caffè ed anche le ingenti ricchezze frutto dei saccheggi e delle ruberie precedenti che si portava gelosamente appresso.

Il numero dei cristiani morti fu basso circa duemila, ma nel campo turco le perdite furono ingenti circa quindicimila  molte dovute alla confusione ed al panico che seguì l’assalto delle armate della Lega Santa.

Il grido Gesummaria risuonava come un potente colpo di maglio fin dentro l’accampamento nemico, rimbalzava oltre le mura di Vienna e veniva  urlato dalle truppe del Duca Carlo di Lorena!

A Roma le campane suonavano a festa per tre giorni: il ricordo dell’evento papa Innocenzo XI estese a tutta la Chiesa la festa del Santo Nome di Maria.

Il re di Polonia Jan Sobieski scrisse al pontefice: “Venimus, Vidimus et Deus vicit”. Lo stesso padre Marco fu convinto che la vittoria era stata un miracolo: niente è impossibile a Dio!

Cosa ancora più toccante: mentre i comandanti ed i re cattolici cantarono il solenne Te Deum nella cattedrale di Santo Stefano nella Vienna liberata, padre Marco si ritirò nella chiesa dei Cappuccini per pregare per i soldati caduti cristiani e musulmani vittime loro malgrado della violenza bellica.

A Vienna c’è un monumento dedicato al lui raffigurato con il Crocifisso alzato tra le mani: “A padre Marco d’Aviano, anima della liberazione di Vienna. 12 settembre 1683.” Ciò è scritto sul cippo del monumento.

Dopo questa vittoria le “campane dei Turchi” che suonavano a stormo per mobilitare le risorse militari e civili dell’impero asburgico, tacquero per sempre!

Papa Innocenzo XI fu beatificato da Pio XII nel 1956: forse con le nuove teorie vaticane si chiederà presto ai Turchi scusa e si provvederà a cancellare qualsiasi traccia storica di questa meravigliosa e miracolosa vittoria, ottenuta grazie ai santi nomi di Gesù e Maria!

luciano garofoli

[1] Ecco il testo integrale della Preghiera composta da Padre Marco per ottenere da Dio il dono della Liberazione  e della Pace:

 

O Grande Dio degli eserciti. Guarda a noi prostrati a i piedi della Tua Maestà per implorare perdono delle nostre colpe. Abbiamo provocato la Tua ira e giustamente i nostri avversari hanno preso le armi per opprimerci.

O Gran Dio, Ti domandiamo perdono dall’intimo del cuore e detestiamo il peccato … Abbi pietà di noi, abbi pietà della Chiesa che la rabbia e la potenza degli infedeli vogliono opprimere.

Sebbene l’invasione di queste belle terre cristiane sia avvenuta per colpa nostra ed i mali che ci affliggono siano causati dalla nostra malizia, buon Dio, sii a noi propizio e non dimenticare l’opera delle Tue mani. RicordaTi che per strapparci alla schiavitù di Satana hai versato tutto il Tuo prezioso Sangue. Non permettere che gli infedeli si vantino e ripetano:dove è il loro Dio. che non ha potuto liberali dalle nostre mani?

Vieni in nostro aiuto, gran Dio degli eserciti. Se Tu sei con noi, non potranno nuocerci.

Allontana le genti che vogliono la guerra. Da parte nostra Lo sai: non amiamo altra cosa che la pace, pace con Te, con noi e con il nostro prossimo. Conforta con la Tua grazia il Tuo servo e nostro Imperatore Leopoldo; conferme il coraggio del re di Polonia , del duca di Lorena, dei duchi di Baviera e di Sassonia e di questo bell’esercito cristiano pronto a combattere per l’onore del Tuo Nome, per la difesa e la propagazione della Tua santa fede. Dona ai principi e capi dell’esercito e da tutti lo Spirito di Giosuè, la sagacia di Davide, la buona fortuna di Jefte, la fortezza di Gioab e la costanza di Salomone, affinché dimostrino al mondo intero che Tu hai la stessa  potenza che hai rivelato nel passato.

Fa’ che tutto avvenga a Tua gloria ed onore ed a salvezza delle nostre anime. Considera la loro fede; credono in Te, tutto sperano da Te, Ti amano sinceramente, di tutto cuore. Di nuovo Te lo chiedo con una santa benedizione che io do loro da parte Tua, confidando nei meriti del Tuo Sangue prezioso nel quale pongo tutta la mia speranza che Tu voglia esaudire la mia preghiera.

Se la mia morte può essere utile per ottenere loro la grazia, oggi o mio Dio, la offro a Te volontariamente come offerta. Se devo morire , sono contento.

Libera dunque la armi cristiane dai mali che le affliggono. Fa’ conoscere ai Tuoi nemici che non c’è Dio fuori di te. Tu solo sei potente nel dare e negare la vittoria e d il trionfo, quando Ti piace.

Stendo le mie mani come Mosè per benedire  i Tuoi soldati. Sostienili: da’ ad essi la Tua potenza, affinché questa porti la sconfitta  dei nemici Tuoi e nostri.

A gloria del Tuo Nome. Amen

Parole stupende e commoventi!