CINA: ATTENTI, LA FARSA E’ FINITA

Danilo Fabbroni

Fino a pochi giorni fa anche il più scaltro affezionato al Bar dello Sport sottocasa poteva quasi ignorare l’esistenza del ‘pianeta’ Cina. Da sabato, primo dicembre 2018, il giorno del clamoroso arresto di Sabrina Meng Wanzhou[1] – direttore finanziario del colosso ‘telecom’ cinese nonché, cosa di non poco conto, figlia del fondatore della holding in questione – tutto è mutato in un batter baleno. La bomba mediatica al pari delle bombe d’acqua monsoniche ha trasformato l’entità Cina nella cosiddetta notizia di prima pagina. Eppure tanto alla casalinga di Voghera quanto all’avventore del Bar dello Sport intento a giocar a boccette ed a tressette l’orrendo pasticcio in salsa canadese avrebbe dovuto in qualche modo essergli (purtroppo) familiare giacché dappresso – proprio qui da noi – niente meno che a Milano, il 17 febbraio 2013, una non tanto dissimile brutalità accade quando fu rapito l’Imam Abu Omar con un’operazione di extraordinary rendition condotta da forze speciali americane in combutta con quelle nostrane dietro mandato del governo americano. In Canada è successa una cosa assai similare.

La Cina – la definiamo impropriamente quale ‘pianeta’ proprio per una certa sua peculiarità che la rende all’apparenza un’entità a sé stante, quasi avulsa dal contesto geopolitico usuale: costituisce un vero e proprio enigma,[2] oggi come oggi.

Se esistesse un Giano ‘multifronte’, per così dire, al posto del noto Giano Bifronte questi sarebbe senza ombra di dubbio il pianeta Cina. Un essere, un conglomerato, una miriade di sfaccettature non sempre però concordanti tra di loro. Anzi, tutto il contrario. Da qui la sia indecifrabilità di cui parlavamo poc’anzi. Indecifrabilità che è più dell’oggi che di ieri o dell’altro ieri. Proviamo a mettere a fuoco la questione, seppur nei limiti di un articolo.

L’universo Cina è tanto più ‘spaesante’ se l’andiamo a considerare attraverso la consunta, logora, filigrana che appartiene all’immaginario ed alla memoria collettiva e cioè quella collegata a decenni passati in cui ebbe luogo e sostanza il plateale incontro tra Mao Tse Dong e Nixon, propiziato ed officiato sotto la pratica della magia politica di Henry Kissinger.[3]

I due opposti estremismi, perché di questo si trattava – allora, a quei tempi – si toccavano, convergevano come i due errori contrapposti di cui accennava, non a caso, quella mente raffinatissima (sic!) che risponde al nome di René Guénon.

Del resto non fu lo stesso Guénon che col suo acuminato elucubrare nel suo La grande triade diede la summa del fondamento identico nonché dell’unità d’intenti di tutti gli esoterismi partendo dai filoni primigenî iniziatici tanto nell’Estremo Oriente quanto nell’Estremo Occidente? Guénon, novello San Tommaso à rebours – al contrario, invertito di senso – appartenente alla sponda opposta della Santa Chiesa Cattolica Romana, dicasi senza veli alcuni, la Confraternita Mondialista Massonica, ‘giocò’ questo ruolo, quello di unificatore, sincretico, di tutti i punti cardinali esoterico-iniziatici.

Ai pochi, ai rari nantes – ci si consenta il gioco di parole col detto del Grande Timoniere, Mao Tse Dong, che considerava i rivoluzionari come pesci nel mare – è dato sapere che il cuore pulsante dell’establishment americano, ma sarebbe meglio dire anglo-americano-israelita, abbia avuto una sede distaccata della onusta Università di Yale[4] proprio in Cina e che l’O.S.S. – l’antesignano della odierna C.I.A. – ebbe salde radici, di nuovo, in Cina.[5] Altrettanto nota dovrebbe essere la fortissima componente maoista che avvampò una parte considerevole del nefasto tourbillon sessantottino. Quindi in epoca di Guerra Fredda i nodi gordiani di convergenza tra l’Impero talassocratico capitalista americano (ma non solo dicevamo…) e l’Impero di Mezzo cinese a carattere comunista non erano certo pochi, tutt’altro, a dispetto delle supposte divergenze ideologiche. Niente invero d’estremamente sorprendente né nuovo davvero: succedeva l’identica cosa, colla medesima prassi tra USA/GB ed URSS di allora.[6]

Ma è l’oggi che sconcerta: è il qui ed ora che spiazza. Proprio quando la Cina sembrava pararsi millimetricamente allineata ai diktat sovrani della dittatura globale mercantilistica (lo dimostra ampiamente fra i tanti accadimenti la sua contiguità al G20 come al WTO solo per citarne alcuni) l’immagine di ripresa, come se osservassimo da un satellite spia, dell’Impero di Mezzo coevo va fuori fuoco, traballa, si frantuma in mille pezzi non collimando più coi dettami delle élites tecno-finanziare iniziatiche dell’Occidente. Difatti la discrasia imponente tra Impero di Mezzo post-post-maoista (l’era Xi Jinping) ed Estremo Occidente su alcuni capisaldi che inequivocabilmente vanno contro l’altra metà del cielo dell’universo capitalista-mercantile. Ne elenchiamo qui di seguito alcuni cominciando dal più saliente, la politica anti-carestia. Ma per farlo dobbiamo fare un passo indietro qui da noi, indietro sino ai primi anni Settanta. Allora dai sommi ‘centri iniziatici’ (rubiamo le parole di nuovo al Guénon) dell’Estremo Occidente si elaborò attraverso le marionette biancovestite del Massachusetts Institute of Technology combinate con le algide figure blu doppiopettovestite del Club di Roma (propaggine ancora una volta tra gli ambienti altolocati FIAT ed alcuni pensatoi anglo-statunitensi) l’annuncio della progressiva Era della Carestia, l’austerità globale incombente, sorta di Capitale auto-critico, quindi una via portentosa sulla strada suicida del depopolazionismo conseguente a tale folle teorizzazione, della denatalità forzata, dell’eco-idiozia chiamata Ecologia Profonda, su su (verrebbe da dire: giù giù…) finanche all’apologia dell’eutanasia e compagniabella, con evidente contorno dell’epidemia drogastica che fa gioco…

Tutto ciò fino ai giorni nostri in cui l’Ideologia della Carestia, della Crisi Perpetua (non solo economica ma anche e soprattutto etica), del Culto del Regressismo Suicida è divenuta la Norma e non l’eccezione.

Di converso nella fase ultima cinese, concretizzata da Xi Jinping, il target è esattamente, diametralmente opposto e cioè quello, chiamiamolo così, ‘sviluppismo’, anche condotto a tappe forzate, di cui prova tangibile la si rileva in crescite di PIL anche per anni consecutivi a ben due cifre. La Cina da tempo non è più non solo il Paese in cui veniva negata (la memoria fa al folle, disastroso, iper-nichilista, olocaustico, ‘Gran Balzo Avanti’ varato da Mao che produsse milioni di morti in una carestia che forse è la più grande della storia umana) anche una mera ciotola di riso piena a metà alla stragrande maggioranza della popolazione: l’obiettivo è ed è stato di dar da mangiare a tutti. Un’autentica eresia per la volontà predatoria, sopraffattrice, necrofila che alberga in seno alle élites iniziatiche tecno-finanziarie occidentali.[7]

Un altro fattore da considerare e che fa a pugni con la Volontà di Potenza nichilista dell’Estremo Occidente è la clamorosa scelta cinese di irridere l’eco-idiozia ecologica a carattere patologico-maniacale forzando i tempi ed i metodi del proprio progresso industriale a dispetto di ogni e qualsiasi pedaggio, rinculo inquinante, totalmente, visceralmente  anti-green, anti-ecologico.

Ciò equivale a bestemmiare in chiesa per i fanatici aficionados dell’Ecologia del Profondo: leggi profondo come l’Abisso, come la Foiba, in cui agognano di far precipitare malthusianamente il genere umano (colla debita eccezione di Lor Signori).

Un’altra viscerale virata controcorrente, contromano, rispetto alla Tavole della Legge  nichilista occidentale è il ricorso in Cina – pur se in maniera non univoca – ad una tipologia di produzione industriale a precipuo carattere Old Economy in totale contrasto quindi alla spaventosa, deleteria, suicida, finanziarizzazione estrema dell’economia avvenuta in Occidente, mossa questa che ha consentito alle élites tecno-finanziarie iniziatiche di attuare un vero e proprio golpe globale, impossessandosi di tutti e di tutti. Per non parlare poi della finanza derivata che null’altro è che un riciclaggio – casinò globalista – in scala mondiale dei proventi del crimine organizzato a braccetto coi colletti bianchi d’alto bordo.

Un ennesimo elemento da citare è senza dubbio quello del dirigismo statale che così tanto ha concorso al successo strepitoso, planetario, dell’economia cinese facendole raggiungere vertici econometrici inauditi. Inutile quasi dire che ogni e qualsiasi accenno ad una benché minima partecipazione statale nella vita economica è fumo negli occhi, vetriolo sulla faccia, nei maghi alchemici, nei Superiori Incogniti, delle conventicole iniziatico finanziarie d’Occidente.

Ultimo ma non il meno, anzi, elemento non per nulla sottaciuto, la ferma, rigida, politica cinese contro la filosofia e la pratica drogastica che ha ridotto da noi una significativa purtroppo massa di persone in residui psichici, in larve psichiche. Esattamente il contrario di quanto accade da noi a partire da quel rito fondativo del ‘drogasmo’ sdoganato per le masse che fu l’abbietto Sessantotto, sino ai giorni nostri della Società Aperta (alle droghe d’ogni genere) di stampo sorosiano.

Tutto ciò non vuol apoditticamente affermare che l’enuclearsi attuale dell’Impero di Mezzo costituisca in qualche guisa una sorta di Katechon, una barriera eretta a fermare l’irruenza mortale del Dominio Reale del Capitale Apocalittico Tecno Finanziario: basterà ricordarsi che ogni culto religioso che sia avverso è severamente osteggiato in Cina, tanto quello della Falun Gong (di chiare ascendenze di quel Tibet profondamente taoista-iniziatico in consonanza colle bestialità di marca occidentale[8]) quanto quello, purtroppo per noi, della Chiesa Cattolica. Semmai è nell’altro baluardo così inviso non a caso alla dementia precox occidentale, la Russia ortodossa di Putin, che si potrebbe scorgere la potenzialità d’incarnarsi in una forma neo-catechonica attuale.

Il magma-Cina, come si diceva all’inizio, presenta innumerevoli tagli quanti ne può avere una pietra preziosa particolarmente elaborata, sfaccettata. Ci sono molte luci e molte ombre. Da un conto verrebbe da constatare che l’eclatante  varo del più che grandioso progetto cinese One Belt One Road, null’altro che una novella Via della Seta di antica memoria, è anch’esso e soprattutto esso uno scacco matto a quell’Estremo Occidente il quale ha fondato la sua arroganza, pervicace, barbarica, piratesca,[9] supremazia sul dominio dei mari – talassocrazia pura -: One Belt One Road congiungendo il cuore della Cina col cuore dell’Europa è tutta basata su un dispiegamento terrestre e non marino.

Certo è vero, inconfutabile, che è all’opera anche la Cina delle Spratly – sorta di arcipelago che mima in una certa misura le movenze talassocratiche occidentali – ma più, riteniamo noi quale risposta cautelativa piuttosto che dato di una convinzione che questa sia la strada maestra del futuro.

Ciò che preoccupa è invero la propaggine, l’eredità funesta di quello scenario cinese che fu frutto della longa manus occidentale: prova provata fu la situazione di Shangai illo tempore che anticipò di gran lunga, pari pari, quanto sarebbe poi accaduto funestamente nella Chicago degli anni Trenta ove si ebbe la saldatura strettissima tra alta finanza cosmopolita e malavita organizzata.[10] È quel retaggio da cui una Cina libera, sovrana, genuinamente identitaria, in maniera autoctona, deve disfarsi, liberarsi da quell’esiziale giogo occidentale. È da questo che deve scampare.

Stiamo parlando di scampare ad esempio da Jim O’Neill[11] che «dopo aver lasciato il vertice di Goldman Sachs, dove era presidente dell’Asset Management […] si è preso un periodo di pausa […] gira il mondo per studiare e tenere conferenze. A Pechino fece visita con gli “Young Icebreakers”, gli eredi del gruppo di 48 imprenditori e industriali britannici che 60 anni fa sbarcarono a Pechino per fare affari, nonostante il governo comunista fosse sotto embargo [corsivo nostro]. Quindi O’Neill nel futuro e nel presente della Cina continua a crederci».[12] Come si vede c’è un ottimismo lampante. Non si stenta a dubitare di questo ottimismo. Tanto più che tale speranza in un futuro radioso di alba socialista si basa su una forte devozione verso «una schiavitù terribile»[13] come racconta il cinese Yan che «rompe l’omertà, sfruttato dai [suoi] connazionali»: «Prato, Firenze. Una parola, due, la bocca che trema, la gola secca per la tensione. Minuti di pausa e sudore. Poi Yan il clandestino ha iniziato a parlare. Si è alzato dalla sedia e in cinese al traduttore ha raccontato quei giorni terribili di sfruttamento nella fabbrica fantasma gestita da un gruppo di connazionali: diciotto ore al giorno di lavoro in nero, dal lunedì alla domenica, dalle 7 del mattino sino all’una di notte, per circa un euro all’ora.  E poi sei ore di sonno in luridi giacigli, sempre nel laboratorio prigione. Si è pure infortunato, Yan, quando sfinito, è caduto sui macchinari del laboratorio alla periferia di Prato rimanendo gravemente ustionato».

Un altro spaccato: «Il quartier generale dell’Unità 61398 dell’esercito di Liberazione Popolare. Nome in codice: Apt1, Advanced Persistent Threat. Pechino. Il rapporto sembra il copione di una spy story hollywoodiana.  Il covo dei “cattivi” è un palazzo di dodici piani alla periferia di Shangai;[14] nome in codice Apt1 […] vale a dire Minaccia Persistente ed Avanzata […] dietro il piano ci sarebbe l’esercito rosso, vale a dire le forze armate cinesi. Ma secondo il “New York Times” e la società di sicurezza informatica americana Mandiant non c’è fiction in questa storia, solo dati. E i dati dicono che gli hacker che da sei anni stanno cercando (e riuscendo) a introdursi nei computer dei governi, gruppi industriali e giornali dipendono direttamente da Pechino. […] Mandiant sostiene che in quel palazzo […] potrebbero lavorare “centinaia o anche migliaia di tecnici con connessioni in fibra ottica ad alta velocità di tipo militare fornite da China Mobile, il più grande gruppo telecom al mondo».[15]

Uno spaccato invece tutto nostrano riportato dal sito di Enrico Caria: «La camorra incoraggia Tremonti: “i cinesi” soci perfetti”. Amano i nostri rifiuti tossici, gradiranno anche i nostri titoli spazzatura. Mettere una bella fetta del nostro debito pubblico nelle grinfie del dragone Rosso? C’è chi storce il naso. Gli imbecilli. Chi se ne intende invece è entusiasta. Stiamo parlando dei clan napoletani che da anni contrabbandano ogni sorta di rifiuto tossico in partnership con le Triadi cinesi e si trovano benissimo. […] Qualche numero: 2 milioni di tonnellate il traffico illecito di rifiuti nel 2010, pari ad oltre 82 mila camion pieni di spazzatura (contenenti cromo esavalente, mercurio, arsenico e quisquilie simili)».[16]

Di nuovo all’estero: Nel dicembre del 2011, il signor Wei Jiafu, presidente della maggiore compagnia marittima commerciale cinese, la China Ocean Shipping Co. (COSCO) ha annunciato che la sua compagine era in trattative per l’acquisizione di un porto di grandi dimensioni nella costa Est degli Stati Uniti oppure nel Golfo del Messico. Si suppone che nel mirino ci fosse il porto di Baton Rouge, cioè il porto di New Orleans … niente di meno! La cosa potrebbe essere favorita dal fatto che lo stato della Louisiana sotto l’articolo 7, sezione 14 della costituzione prevede accordi cooperativi nel caso di infrastrutture. In parole povere: apertura all’entrata di capitali stranieri in porti ed aeroporti, ad esempio.[17] Giustamente il giornalista Jenkins fa notare che da sempre i porti hanno costituito un punto d’appoggio perfetto dell’aurea catenaria su cui si basa ogni rete dei servizi segreti.

Ecco, sono questi gli spezzoni, i tronconi, di un mosaico nefasto, di conio occidentale che la Cina deve ripulire, spazzandoli via, prima, molto prima, di spazzar via la coltre nebulosa di smog e d’inquinamento che insiste a centinaia di metri sopra il cielo di Pechino ed altrove.

Hic Rhodus Hic Salta.

Riteniamo altamente significativo, per tornare all’apertura di questa disamina, analisi, che l’arresto della capataz di Huawei sia avvenuta in terra canadese ove almeno un tempo le Triadi cinesi hanno trovato una particolarissima, floridissima, ‘second life’, reale, realistica: la real politik gialla dell’Impero di Mezzo deve decidere alfine se il suo Mah Jong – il suo peculiare gioco di dadi – sta dalle parti delle antiche, iniziatiche, Triadi, contigue al maoismo di allora quanto ai perversi sogni necrofili dei corrotti, nihilisti, Olimpici d’Occidente oppure sta dalla sponda di una minima funzione catecontica d’oggi.

Non è più tempo di assidere lungo le famose rive di quel fiume. Mao Tse Dong è morto da tempo e con lui la sua ombra distruttrice, olocaustica. Finito il tempo in cui il suo bolso corpo veniva traghettato de facto da sommozzatori celati sotto di lui per far finta che lui potesse davvero guadare il fiume Yang Tse. Il tempo della Farsa sta chiudendo il sipario.

Altrimenti, rien ne va plus.

 

 

 

 

[1] Cfr. https://www.scmp.com/video/china/2176644/huawei-cfo-sabrina-meng-wanzhou-daughter-founder-arrested-canada-request-us in “South China Morning Post”, online del 1° dicembre 2018.

 

[2] Si ha poca contezza che in pratica, fattivamente, non esiste o perlomeno ne esiste in misura scarsissima, documentazione sia a livello accademico che in quello più prosaico della rete, della vera natura del rapporto tra l’Impero di Mezzo, la Cina ed Israele. Cosa inaudita tanto più che un ‘bilanciamento di potere’ deve comunque sussistere considerando questi due centri dotati di immenso potere a livello globale a tutto campo. Ne ha parlato, con lodevole eccezione, un po’ ma con toni sommessi un’autorevolissima voce (sic!) come Giancarlo Elia Valori oppure uno specialista di intelligence come Giuseppe Gagliano. Ne hanno dato un’interessante analisi due studiosi francesi in un testo non tradotto da noi supplendo al lemma Israele con quello USA nel loro studio La Chine contre l’Amérique. Le duel du Siècle, a firma di Daniel Franchon e Daniel Vernet per i tipi di Grasset, Parigi 2012. Poca sostanza comunque vista l’enorme magnitudo della problematica in questione.

[3] Non si creda che quella liaison sino-americana, parto diretto dal Mago Nero Kissinger, sia caduta nel vuoto nei decenni successivi: l’esistenza di una lobby cinese potentissima in seno alle alte sfere dell’establishment statunitense è riferito in maniera mirabile e puntuale da un libro, ca va sans dire mai tradotto da noi, in cui è chiarissimo il servilismo del clan Clinton nei confronti di vari tycoon cinesi. Cfr. Year of the Rat. How Clinton Compromised U.S. Security for Chinese Cash, Edward Timperlake con William C. Triplette II, Regnery Publishing, Inc., Washington 1998. Tutto ciò rende ancor più oscuro ed indecifrabile quanto sta avvenendo in questi tempi più vicini a noi.

[4] Una sommaria e basica ricerca sulla rete conforta quanto stiamo scrivendo: https://en.wikipedia.org/wiki/Yale-China_Association. Come al solito niente di segreto, niente di inarrivabile: tutto è scritto alla luce del sole: basta cercare.

[5] Maochun Yu, OSS in China. Prelude to Cold War, Naval Institute Press, Annapolis 1996.

[6] Cfr. Charles Levinson, Vodka & Cola, Gordon & Cremonesi, Seattle 1978. Plausibilmente non sarebbe stato possibile, tanto per citare un esempio tra i molti, il sorgere della fabbrica FIAT – Togliattigrad – senza l’evidente placet dell’ala americana capeggiata da Henry Kissinger, compagno di merende di Gianni Agnelli.

[7] Vedi gli opportuni articoli sul tema pubblicati su questo sito nelle settimane passate a firma di Luigi Copertino.

[8] Kenneth Conboy, James Morrison, Cia’s Secret War in Tibet, University Press of Kansas 2002.

[9] Carl Schmitt ha avuto l’indubbio merito nel suo ammirevole Terra e mare, Adelphi, Milano 2002, di indicare gli inglesi come i primi – malvagi – iniziatori in assoluto del concetto e soprattutto della messa in pratica del terrorismo, della guerra avente obiettivo la popolazione civile, tramite l’impiego di marmaglia, i cosiddetti schiumatori del mare, i bucanieri che si accanivano contro le navi non militari, civili dunque, di Stati stranieri, saccheggiandole, depredandole, massacrandone gli equipaggi.

[10] «Nel 2009, tra l’inizio dell’anno e il mese di agosto, sono arrivati al porto di Napoli dalla Cina 240.000 container. “Mille al giorno […] collocati nel terminal Conateco. […] In un certo senso anche questo è territorio cinese: il terminal Conateco dal 2002 è di proprietà di una S.p.a. formata da Cosco, l’armatore cinese di Stato, insieme alla MSC, altro gigante del settore navale, con sede legale in Svizzera ma creato da un armatore campano. Insomma il più grande armatore cinese ha comperato una fetta del porto di Napoli […]. D’altronde, cosa ci sia dentro i container […] non è questione che riguarda chi gestisce il terminal, ma è argomento delle dogane»,  I.M.D., Dragoni e lupare. Immigrazione e criminalità cinese in Italia tra realtà e leggenda, Dario Flaccovio editore, Palermo, 2011, pp. 75, 76.

 

[11] «[…] un banchiere di relazioni straordinarie, soprattutto in Cina», Luigi Bisignani, Paolo Madron, L’uomo che sussurrava ai potenti, Chiarelettere, Milano 2013, p. 174.

[12] La Cina e i dati sul PIL che frena ancora. “L’Occidente si fidi, non ci sarà un crollo”, Guido Santevecchi, “Corriere della Sera”, 16 luglio 2013, p. 14; Cfr. anche Concorrenza sleale dei cinesi in Italia, www.cobraf.com, 8 luglio 2013.

[13] Sfruttato dai miei connazionali, Marco Gasperetti, “Corriere della Sera”, online, 8 marzo 2013.

[14] «Shangai nei primi decenni del secolo XIX vedeva un traffico d’oppio assieme a quello della morfina e dell’eroina pari a sei milioni di dollari americani al mese», Frederic Wakeman Jr., Policing Modern Shangai, in “The China Quaterly”, N° 115, Sep., 1988, Cambridge University Press on behalf of the School of Oriental and African Studies, p. 416, http://www.jstor.org/stable/654864, accesso del 17 settembre 2013.

[15] Il “New York Times” dimostra che dietro la guerra informatica c’è una regia politica. Il covo dei “pirati della Rete” cinesi, Guido Santevecchi, “Corriere della Sera”, online, 20 febbraio 2013.

[16] La camorra incoraggia Tremonti: “I cinesi? I soci perfetti”, Enrico Caria, www.enricocaria.wordpress.com, accesso del 18 settembre 2011.

[17] Woody Jenkins, China’s Dangerous Plan to Acquire Our Ports, www.citizens4freedom.com, 13 maggio 2012.