30 mila anni fa già macinavano l’avena

VENERDI’ 18 SETTEMBRE 2015 ore 17.30

SPAZIO MOSTRE ENTE CRF VIA BUFALINI, 6 FIRENZE

In collaborazione con la Soprintendenza Archeologica della Toscana

 

Bilancino, trentamila anni fa. Un villaggio di casupole sulla Sieve, zona quasi lacustre, di canneti e boschi ricchi di selvaggina. La farina più antica del mondo è nata qui, in Mugello, nel cuore della Toscana. Ed è da questo spicchio di terra oggi ricoperta proprio da un lago artificiale (quasi per paradosso storico) che gli studiosi sono convinti sia nata l’antenata della nostra dieta mediterranea. La scoperta rivoluziona le conoscenze sugli uomini del Paleolitico e sulla loro alimentazione.

Presentata a Palazzo Strozzi Sacrati durante l’incontro “La prima farina in Toscana – Alle origini dell’alimentazione” , la ricerca è stata condotta grazie al sostegno della Regione e della Fondazione Ente Cassa di Risparmio di Firenze e si inserisce nella cornice di Expo 2015.

Una storia di 30 mila anni fa, pieno paleolitico, che ha per ambientazione Bilancino, dove un gruppo di homo sapiens ebbe un suo insediamento temporaneo. Il primo input per la scoperta arriva negli anni 1995-1996, prima che la zona finisse sott’acqua. Un gruppo di ricerca archeologica, guidato da Biancamaria Aranguren della Soprintendenza Archeologica della Toscana in collaborazione con Anna Revedin dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, rinviene pietre a forma di macina e mortaio e alcuni pestelli. Segno che in quella piccola comunità preistorica non si viveva di sola caccia.

Le archeologhe decidono di non lavare i reperti come si fa di solito e analizzarli al microscopio e al carbonio 14, metodo che viene applicato anche ai carboni del focolare ritrovato sul posto. I test sono sorprendenti: sulle pietre ci sono tracce di amido. Per la precisione, si scopre fra il 2005 e il 2007 grazie ad analisi condotte dal Dipartimento di Biologia Vegetale dell’Università di Firenze, ci sono micro granuli di Typha (Tifa), detta anche stiancia o mazza sorda, una pianta palustre da cui si ricavano gallette e farinate ad alto valore nutritivo.

“Una scoperta che rivoluziona le conoscenze sull’alimentazione umana – sottolineano Aranguren e Revedin – perchè finora era opinione corrente che le popolazioni nomadi di cacciatori-raccoglitori del Paleolitico superiore fossero essenzialmente carnivore. Il rinvenimento a Bilancino di un macina e di un macinello-pestello datati al C14 a 30 mila anni fa e la presenza su di questi di granuli di amido, rappresentano la più antica testimonianza diretta non solo dell’uso alimentare delle piante ma soprattutto di una vera e propria “ricetta” per la preparazione di un cibo di origine vegetale.”

La Tifa è una pianta palustre molto comune, dalle sue foglie si ricavavano fino a pochi anni fa fibre per l’intreccio di corde, stuoie e “sporte” ecc., mentre i rizomi erano utilizzati a scopo alimentare in molti paesi extra-europei. Dopo la scoperta il gruppo archeologico ha voluto sperimentare la preparazione di un cibo fatto con farina di tifa, raccogliendo i rizomi, seccandoli, macinandoli ed infine preparando e cuocendo delle “gallette” di tifa su di un focolare ricostruito come quello scoperto negli scavi di Bilancino, che sono risultate di gusto gradevole.

“Le implicazioni di questa scoperta sono – ribadiscono Aranguren e Revedin – sotto molti aspetti rivoluzionarie: per la prima volta l’uomo aveva a disposizione un prodotto elaborato facilmente conservabile e trasportabile, ad alto contenuto energetico perché ricco di carboidrati complessi, che permetteva maggiore autonomia soprattutto in momenti critici dal punto di vista climatico e ambientale”.

La scoperta – aggiungono – dimostra inoltre che l’abilità tecnica necessaria per la produzione di farina e quindi per preparare un cibo, gallette o una farinata, era già acquisita in Toscana molto prima della nascita dell’agricoltura nel Neolitico, legata ai cereali, che si sviluppò in Medioriente. Le ricerche interdisciplinari hanno coinvolto numerosi specialisti come geologi, sedimentologi, petrografi, botanici, specialisti in tecnologia litica, informatici, e hanno permesso di delineare la storia di Bilancino: si tratta di un accampamento stagionale che veniva frequentato nel periodo estivo per la raccolta e la lavorazione delle erbe palustri. E’ stato anche possibile ricostruire l’organizzazione interna dell’insediamento, identificando focolari, capanne, spazi adibiti alle attività quotidiane (preparazione del cibo, lavorazione delle pelli) e ad attività specifiche (lavorazione delle piante palustri, produzione di strumenti in pietra) e infine spazi dedicati all’accumulo di rifiuti.”

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